INQUINAMENTO IDRICO. Inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione allo scarico e sua sospensione: quali sono i presupposti? T.A.R. Catania n. 1053/2019.

T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, sent. n. 1053 del 6 maggio 2019 (ud. del 28 marzo 2019)

Pres. Savasta, Est. Sidoti

Inquinamento idrico. Acque. Inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione allo scarico. Sospensione dell’autorizzazione. Presupposti. Potenziale pericolo per la salute pubblica. Art. 130 d. lgs. n. 152/2006.

L’art. 130 del d. lgs. n. 152/2006 prevede che in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione allo scarico l’autorità competente procede, secondo la gravità dell’infrazione, alle misure ivi indicate, tra le quali è anche prevista, alla lettera b), la “diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente”; ma laddove si disponga, tra le sanzioni astrattamente applicabili al caso di specie, quella più grave della sospensione, in ragione della tutela della salute pubblica, devono essere chiaramente evincibili le ragioni per le quali sussista un potenziale pericolo per la salute pubblica.

 

T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, sent. n. 1053 del 6 maggio 2019 (ud. del 28 marzo 2019)

01053/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00671/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 671 del 2017, proposto da:
Consorzio Rete Fognante tra i Comuni di Taormina, Giardini Naxos, Letojanni, Castelmola, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Alfredo Grasso, con domicilio eletto presso il suo studio in Giarre, via Callipoli 181;

