Posta Elettronica Certificata (P.E.C.): requisiti per il regolare mantenimento e comunicazione (CCIAA e Registro Imprese) e per la valida notificazione attraverso di essa.

A livello aziendale, il domicilio digitale identificato con la posta elettronica certificata (p.e.c.) rappresenta un requisot fondamentale per l’iscrizione e la permanenza nel Registro delle Imprese delle Camere di Commercio.

Ma cosa succede se un’impresa non risulti avere una p.e.c. attiva? Sarà sicuramente capitato di inviare p.e.c. a destinatari ricevendo una notifica di esito negativo. In questo caso, quali ocnseguenze giuridiche si possono verificare? La notificazione può dirsi andata a buon fine nonostante la dicitura di mancata ricezione?

Dal punto di vista degli adempimenti inerenti la cura del propio indirizzo p.e.c., la vigente normativa prescrive che tutte le società e le imprese individuali siano obbligate a possedere un indirizzo di posta elettronica certificata (p.e.c.) e abbiano l’obbligo di richiederne l’iscrizione nel Registro delle Imprese.

L’indirizzo p.e.c. deve risultare attivo (non scaduto nè revocato); se tale indirizzo risultasse inesistente, inattivo, scaduto, non rinnovabile e/o riattivabile e/o revocato dal gestore dei servizi, l’impresa che ne è titolare ha l’obbligo di comunicare al Registro delle Imprese un nuovo indirizzo p.e.c.che risulti valido ed attivo.

Dal canto suo, in base alla Direttiva 2608 del 27 aprile 2015 (in vigore del 13 luglio 2015), l’ufficio del Registro delle Imprese ha l’obbligo di verificare periodicamente (almeno bimestralmente) il regolare funzionamento delle caselle di posta elettronica certificata comunicate dalle imprese, invitando in caso negativo a regolarizzare entro 10 giorni gli indirizzi non validi sotto pena di cancellazione dell’indirizzo p.e.c. (cfr. art. 2191 c.c.).
Tale situazione comporterà per le imprese che risultino prive del requisito richiesto l’impossibilità di poter gestire ogni ulteriore richiesta venisse effettuata dall’impresa al Registro delle Imprese (iscrizioni, rinnovi, modifiche etc.), con conseguente sospensione in attesa della comunicazione del nuovo indirizzo p.e.c. e in perseveranza della non regolarizzazione, con conseguente applicazione di sanzione amministrativa pecuniaria così come previsto dall’art. 2630 c.c., in misura raddoppiata, per le società (ovvero da 206,00 a 2.064,00 euro), e come indicato dall’art. 2194 c.c., in misura triplicata, per le imprese individuali (ovvero da 30,00 a 1.548,00 euro).

Un discorso più complesso è invece previsto per la notificazione a mexzzo p.e.c. .

In primo luogo, una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. Lavoro, ord. n. 15298 del 17 luglio 2020) ha ribadito come in ambito di notificazione degli atti a mezzo p.e.c. (e relativi documenti comprovanti l’avvenuta notificazione) qualora non vanga generata la ricevuta di consegna (RAC) la notifica attraverso p.e.c. è inesistente (e quindi non sanabile).

Nel provvedimento si legge infatti che “la notifica dell’impugnata sentenza effettuata via PEC deve giudicarsi inesistente, non risultando essere stata generata la ricevuta di consegna. Al riguardo soccorre il principio che «in caso di notifica telematica effettuata dall’avvocato, il mancato perfezionamento della stessa per non avere il destinatario reso possibile la ricezione dei messaggi sulla propria casella PEC, pur chiaramente imputabile al destinatario, impone alla parte di provvedere tempestivamente al suo rinnovo secondo le regole generali dettate dagli artt. 137 e ss. c.p.c., e non mediante deposito dell’atto in cancelleria””.

In una più recente pronuncia (cfr. Cass. Civ. Sez, Lavoro, sent. n. 5646 del 2 marzo 2021) ha statuito che “la notifica  a mezzo PEC si ha perfeziona con la ricevuta con cui l’operatore attesta di aver rinvenuto la casella Pec del destinatario piena, da considerarsi equiparata alla ricevuta di avvenuta consegna, in quanto il mancato inserimento nella casella di posta per saturazione rappresenta un evento imputabile al destinatario“.

Facendo riferimento al d.l. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito in L. 17 dicembre 2012 n. 221, con il quale è stata istituita l’obbligatorietà per imprese e professionisti del possesso del possesso di indirizzo di posta elettronica certificata (p.e.c.) risultante da pubblici elenchi, ai sensi dell’art. 6, comma 2 del d.p.r. 11 febbraio 2005 n. 68 la notificazione si perfeziona per il notificante allorquando venga generata la ricevuta di avvenuta consegna (RAC).

In caso di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata, la notificazione dovrà essere effettuata in forma cartacea a mezzo dell’ufficiale giudiziario (ex art. 137 e ss. c.p.c.) oppure in proprio se il soggetto notificante sia stato abilitato dal Consiglio dell’Ordine territorialmente competente, con conseguente deposito in cancelleria delle risultanze della notificazione successivamente intervenuta a mezzo ufficiali giudiziari.

Nel caso però che la mancata consegna della notificazione intervenga a causa di una casella piena, la Suprema Corte ha precisato che la notificazione si intende perfezionata – e da equipararsi alla ricevuta di avvenuta consegna (RAC) – in quanto è onere del destinatario mantenere attiva e funzionante la propria p.e.c.; per tali motivi, rappresentando tale ipotesi un evento imputabile al destinatario, la notificazione in tal senso viene equiparata alla compiuta giacenza che si ha nelle notificazioni cartacee (cfr. anche Cass. Civ., sent. 23 febbraio 2021 n. 4920; Cass. Civ., sent. 20 maggio 2019 n. 13532).