Rifiuti. Responsabilità omissiva del comproprietario del terreno e condanna basata sul presupposto della comproprietà del fondo per “culpa in vigilando”. Cassazione Penale.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 28704 del 9 giugno 2017 (ud. 5 aprile 2017)
Pres. Di Nicola, Est. Aceto
Rifiuti. Responsabilità omissiva del proprietario del terreno. Esclusione. Condanna basata sul presupposto della comproprietà del fondo e della ‘culpa in vigilando’. Violazione del principio di colpevolezza e di responsabilità personale. Obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell’evento lesivo. Necessità. Art. 256 d. lgs. n. 152/2006. Sindacato di legittimità sul discorso giustificativo della decisione. Illogicità della motivazione. Travisamento dei fatti.
Non è configurabile in forma omissiva il reato di cui all’art. 256, comma secondo, d. lgs. n. 152 del 2006, nei confronti del proprietario di un terreno sul quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione dei rifiuti, poiché tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell’evento lesivo, che il proprietario può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti (Sez. III, n. 50997 del 07/10/2015, Cucinella; Sez. III, n. 40528 del 10/06/2014, Cantoni; Sez. III, n. 49327 del 12/11/2013, Merlet).
L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (SS. UU., n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794).
La mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicché dedurre tale vizio in sede di legittimità significa dimostrare che il testo del provvedimento è manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non già opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (SS. UU., n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco), sicché una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicità (SS. UU., n. 30 del 27/09/1995, Mannino). Pertanto, il travisamento della prova è configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; il relativo vizio ha natura decisiva solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio (Sez. VI, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio; Sez. II, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano).
Il vizio di motivazione non può essere utilizzato per spingere l’indagine di legittimità oltre il testo del provvedimento impugnato, nemmeno quando ciò sia strumentale a una diversa ricomposizione del quadro probatorio che, secondo gli auspici del ricorrente, possa condurre il fatto fuori dalla fattispecie incriminatrice applicata. Inoltre, l’esame può avere ad oggetto direttamente la prova quando se ne denunci il travisamento, purché l’atto processuale che la incorpora sia allegato al ricorso (o ne sia integralmente trascritto il contenuto) e possa scardinare la logica del provvedimento creando una insanabile frattura tra il giudizio e le sue basi fattuali. Infine, la natura manifesta della illogicità della motivazione del provvedimento impugnato costituisce un limite al sindacato di legittimità che impedisce alla Corte di cassazione di sostituire la propria logica a quella del giudice di merito e di avallare, dunque, ricostruzioni alternative del medesimo fatto, ancorché altrettanto ragionevoli.
Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 28704 del 9 giugno 2017 (ud. 5 aprile 2017)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1. Andrisani Giovanni, nato a Ceglie Messapica il 04/07/1960;
2. Passiatore Vincenza, nata a Cisternino il 08/02/1964;
avverso la sentenza del 18/12/2015 del Tribunale di Brindisi;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Marilia
Di Nardo, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1.1 coniugi Giovanni Andrisani e Vincenza Passiatore ricorrono per l’annullamento della sentenza del 18/12/2015 del Tribunale di Brindisi che li ha condannati alla pena, condizionalmente sospesa, di 2.100,00 euro di ammenda per il reato di cui agli artt. 110, cod. pen., 256, commi 1 e 2, d.lgs. n. 152 del 2006, loro ascritto per aver, senza autorizzazione, raccolto, smaltito e stoccato rifiuti speciali non pericolosi, costituiti da pezzi di fili elettrici, terra e roccia da scavo, rifiuti legnosi, rifiuti ferrosi, plastica e gomma. Il fatto è contestato come accertato in Ceglie Messapica il 19/02/2014.
1.1. Con il primo motivo, deducendo che il (solo) Andrisani, titolare di impresa esercente attività edile, aveva momentaneamente depositato alcuni materiali ed attrezzature della propria ditta e che i cumuli di pietre erano null’altro che il prodotto di lavori agricoli di spietramento del terreno (circostanze oggetto della testimonianza resa dal figlio Maurizio, del tutto negletta), eccepiscono l’inosservanza e l’erronea applicazione degli artt. 192, cod. proc. pen., e 256, d.lgs. n. 152 del 2006 nonché vizio di motivazione contraddittoria ed illogica in ordine alla definizione di rifiuto dei beni sopra indicati e omessa valutazione di elementi di prova favorevoli all’imputato.
1.2. Con il secondo motivo eccepiscono, con riferimento alla posizione della Passiatore, la violazione del principio di colpevolezza e di responsabilità personale essendo la condanna basata sul presupposto della comproprietà del fondo e della ‘culpa in vigilando’.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. E’ fondato il ricorso della Passiatore; è inammissibile quello dell’Andrisani.