contro
Regione Siciliana – Assessorato Regionale dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, presso i cui uffici è domiciliata in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Comune di Taormina, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Alfredo Grasso, con domicilio eletto presso il suo studio in Giarre, via Callipoli 181;
Comune di Giardini-Naxos, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Alfredo Grasso, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via G. Leopardi, 132;
per l’annullamento
della nota prot. n. 4158 del 01.02.2017 avente ad oggetto diffida e sospensione, ai sensi del comma 1, lettera b dell’art. 130 del D. Lgs 152/06, dell’autorizzazione allo scarico dell’impianto di depurazione, sito in c/da Pietre Nere a servizio del Consorzio Rete Fognante della rete fognaria del Comune di Taormina, Giardini Naxos, Letojanni e Castelmola, rilasciata al Consorzio Rete Fognante in qualità di Soggetto Gestore con D.D.G. n. 545 del 17.04.2013 dell’Assessorato Regionale dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità – Dipartimento Regionale dell’Acqua e dei Rifiuti – Servizio 1 – Gestione ed attuazione del servizio idrico integrato” – U.O.B. 3 – “Tutela dei corpi idrici, qualità delle acque, impianti di trattamento per il riuso del refluo”;
di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Siciliana – Assessorato Regionale dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 marzo 2019 la dott.ssa Maria Stella Boscarino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio il Consorzio ricorrente espone di gestire il servizio di depurazione tra i Comuni di Taormina, Giardini Naxos, Letojanni e Castelmola attraverso due impianti, uno dei quali ubicato nel Comune di Giardini Naxos e l’altro nel Comune di Letojanni, per una potenzialità depurativa pari a 75.000 abitanti equivalenti.
L’impianto di depurazione era stato destinatario di autorizzazione allo scarico nel Mar Ionio tramite condotta sottomarina giusto D.A. numero 51/91 del 14 gennaio 1991 (All. n.1 alla produzione dell’Avv.ra dello Stato).
Il Consorzio era dunque dotato di una condotta sottomarina di allontanamento dei liquami depurati, che, secondo quanto risulta anche dalla memoria e dalla documentazione prodotta dalla Difesa Erariale, venne danneggiata fino al punto di divenire inutilizzabile per effetto di eventi meteo marini eccezionali verificatisi nel dicembre 2003; per cui con D.R.S. n. 336/2007 del 30.07.2007 veniva concesso il rinnovo dell’autorizzazione, ex art. 40 della l.r. n. 27/86 e dell’art. 124 del d.l.vo n. 152/2006, prevedendo lo scarico nel fiume Alcantara.
Il Consorzio, con nota prot. n. 351 del 21.07.2010, richiedeva il rinnovo dell’autorizzazione, ma, questa volta, l’Assessorato Regionale dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità concedeva l’autorizzazione provvisoria allo scarico del refluo urbano depurato -in uscita dall’impianto di depurazione sito in contrada Pietre Nere nel Comune di Giardini Naxos- nel Mar Ionio, prevedendo, nelle more della realizzazione della condotta sottomarina, lo scarico sotto costa, quindi non più nel fiume Alcantara.
Il Consorzio non impugnava tale autorizzazione ma la contestava con nota prot. n. 259 del 5.7.2013, rappresentando, tra l’altro, che per poter effettuare lo scarico sottocosta sarebbero stati necessari onerosi interventi per i quali il Consorzio non disponeva delle somme necessarie.
Con la medesima nota veniva comunicato che sino alla realizzazione delle opere necessarie allo scarico sottocosta, l’effluente in uscita dal depuratore sarebbe rimasto, necessariamente, nel fiume Alcantara.
Ma, con nota prot. n. 4158 del 01.02.2017, l’Assessorato Regionale dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità ha diffidato il Consorzio Rete Fognante a continuare a scaricare il refluo depurato in difformità a quanto prescritto, sospendendo per 90 giorni l’autorizzazione citata, nelle more del ripristino del punto di scarico sottocosta.
Con il ricorso in epigrafe parte ricorrente, dopo aver ribadito che il Consorzio non opera con risorse proprie ma in regime di “ribaltamento” dei costi di gestione ordinaria e straordinaria sui Comuni consorziati, i quali risultano largamente morosi nei confronti dell’Ente, lamenta l’illegittimità degli atti impugnati per:
mancata previa comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo, ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (primo motivo di ricorso);
violazione dell’art. 76 del d.l.vo 152/2006, perché la diffida allo scarico nel Fiume Alcantara, con sospensione dell’autorizzazione, bloccherebbe il processo di depurazione, in quanto non esistendo, allo stato, la condotta sottomarina, né –quindi- lo scarico sottocosta nel Mar Ionio, non vi sarebbe possibilità alcuna di scaricare i reflui (secondo motivo di ricorso);
difetto di motivazione e contraddittorietà, in quanto il provvedimento impugnato è stato emanato dopo ben quattro anni dalla comunicazione da parte del Consorzio ricorrente circa l’impossibilità di scaricare sottocosta, quindi, avendo l’Assessorato resistente tollerato la situazione, e imponendosi una condizione allo stato irrealizzabile in quanto il Consorzio non dispone di risorse adeguate per ripristinare lo scarico sottocosta né possiede le concessioni demaniali (terzo motivo di ricorso);
eccesso di potere sotto svariati profili, poiché a fronte di un impianto perfettamente funzionante e di una situazione del tutto invariata rispetto a quelle che hanno giustificato il rilascio negli anni passati di una autorizzazione provvisoria allo scarico nel Fiume Alcantara, appare profondamente contraddittorio il comportamento della Regione teso oggi a sospendere l’autorizzazione allo scarico e diffidare a scaricare nel Fiume Alcantara, in violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa; inoltre i risultati delle analisi dei campioni prelevati hanno dato valori tutti nella norma; parte ricorrente lamenta altresì la violazione dell’art. 130 del D. Lgs n. 152/2006, che nell’ipotesi di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione allo scarico attribuisce all’Autorità Amministrativa un potere di graduare la sanzione in relazione alla gravità dell’infrazione (quarto motivo di ricorso);
