Rifiuti. Discarica abusiva, concorso nel reato di gestione, culpa in vigilando, concetto ampio di “gestione”, responsabilità dei soggetti interessati (smaltitori, trasportatori, proprietari dell’area e pubblici amministratori). Cassazione Penale.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 12159 del 14 marzo 2017 (ud. 15 dicembre 2016)

Pres. Ramacci, Est. Andreazza

Rifiuti. Concorso nel reato di gestione di discarica abusiva (Sindaco e capo pro tempore dell’ufficio tecnico del Comune). Trasformazione con condotta omissiva dell’area di raccolta e “stazione di trasferenza” in discarica. Culpa in vigilando. Individuazioni delle responsabilità. Art. 6, comma 1, lett. e), L. n. 210/2008. Concetto ampio di “gestione” di una discarica abusiva. Soggetti che possono concorrere a titolo di dolo o colpa. Responsabili di imprese che smaltiscono rifiuti propri, i responsabili di imprese che smaltiscono rifiuti di terzi, i trasportatori, i proprietari dell’area interessati, e i pubblici amministratori.

La gestione di una discarica abusiva può comportare il concorso di contributi attivi o passivi da parte di più soggetti, concorrenti tra loro oppure agenti in un quadro di cooperazione colposa, venendo tutti tali soggetti chiamati a rispondere per gli apporti dati alla realizzazione del reato. Escluso che, la responsabilità del Sindaco possa per ciò solo comportare la esclusione di concorrenti profili di responsabilità in capo al dirigente dell’ufficio tecnico comunale, ognuno di essi dovendo rispondere in dipendenza dei compiti rientranti nelle rispettive attribuzioni. Fattispecie: Realizzazione e gestione, in qualità di Sindaco del Comune di Ustica e in qualità di capo pro tempore dell’ufficio tecnico del Comune, una discarica non autorizzata di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, omettendo di avviare i rifiuti ad impianti di recupero e smaltimento (dando luogo ad un incendio controllato da quattro operai dipendenti del Comune).
Il concetto di “gestione” di una discarica abusiva, già previsto dall’art. 25 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 e successivamente recepito dall’art. 256, comma 3, del d. lgs. n. 152 del 2006 e,  da ultimo, per quanto qui di rilievo, dall’art. 6, comma 1, lett. e), del d.l. n. 172 del 2008, convertito in L. n. 210 del 2008, deve essere inteso in senso ampio; nello stesso deve infatti includersi qualsiasi contributo, sia attivo che passivo, diretto a realizzare od anche semplicemente a tollerare e mantenere il grave stato del fatto-reato, strutturalmente permanente. Sicché più soggetti possono concorrere, a titolo di dolo o colpa, nella “gestione” di una discarica abusiva, quali i responsabili di imprese che smaltiscono rifiuti propri, i responsabili di imprese che smaltiscono rifiuti di terzi, i trasportatori, i proprietari dell’area interessati, nonché, per quel che rileva nella specie, i pubblici amministratori (Sez. III, n. 163 del 04/11/1994, dep. 13/01/1995, Zagni).

 

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 12159 del 14 marzo 2017 (ud. 15 dicembre 2016)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
Messina Aldo, n. a Trapani il 17/07/1955;
Rubbio Vincenzo, n. a Palermo il 31/10/1960;
Pignatone Giacomo, n. a San Cataldo il 22/11/1955;
avverso la sentenza del 02/07/2015 della Corte d’Appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale S. Tocci, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
udite le conclusioni del Difensore di fiducia di Messina e Pignatone, Avv. S.D. Messina, che ha chiesto l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
1. Messina Aldo, Rubbio Vincenzo e Pignatone Giacomo hanno proposto ricorso nei confronti della sentenza della Corte d’Appello di Palermo di conferma, quanto alla affermazione di responsabilità, della sentenza del Tribunale di Palermo per il reato di cui all’art. 6, comma 1, lett. e), della L. n. 210 del 2008 per avere realizzato e gestito, il primo in qualità di Sindaco del Comune di Ustica e il secondo e il terzo, in qualità di capo pro tempore dell’ufficio tecnico del Comune rispettivamente per il periodo dal 10/09/2008 al 05/07 /2009 e dal 07/07 /2009 alla data della sentenza di primo grado, una discarica non autorizzata di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, omettendo di avviare i rifiuti ad impianti di recupero e smaltimento.