3. Dalla lettura del testo della sentenza impugnata risulta che: a) il 12/02/2014, personale del Corpo Forestale dello Stato aveva effettuato un sopralluogo nei pressi del fondo di proprietà degli odierni ricorrenti sul quale, pochi giorni prima, era stata notata la presenza di rifiuti accatastati; b) il successivo19/02/2014, in sede di esecuzione del sequestro dell’intera area, era stata rilevata la presenza di un piazzale ottenuto con dello stabilizzato sul quale erano stati depositati vari materiali edili (tegole, tufi e pietre), oltre a rifiuti non pericolosi di vario genere (plastica, gomma, ferro e legno); c) dalle testimonianze assunte (compresa quella del figlio degli imputati) era emerso che tutti i materiali rinvenuti erano di pertinenza dell’impresa edile e che vi giacevano da mesi; d) la Passiatore, in quanto comproprietaria del fondo, aveva l’obbligo di intervenire.
4. Tanto premesso, quanto al primo motivo, il Collegio ricorda che: a) l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794); b) la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicché dedurre tale vizio in sede di legittimità significa dimostrare che il testo del provvedimento è manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non già opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205621), sicché una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicità (Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, Mannino, Rv. 202903); c) il travisamento della prova è configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; il relativo vizio ha natura decisiva solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio (Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499).
4.1. Ne consegue che: a) il vizio di motivazione non può essere utilizzato per spingere l’indagine di legittimità oltre il testo del provvedimento impugnato, nemmeno quando ciò sia strumentale a una diversa ricomposizione del quadro probatorio che, secondo gli auspici del ricorrente, possa condurre il fatto fuori dalla fattispecie incriminatrice applicata; b) l’esame può avere ad oggetto direttamente la prova quando se ne denunci il travisamento, purché l’atto processuale che la incorpora sia allegato al ricorso (o ne sia integralmente trascritto il contenuto) e possa scardinare la logica del provvedimento creando una insanabile frattura tra il giudizio e le sue basi fattuali; c) la natura manifesta della illogicità della motivazione del provvedimento impugnato costituisce un limite al sindacato di legittimità che impedisce alla Corte di cassazione di sostituire la propria logica a quella del giudice di merito e di avallare, dunque, ricostruzioni alternative del medesimo fatto, ancorché altrettanto ragionevoli.
4.2. Nel caso di specie, l’eccezione difensiva secondo la quale i materiali oggetto di imputazione non costituivano rifiuti si basa su deduzioni fattuali (costituite dalla descrizione dei materiali) supportate, a loro volta, da un’eccezione di travisamento della prova che dovrebbe legittimarne lo scrutinio in sede di legittimità. Tale eccezione è però inammissibile sotto vari profili: a) in primo luogo perché l’imputato, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non allega la trascrizione integrale della testimonianza del figlio, né il relativo verbale, né fornisce indicazioni sulla affoliazione dell’atto; b) in secondo luogo perché non di travisamento della prova si tratta, bensì di una sua diversa valutazione. Il Tribunale ha infatti dato espressamente conto della testimonianza resa da Andrisani Maurizio traendone il convincimento che sul piazzale fossero stati depositati materiali utilizzati dall’impresa, ma anche altri costituenti rifiuto.
4.3. Il primo motivo è dunque inammissibile.
5. E’ invece fondato il secondo motivo.
5.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, non è configurabile in forma omissiva il reato di cui all’art. 256, comma secondo, d.lgs. n. 152 del 2006, nei confronti del proprietario di un terreno sul quale terzi abbiano abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione dei rifiuti, poiché tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell’evento lesivo, che il proprietario può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti (Sez. 3, n. 50997 del 07/10/2015, Cucinella, Rv. 266030; Sez. 3, n. 40528 del 10/06/2014, Cantoni, Rv. 260754; Sez. 3, n. 49327 del 12/11/2013, Merlet, Rv. 257294).
5.2. Il rapporto di coniugio non attribuisce il dovere di impedire che il coniuge reati e certamente non costituisce il coniuge custode o responsabile delle azioni dell’altro. Sicché tale rapporto non espande gli obblighi che (non) gravano sul proprietario dell’area.
5.3. Ne consegue che, essendo queste le uniche ragioni della condanna della Passiatore, nei suoi confronti la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per non aver commesso il fatto.
6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dall’Andrisani consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 2.000,00.
P.Q.M.
Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata limitatamente alla posizione di Passiatore Vincenza per non aver commesso il fatto e dichiara inammissibile il ricorso di Andrisani Giovanni che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di € 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 05/04/2017.