non sussisterebbe la contestata violazione dell’art. 6 della l.r. 15 maggio 1986, n. 27, in quanto l’attuale scarico è ubicato nel “corpo idrico superficiale” e non nella “zona di foce” (quinto motivo di ricorso);
violazione del principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione ed eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica visto che la finalità pubblica della depurazione dei liquami a causa dell’adozione dell’atto impugnato verrebbe del tutto compromessa (ultimo motivo di ricorso).
Con ordinanza collegiale n. 1248/2018, adottata in esito alla pubblica udienza del 10 maggio 2018, la Sezione, evidenziati una serie di dubbi in ordine all’ammissibilità del ricorso, ha assegnato alle parti termine per presentare memorie vertenti su tale questione.
Nei prescritti termini, parte ricorrente ha depositato una memoria e documenti.
Con ordinanza collegiale n. 1735/2018, la causa è stata rinviata all’udienza al fine di consentire l’esame di tale documentazione.
Quindi il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO
1. Preliminarmente il Collegio ritiene sussistano i presupposti per la concessione a parte ricorrente del beneficio dell’errore scusabile in relazione alle difformità rilevate con ordinanza collegiale n. 1248/2018.
Con tale pronuncia, adottata in esito alla pubblica udienza del 10 maggio 2018, la Sezione, rilevato che <sussistono seri dubbi in ordine all’ammissibilità del ricorso, in quanto il ricorso introduttivo in formato digitale inserito nel fascicolo telematico risulta sottoscritto con firma digitale diversa dal prescritto formato PADES e non valida; la procura alle liti e le notifiche risultano prive di valida attestazione di conformità ai sensi dell’art. 22 CAD, non risultando valida la firma digitale ivi apposta; manca una (valida) sottoscrizione con firma digitale del Modulo di deposito ricorso; la copia informatica del ricorso analogico depositata in giudizio è priva di una valida attestazione di conformità all’originale analogico notificato prevista dall’art.136, comma 2, bis c.p.a. (non essendo stata apposta una valida firma digitale)>, ha assegnato alle parti giorni trenta per presentare memorie vertenti su quest’unica questione.
Nei prescritti termini (risultando l’ordinanza trasmessa alle parti 13 giugno 2018), parte ricorrente ha depositato una memoria con la quale ha rappresentato che < la problematica rilevata – che consta essere accaduta in altri casi – dipenda dalla circostanza che i certificati di firma digitale siano stati -successivamente alla apposizione della firma – rinnovati. Orbene, accade in tali circostanze che il sistema – se interrogato successivamente alla apposizione della firma e successivamente al rinnovo dei certificati – generi un errore apparendo che la firma digitale non sia stata apposta validamente.
Il certificato peraltro è stato rinnovato in data 30.11.2017 – entro 90 giorni dalla sua scadenza – sino al 03.12.2020. La difesa del Consorzio ricorrente produce gli screenshot della firma relativa ai vari atti/files ove è contenuta la eloquente dicitura: “Il certificato era valido alla data di firma”>.
Con ordinanza collegiale n. 1735/2018, la Sezione ha osservato che < da un canto il deposito della documentazione in questione risulta irrituale, in considerazione del fatto che, ai sensi dell’articolo 73 cpa, alle parti era stato consentito di produrre unicamente memorie, di guisa che di tale documentazione (d’altra parte decisiva per parte ricorrente al fine di dimostrare la regolarità della firma ) non si potrebbe tenere alcun conto, dall’altro parte ricorrente sottopone alla valutazione del Collegio una causa di apparente irregolarità della firma indipendente dalla sua volontà ed originata da una discrasia del sistema.
In considerazione di ciò, il Collegio è dell’avviso che la causa debba essere rinviata al fine di consentire l’esame di tale documentazione, nel rispetto del contraddittorio con le altre parti>.
Ciò posto, parte ricorrente può essere rimessa in termini per errore scusabile in riferimento al tardivo deposito della documentazione volta a comprovare la regolarità della firma apposta al momento della introduzione del giudizio, regolarità evidenziata dal deposito della documentazione sopra richiamata.
Infatti, la produzione documentale ammessa evidenzia l’incolpevolezza del difetto rilevato dal sistema.
2. Venendo all’esame del ricorso, si rileva che le censure volte a sostenere l’illegittimità della motivazione alla base del provvedimento impugnato (violazione della prescrizione inerente il sito di scarico, nel Mar Jonio anziché nel Fiume Alcantara, così come disponeva l’autorizzazione precedente) risultano inammissibili, non essendo stata tempestivamente impugnata l’autorizzazione allo scarico numero 545 del 17 aprile 2013, che prescriveva espressamente -nelle more della realizzazione della condotta sottomarina- lo scarico del refluo sotto costa.
Avverso tale prescrizione parte ricorrente non ha proposto alcun ricorso, limitandosi a trasmettere, mesi dopo, una nota con la quale rappresentava che per poter effettuare lo scarico in conformità all’autorizzazione in questione sarebbero stati necessari onerosi interventi.
Conseguentemente, tale prescrizione è divenuta inoppugnabile.