2. Con distinti ricorsi aventi il medesimo contenuto Messina Aldo e Pignatone Giacomo, ai quali è appunto addebitato di avere omesso di adottare le iniziative amministrative che loro competevano e di non avere provveduto all’organizzazione delle attività di avvio dei rifiuti ad impianti di recupero e smaltimento fuori dell’isola, lamentano con un unico motivo la violazione dell’art. 6, comma 1 lett. e) cit.. Deducono in particolare la erroneità della contestazione di avere trasformato con condotta omissiva l’area della “stazione di trasferenza” in discarica, atteso che quel sito, per caratteristiche strutturali e giuridiche, non aveva mai posseduto i requisiti di centro di raccolta temporanea. Gli stessi giudici di merito hanno riconosciuto che tra i provvedimenti adottabili del ricorrente non vi sarebbero stati quelli relativi all’adeguamento e alla realizzazione di una legale stazione di trasferenza posto che sarebbe stato competenza esclusiva della “Ato 1” (Ambito territoriale ottimale per le gestione integrata dei rifiuti) predisporre i progetti e quanto necessario per l’adeguamento strutturale stesso. Di qui, conseguentemente, l’addebito di avere illecitamente gestito un sito che non era centro di raccolta per fatto non imputabile agli stessi imputati; in altri termini, il reato contestato si integra soltanto quando attraverso una condotta illecita anche omissiva si “realizza” una discarica non autorizzata ovvero la si “gestisce” destinando un sito allo smaltimento di rifiuti pericolosi mentre, nella specie, tale sito era sempre stato una discarica anche in precedenza. Lamentano inoltre che il trasporto dei rifiuti pericolosi da Ustica, comportamento questo la cui omissione è stata addebitata, può essere effettuato solo da navi espressamente autorizzate mentre il Comune non avrebbe mai potuto bandire la relativa gara d’appalto né stipulare alcun contratto essendo ciò di competenza esclusiva della Regione mentre, d’altra parte, la culpa in vigilando così contestata non è compatibile con il dolo richiesto dal reato stesso.
3. Rubbio Vincenzo lamenta con un primo motivo la violazione degli artt. 40 e 110 cod. pen. e dell’art. 6, comma 1 lett. e) cit .. Deduce che tutti gli accertamenti compiuti dai carabinieri del nucleo operativo ecologico di Palermo sono successivi al momento in cui l’architetto Rubbio ha dismesso l’incarico di responsabile dell’ufficio tecnico comunale di Ustica, ricoperto dal 10/09/2008 al 05/07/2009. L’avvenuta valorizzazione sul punto, da parte dei giudici di secondo grado, della testimonianza del maresciallo Mazzara deve ritenersi erronea avendo il teste fatto riferimento a quanto percepito il 29/07/2009 nel corso del primo sopralluogo senza avere riferito di tracce di pregressi incendi collocabili nel periodo di pertinenza del ricorrente. Parimenti inidoneo è il contenuto della sentenza acquisita dalla Corte d’appello che ha giudicato fatti commessi sino al 25/07 /2008 giacché quanto fatto da altri soggetti in epoca precedente o in epoca successiva potrebbe non essere avvenuto nel periodo intermedio in cui l’imputato era a capo dell’ufficio tecnico.
4. Con un secondo motivo lamenta la violazione degli artt. 45 e 110 cod. pen. e 6 cit. in particolare in relazione al totale mancato esame dei rilievi mossi con l’atto d’appello con riguardo alla forza maggiore che avrebbe determinato l’azione dell’imputato e comunque all’assenza dell’elemento soggettivo delle omissioni contestategli, in ragione della penuria di uomini e dell’assoluta mancanza di risorse finanziarie, documentata dai mastri di spese degli anni 2008 e 2009, da destinare all’avvio a impianti di recupero e/o smaltimento dei rifiuti. Quanto alla ritenuta sussistenza del dolo deduce che i giudici non hanno considerato che egli, tra l’ottobre e novembre del 2008, aveva dato corso alla pratica di affidamento del servizio di trasporto dei rifiuti ferrosi a titolo gratuito alla ditta Eurorecuperi s.r.l., avendo dunque fatto tutto quanto era in suo potere e non avendo potuto procedere all’invio di altri tipi di rifiuti non essendovi copertura negli stanziamenti di bilancio, non cogliendosi la ragione per la quale egli avrebbe dovuto distinguere tra rifiuti di una determinata tipologia e rifiuti di altra. D’altra parte, se si ritiene, come fatto dalla Corte di appello, che il dirigente dell’ufficio tecnico comunale abbia accuratamente informato gli organi politici del Comune in ordine alle criticità presentate dalla gestione dei rifiuti, non sarebbe al tempo stesso ravvisabile la responsabilità penale del funzionario che operi all’interno dei confini tracciati dalle scelte politiche dell’ente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi di Messina Aldo e Pignatone Giacomo sono infondati.
