Condominio. Chi paga le spese (comprese quelle legali) per il recupero del credito verso il condomino moroso che abbia venduto l’appartamento?

Poniamo il caso che un condominio abbia promosso una causa civile contro un condomino moroso, il quale, successivamente all’instaurazione del contenzioso civile, abbia alienato l’appartamento ad un nuovo proprietario.

Di primo acchito sarebbe logico ritenere che colui che acquisti l’unità immobiliare a seguito di tali fatti sia estraneo all’oggetto del contenzioso e quindi al debito insorto.

Ma non è così.

Ai sensi dell’art. 63, comma 4 disp. att. c.c., sussiste un principio di solidarietà verso il condominio tra attuale e precedente condòmino che riguarda le spese inerenti l’anno di gestione in corso e quello precedente alla compravendita. Il nuovo proprietario/condòmino è pertanto obbligato solidalmente con il suo venditore a versare i contributi relativi all’anno in corso ed a quello precedente (laddove per anno deve intendersi quello di esercizio condominiale e non quello solare), anche se nel periodo in cui tali spese sono sorte egli non era ancora proprietario dell’immobile. Resta però fermo il diritto di rivalsa dell’acquirente nei confronti del venditore per il recupero delle somme che il primo sia stato costretto a versare al condominio (così Cass. Civ. n. 16975 del 18 giugno 2005).

Diventa così fondamentale constatare, ai fini della delimitazione dell’obbligo di solidarietà premenzionato, il momento temporale in cui maturi l’obbligo di contribuzione alle spese condominiali (cfr. Cass. Civ. n. 8782 del 10 aprile 2013; ord. n. 702 del 16 gennaio 2015). Bisogna pertanto distinguere tra spese necessarie per la manutenzione ordinaria e spese straordinarie: nel primo caso, l’obbligo del pagamento sorge quando i lavori siano eseguiti o quando i servizi ad essi relativi vengano prestati, indipendentemente dalla data di deliberazione assembleare; nel secondo caso invece, occorre fare riferimento alla data di deliberazione assembleare dei lavori. Su tale ipotesi la Cassazione si è espressa affermando che “in caso di vendita di una unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione, ristrutturazione o innovazioni sulle parti comuni, qualora venditore e compratore non si siano diversamente accordati in ordine alla ripartizione delle relative spese, è tenuto a sopportarne i costi chi era proprietario dell’immobile al momento della delibera assembleare che abbia disposto l’esecuzione dei detti interventi, avendo tale delibera valore costitutivo della relativa obbligazione. Di conseguenza, ove le spese in questione siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione del contratto di vendita, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che le opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente, e l’acquirente ha diritto di rivalersi, nei confronti del medesimo, di quanto pagato al condominio per tali spese, in forza del principio di solidarietà passiva di cui all’art. 63 disp. att. c.c.” (Cass. Civ. n. 24654 del 3 dicembre 2010). Il Tribunale di Milano ha peraltro recentemente statuito che “la delibera giuridicamente rilevante al fine di individuare il soggetto tenuto a sopportare gli oneri di un intervento straordinario, tuttavia, è solo quella con la quale tali interventi siano effettivamente approvati in via definitiva, con la previsione della commissione del relativo appalto e la individuazione dell’inerente piano di riparto dei corrispondenti oneri, non assumendo rilievo l’adozione di una precedente delibera assembleare meramente preparatoria o interlocutoria, che non sia propriamente impegnativa per il condominio e che non assuma, perciò, carattere vincolante e definitivo per l’approvazione dei predetti interventi” (Trib. Milano, n. 27 del 12 gennaio 2016).

Un’altra questione da definire è quella relativa al pagamento delle spese legali riguardanti le cause condominiali: a chi spetta tale pagamento?
Tali attività costituiscono un debito per quote condominiali e rientrano quindi in quella categoria di obbligazioni in capo a chi risulti proprietario nel momento in cui la spesa viene sostenuta.

Bisogna però fare una precisazione tra le spese dovute alla controparte a seguito della sconfitta subita dal condominio in giudizio e le spettanze professionali derivanti dall’attività del legale che ha patrocinato il condominio in giudizio.
Nel primo caso, l’acquirente il pagamento può essere richiesto sia dall’amministratore di condominio sia dal creditore mediante azione esecutiva sui beni personali, nel caso in cui la precedente azione esecutiva verso i beni condominiali sia risultata infruttuosa per soddisfare il credito.

Nel secondo caso, l’acquirente potrà essere interessato soltanto se la delibera condominiale avente ad oggetto la promozione della lite giudiziale o la resistenza in giudizio
sia stata assunta entro l’anno contabile in cui è avvenuto l’acquisto o in quello immediatamente precedente, secondo il criterio temporale sulla responsabilità solidale premenzionato. In tema di dissenso di un condòmino relativamente alle liti giudiziarie, soccorre inoltre il disposto dell’art. 1132 del Codice Civile, il quale così recita: “Qualora l’assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato all’amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L’atto deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione. Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa. Se l’esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente”.

In ogni caso, è bene ricordare che la Cassazione ha statuito che sia sempre possibile esperire azione legale di recupero del credito verso la persona che abbia perduto (a qualunque titolo) la qualità di condòmino (Cass. Civ., n. 15547 del 22 giugno 2017).

E’ sempre consigliabile, prima di procedere all’acquisto di un immobile sito in un’unità condominiale, ottenere le certificazioni inerenti eventuali pendenze pregresse in capo al condomino alienante, di modo da avere contezza della situazione debitoria in essere prima dell’alienazione ed evitarsi così brutte sorprese.