Ne consegue, come detto, l’inammissibilità di tutte le censure (motivi di ricorso secondo, terzo, parte del quarto, quinto e sesto) volte a contestare, sotto svariati profili, il provvedimento impugnato in relazione a questioni che avrebbero dovuto essere sollevate mediante tempestivo ricorso avverso la richiamata autorizzazione nella parte in cui non aveva accolto l’istanza del ricorrente di autorizzare lo scarico nel fiume Alcantara aveva imposto lo scarico sotto costa.
Tale questione è stata sottoposta alle parti all’udienza pubblica del 10 maggio 2018, come risulta dalle relativo verbale.
Dall’inoppugnabilità dell’autorizzazione in questione discende anche l’infondatezza del primo motivo di ricorso, relativo alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, nella parte in cui si pretende di travolgere, a causa di tale inosservanza, l’intero provvedimento, in quanto, a fronte dell’evidente violazione di una prescrizione relativa alle modalità di scarico, nessun apporto procedimentale utile avrebbe potuto essere espresso dal Consorzio in ordine all’an del provvedimento.
3. A diversa conclusione deve invece pervenirsi per quanto attiene alla sanzione comminata.
Il ricorso, ad avviso del Collegio, è fondato nella parte in cui si impugna la sanzione, anzitutto perché l’omissione dell’avvio del procedimento volto all’adozione della diffida ha precluso l’utile apporto partecipativo della parte.
Il Consorzio, infatti, osserva che lo stesso non “produce“ reflui bensì tratta quelli di quattro comuni, cosicché, essendo stato privato, nella sostanza, dell’autorizzazione allo scarico, può solo bloccare il processo di depurazione smettendo di accettare reflui che non è autorizzato a trattare ma non può affatto impedire che i detti reflui, provenienti dal sistema fognario di Taormina, Giardini Naxos, Letojanni, Castelmola, vengano scaricati dai detti comuni nel medesimo corpo recettore, producendo la forma di inquinamento peggiore che si possa immaginare nel caso di specie fino a 737 mc/h di reflui non depurati direttamente immessi nell’ambiente.
Tali argomentazioni, evidentemente non prese in considerazione dall’Amministrazione resistente nell’atto impugnato (né vi è prova, in atti, di un’adeguata istruttoria sul punto), avrebbero dovuto essere sottoposte in sede di partecipazione procedimentale, per consentire all’amministrazione di adottare un provvedimento consapevole dei gravi rischi per la salute pubblica discendenti dalla interruzione dell’autorizzazione.
Il gravame è fondato anche in relazione al quarto motivo di ricorso, che censura il provvedimento impugnato per violazione del principio di proporzionalità.
Nell’ambito dell’elaborazione giurisprudenziale, il principio di proporzionalità è stato riferito al “senso di equità e di giustizia”, che deve “sempre caratterizzare” la decisione amministrativa e che si esprime attraverso una “doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio possibile”. Ciò “impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 20 febbraio 2017, n. 746), cosicché “nel caso in cui l’azione amministrativa coinvolga interessi diversi, è doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio possibile” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 23 dicembre 2016, n. 5443).
Ora, l’autorizzazione allo scarico di cui al decreto numero 545/2013 ha previsto, in caso di inosservanza delle prescrizioni, l’attuazione delle misure di cui all’articolo 130 del decreto legislativo numero 152 del 2006, in base alla gravità dell’infrazione.
L’art. 130 d. lgs. n. 152 del 2006 prevede che “in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione allo scarico l’autorità competente procede, secondo la gravità dell’infrazione:
a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze:
b) alla diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente…(omissis”).
Si tratta di diverse ipotesi sanzionatorie, evidentemente correlate alla gravità della violazione ed ai potenziali rischi ambientali.
Il provvedimento impugnato, che addirittura sospende l’autorizzazione, avrebbe dovuto farsi carico non solo di congrua motivazione circa i rischi per la salute pubblica tali da giustificare il più grave provvedimento, ma anche di un’adeguata valutazione dei rischi sanitari discendenti dal interruzione dell’attività del Consorzio, oltre che delle ragioni in forza delle quali il Consorzio non ha potuto ottemperare alla prescrizione nell’autorizzazione relativa allo scarico sotto costa (con specifico riferimento all’assenza di fondi da parte dei Comuni consorziati, al mancato finanziamento, da parte del CIPE, del progetto esecutivo di ripristino della condotta sottomarina, decisione in ordine alla quale il Consorzio risulta aver proposto autonomo ricorso, prodotto quale allegato numero 10).
In proposito, la giurisprudenza ha avuto occasione di affermare che l’art. 130 del d. lgs. n. 152/2006 prevede che in caso di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione allo scarico l’autorità competente procede, secondo la gravità dell’infrazione, alle misure ivi indicate, tra le quali è anche prevista, alla lettera b), la “diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente”; ma laddove si disponga, tra le sanzioni astrattamente applicabili al caso di specie, quella più grave della sospensione, in ragione della tutela della salute pubblica, devono essere chiaramente evincibili le ragioni per le quali sussista un potenziale pericolo per la salute pubblica (T.A.R. Sicilia, sez. III di Palermo, 24/05/2016 n. 1248).
5. Conclusivamente, il ricorso dev’essere accolto nei limiti di cui sopra.
L’accoglimento parziale e la peculiarità della questione giustificano l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi e limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 28 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
Pancrazio Maria Savasta, Presidente
Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore
Giuseppina Alessandra Sidoti, Primo Referendario

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