Va anzitutto chiarito come, dalla sentenza impugnata, sia emerso inequivocabilmente che all’interno dell’area di raccolta e stazione di trasferenza di contrada Arso nel luglio del 2009 ebbe ad accertarsi che i rifiuti derivanti dalla raccolta differenziata dell’isola erano stati convogliati in loco tanto che gli stessi avevano dato luogo ad un incendio controllato da quattro operai dipendenti del Comune; analoga situazione di accumulo indifferenziato degli stessi rifiuti era poi stato accertato in occasione di altre due ispezioni effettuate nel dicembre 2009 e nel luglio 2010.
Ciò posto, quanto alla prima sostanziale doglianza, relativa alla inconfigurabilità della condotta di realizzazione o gestione di una discarica a fronte del fatto che il relativo sito aveva già in precedenza assunto tali connotazioni, va ricordato che, secondo quanto già affermato da questa Corte, il concetto di “gestione” di una discarica abusiva, già previsto dall’art. 25 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915 e successivamente recepito dall’art. 256, comma 3, del d. lgs. n. 152 del 2006 e,  da ultimo, per quanto qui di rilievo, dall’art. 6, comma 1, lett. e), del d.l. n. 172 del 2008, convertito in L. n. 210 del 2008, deve essere inteso in senso ampio; nello stesso deve infatti includersi qualsiasi contributo, sia attivo che passivo, diretto a realizzare od anche semplicemente a tollerare e mantenere il grave stato del fatto-reato, strutturalmente permanente. Sicché più soggetti possono concorrere, a titolo di dolo o colpa, nella “gestione” di una discarica abusiva, quali i responsabili di imprese che smaltiscono rifiuti propri, i responsabili di imprese che smaltiscono rifiuti di terzi, i trasportatori, i proprietari dell’area interessati, nonché, per quel che rileva nella specie, i pubblici amministratori (Sez. 3, n. 163 del 04/11/1994, dep. 13/01/1995, Zagni, Rv. 200961). Si è aggiunto che la gestione di una discarica abusiva può comportare il concorso di contributi attivi o passivi da parte di più soggetti, concorrenti tra loro oppure agenti in un quadro di cooperazione colposa, venendo tutti tali soggetti chiamati a rispondere per gli apporti dati alla realizzazione del reato (Sez. 3, n. 2485 del 09/10/2007, dep. 17/01/2008, Marchi, Rv. 238595).
Ne deriva che in tale contesto interpretativo, necessariamente determinato dalla onnicomprensività lessicale del termine di gestione, non può trovare spazio l’assunto secondo cui solo le condotte di iniziale trasformazione di un sito in luogo adibito a discarica potrebbero ritenersi sanzionate e non anche quelle mediante le quali si contribuisca a mantenere tali le condizioni del sito stesso; del resto, è proprio l’utilizzo da parte del legislatore, accanto alla condotta di “realizzazione”, di quella di “gestione”, a segnalare l’evidente volontà di sanzionare tutte quelle condotte che, per tratti qualitativi o quantitativi dei conferimenti via via effettuati, contribuiscano a mantenere, nel corso del tempo, la caratteristica di adibizione a discarica del sito.
Né potrebbe richiamarsi in senso contrario l’assunto, anch’esso affermato da questa Corte (Sez. fer., n.44274 del 13/08/2004, dep. 12/11/2004, Preziosi, Rv.230173 e prima ancora Sez. Un., n.12753 del 05/10/1994, dep. 28/12/1994, Zaccarelli, Rv. 199385), per cui il reato di realizzazione e gestione di discarica non autorizzata non potrebbe consistere nel mero mantenimento della discarica realizzato da terzi estranei nel fondo di proprietà, versandosi, infatti, nella specie, in presenza di condotta non già di mero “mantenimento” di una discarica da altri realizzata ma di utilizzazione della stessa, sia pure per effetto del mancato trasporto altrove, da parte di chi aveva l’obbligo giuridico di impedire la realizzazione od il mantenimento dell’evento lesivo in virtù della funzione di amministratore pubblico esercitata, situazione, questa, che lo stesso indirizzo giurisprudenziale appena richiamato ha infatti espressamente ritenuto di includere nel concetto di gestione.
