Rifiuti. Basta anche un solo trasporto per configurare reato, purchè caratterizzato da un minimum di organizzazione. Cassazione Penale.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 37111 del 26 luglio 2017 (ud. del 14 marzo 2017)

Pres. Cavallo, Est. Liberati

Rifiuti. Unico trasporto. Assenza autorizzazione. Minimum di organizzazione. Art. 256, comma 1, d. lgs.n. 152/2006. Reato. Configurabilità.

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma 1 d. lgs. n. 152/2006 è prevista la sufficienza anche di un solo trasporto, purché caratterizzato da un minimun di organizzazione, per poter ritenere configurabile il reato di trasporto non autorizzato di rifiuti di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. 152 del 2006 (Sez. 3, n. 26435 del 23/03/2016, Pagliuchi, Rv. 267660; Sez. 3, n. 8193 del 11/02/2016, Revello, Rv. 266305; Sez. 3, n. 8979 del 02/10/2014, Cristinzio, Rv. 262514;Sez. 3, n. 24428 del 25/05/2011, D’Andrea, Rv. 250674; Sez. 3, n. 21655 del 13/04/2010, Hrustic, Rv. 247605; Sez. 3, n. 13456 del 30/11/2006, Gritti, Rv. 236326).

COMMENTO:

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma 1 d. lgs. n. 152/2006 è sufficiente anche un singolo trasporto, purchè caratterizzato da un minimum organizzativo. Nel caso concreto, tale trasporto era relativo a rifiuti provenienti da una attività di impresa ed era stato eseguito con un mezzo idoneo e in forma organizzata, avvalendosi di altre due persone. Vengono sottolineati nella condotta l’entità e i caratteri della cooperazione prestata mediante il trasporto incriminato a una attività professionale svolta da un’impresa edile, e la professionalità del trasporto stesso, attraverso l’utilizzo di un mezzo appartenente ad un’impresa (quella di cui è titolare il ricorrente) in forma organizzata, con ausilio di un dipendente dell’indagato.

 

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 37111 del 26 luglio 2017 (ud. del 14 marzo 2017)

SENTENZA

sul ricorso proposto da Messina Salvatore, nato ad Acireale il 16/12/1945 avverso [ordinanza del 1/8/2016 del Tribunale di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;

letta la requisitoria scritta depositata dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 1 agosto 2016 il Tribunale di Catania ha respinto la richiesta di riesame presentata da Salvatore Messina, in relazione al decreto del 6 luglio 2016 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con cui era stato disposto il sequestro preventivo di un autocarro di proprietà della S.r.l. Oleificio Dr. Messina, in riferimento al reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d.l. gs. 152 del 2006, in quanto utilizzato per effettuare un trasporto di rifiuti (consistenti in detriti provenienti da lavorazioni edili) in assenza della prescritta autorizzazione.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, mediante il difensore di fiducia, lamentando violazione dell’art. 256, comma 1, Q(/’ lett. a), d.lgs. 152/2006, e prospettando anche l’illogicità della motivazione della ordinanza impugnata, nella parte in cui, pur dando atto che i rifiuti non provenivano dalla attività dell’Oleificio Dr. Messina, proprietario del veicolo sequestrato, derivando dai lavori di ristrutturazione eseguiti dall’Impresa Cannavò Salvatore in un immobile di proprietà del figlio del ricorrente, aveva egualmente ravvisato la professionalità del trasporto, escludendone la occasionalità e la conseguente configurabilità del solo illecito amministrativo di abbandono di rifiuti di cui all’art. 255 d.lgs. 152/2006. Tale conclusione del Tribunale risultava, ad avviso del ricorrente, erronea e illogica, non trattandosi di attività abituale e continuativa, bensì assolutamente occasionale, in quanto il fatto che il ricorrente avesse utilizzato per eseguire tale trasporto un veicolo di proprietà della società e si fosse avvalso dell’aiuto di Pirin Angelov Dimitrov.‘ non consentivano di ravvisare il suddetto requisito della professionalità, essendo rimasto estraneo ai lavori edili eseguiti in autonomia dalla Impresa Cannavò, ai quali aveva collaborato del tutto occasionalmente in un’unica occasione e per il trasporto di uno scaldabagno. Ha, inoltre, prospettato l’insufficienza della motivazione riguardo alla propria tiac.Arvv- tesi difensiva, riguagels- alla natura preparatoria e preliminare del trasporto 4e- rispetto al successivo abbandono dei rifiuti, che quindi non poteva avere rilevanza penale.

3. Il Procuratore Generale nella sua requisitoria scritta ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, evidenziando come il ricorso sia volto a censurare valutazioni di merito compiute dal Tribunale del riesame, riguardo alla sussistenza degli indizi di responsabilità, quanto alla non occasionalità del trasporto di rifiuti eseguito mediante il veicolo sequestrato, e la logicità della motivazione, censure entrambe non consentite nel giudizio di legittimità nella materia delle misure cautelari reali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, essendo volto, come sottolineato anche dal Procuratore Generale nella sua requisitoria scritta, a censurare un accertamento di fatto compiuto dai giudici di merito e la logicità della motivazione della ordinanza impugnata.

2. Preliminarmente va precisato che il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali può essere esaminato solo in relazione al vizio di violazione di legge non essendo consentita, in subiecta materia, la deduzione del vizio di motivazione per espresso dettato dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. Nondimeno, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito come nella violazione di legge siano ricompresi anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o comunque privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice, con conseguente violazione dell’art. 125 cod. proc. pen. (cfr., ex multis, Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 e, da ultimo, Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv.254893). Sempre in premessa è necessario rammentare che alla Corte di cassazione è preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 2, n. 20806 del 5/05/2011, Tosto, Rv. 250362). Resta, dunque, esclusa, pur dopo la modifica dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata; Sez. 2, n. 7380 in data 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716). Inoltre, è opportuno ribadire che il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti in sede di impugnazione e motivatamente respinti da parte del giudice del gravame deve ritenersi inammissibile, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, solo apparentemente, denunciano un errore logico o giuridico determinato (in termini v. Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone e altro, Rv. 243838; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Giagnorio, Rv. 231708).

3. Ora, nella vicenda in esame, il Tribunale, nel confermare il provvedimento di sequestro impugnato, ha evidenziato che il ricorrente, unitamente a Giovanbattista Messina e ad Angelov Pirin Dimitrov, dipendente della S.r.l. Oleificio Dr. Messina, era stato sorpreso nell’atto di scaricare dall’autocarro sottoposto a sequestro materiale edile di risulta nei cassonetti dei rifiuti urbani posti lungo la pubblica via, e ha rilevato che in tale attività era configurabile un trasporto di rifiuti in assenza di autorizzazione, trattandosi di 0;rifiuti provenienti da lavori edili eseguiti in un immobile di proprietà di Sebastiano Messina, figlio del ricorrente, da parte della impresa Cannavò Salvatore, escludendo, di conseguenza, l’occasionalità del trasporto prospettata dal ricorrente e la configurabilità dell’illecito amministrativo di cui all’art. 255 d. lgs. 152/2006, in quanto il trasporto era relativo a rifiuti provenienti da una attività di impresa ed era stato eseguito con un mezzo idoneo e in forma organizzata, avvalendosi di altre due persone. Tali considerazioni, fondate su un accertamento di fatto non censurabile nel giudizio di legittimità, riguardo alla entità e ai caratteri della cooperazione prestata mediante il trasporto incriminato a una attività professionale svolta da un’impresa edile, e alla professionalità del trasporto stesso, attraverso l’utilizzo di un mezzo appartenente ad un’impresa (quella di cui è titolare il ricorrente) e in forma organizzata, avvalendosi di più persone, tra cui un dipendente dell’impresa di cui è titolare l’indagato, sono conformi al consolidato orientamento interpretativo di questa Sezione terza, riguardo alla sufficienza anche di un solo trasporto, purché caratterizzato da un minimun di organizzazione, per poter ritenere configurabile il reato di trasporto non autorizzato di rifiuti di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d. lgs. 152 del 2006 (Sez. 3, n. 26435 del 23/03/2016, Pagliuchi, Rv. 267660; Sez. 3, n. 8193 del 11/02/2016, Revello, Rv. 266305; Sez. 3, n. 8979 del 02/10/2014, Cristinzio, Rv. 262514;Sez. 3, n. 24428 del 25/05/2011, D’Andrea, Rv. 250674; Sez. 3, n. 21655 del 13/04/2010, Hrustic, Rv. 247605; Sez. 3, n. 13456 del 30/11/2006, Gritti, Rv. 236326). Le doglianze del ricorrente tendono, in modo non consentito nel giudizio di legittimità, a censurare detto accertamento di merito, in ordine alle caratteristiche del trasporto (tali da escluderne l’assoluta occasionalità, stante la sussistenza di una minima organizzazione e della cooperazione a una attività d’impresa), e anche la adeguatezza della motivazione della ordinanza impugnata, e risultano, pertanto, inammissibili sotto entrambi i profili.

4. Ne consegue, in definitiva, l’inammissibilità del ricorso, affidato a doglianze non consentite nel giudizio di legittimità. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. sentenza 7 – 13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 2.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 14 marzo 2017.

Scarica in pdf il testo della sentenza: cass. pen. sez. 3 n. 37111-2017