Ne consegue che, correttamente, la sentenza impugnata ha, sotto questo profilo, riconosciuto configurabile la condotta a carico dei ricorrenti sul presupposto, incontestato anche da parte degli stessi, del protratto smaltimento dei rifiuti in loco.
Né possono condividersi gli ulteriori rilievi posti in punto di elemento soggettivo non potendo evidentemente trascurarsi di considerare che ad integrare il delitto contestato è idoneo e sufficiente il dolo generico, senza che possa seriamente obiettarsi (tanto che neppure i ricorrenti lo fanno) che, come del resto sottolineato dalla sentenza impugnata a pag. 11, i ricorrenti non fossero consapevoli che, in conseguenza del mancato trasferimento altrove dei rifiuti prodottisi nell’isola, gli stessi dovessero inevitabilmente pervenire, stante la situazione, ad “alimentare” la discarica suddetta posta nella stazione di trasferenza.
Quanto infine alla sostanziale invocata impossibilità di determinarsi diversamente, i ricorrenti si sono limitati a dedurre che, per trasportare i rifiuti lontano dall’isola, erano necessarie navi espressamente autorizzate e che il Comune non avrebbe mai potuto bandire la relativa gara d’appalto, deduzioni, queste del tutto generiche e in parte anche inconferenti posto che gli stessi ricorrenti non hanno a ben vedere allegato di avere mai inoltrato richieste in tal senso alla Regione o di essersi attivati perché la Regione esercitasse suoi poteri.
2. Quanto al ricorso di Rubbio Vincenzo, è anzitutto inammissibile il secondo motivo di ricorso, pregiudiziale in senso logico rispetto al primo.
Escluso che, come sostanzialmente si assume in ricorso, la responsabilità del Sindaco possa per ciò solo comportare la esclusione di concorrenti profili di responsabilità in capo al dirigente dell’ufficio tecnico comunale, ognuno di essi dovendo rispondere in dipendenza dei compiti rientranti nelle rispettive attribuzioni (arg. a contrario, Sez. 3, n. 35700 del 18/06/2004, dep. 31/08/2004, Pinte, Rv. 229391), va anche in tal caso rilevata la sostanziale inconferenza delle censure sollevate a fronte dello specifico rilievo della sentenza impugnata secondo cui, al di là della situazione di affermata difficoltà della gestione dei rifiuti e della impossibilità di determinarsi diversamente, la decisione del Comune di non aderire all’Ato avrebbe dovuto comportare necessariamente la adozione di soluzioni diverse da quelle del mero conferimento dei rifiuti in contrada Arso, soluzioni invece mai sperimentate dal 2005 in poi quanto meno con riferimento ai rifiuti diversi da quelli solidi urbani e ai rottami ferrosi.
3. E’ infondato, nei termini in cui lo stesso è posto, ovvero di non addebitabilità del reato contestato, e fatto salvo quanto subito oltre si dirà, anche il secondo motivo di ricorso.
La sentenza impugnata ha posto in rilievo, quanto al fatto che il concorso nella gestione della discarica fosse attribuibile anche a Rubbio, cessato dalla propria carica di capo dell’Ufficio tecnico in data 05/07/2009, la circostanza che, in occasione del primo sopralluogo operato nella stazione di trasferenza, si sia constatata la presenza di numerosi cumuli di rifiuti certamente ivi scaricati nei mesi precedenti tanto che il teste Mazara ebbe a riferire che, anche nel corso del 2008, erano stati effettuati analoghi sopralluoghi che avevano condotto a conclusioni simili a quelle constatate nel 2009 e 2010. Tale conclusione, contestata sul punto dal ricorrente esclusivamente in termini fattuali (specificamente con riguardo al fatto che il teste non avrebbe riferito di tracce di incendi pregressi) e, perciò, inammissibili, è dunque sufficiente, soprattutto per il riferimento effettuato ad accertamenti intervenuti nel corso del 2008 e, dunque, in un periodo nel quale Rubbio ricopriva la qualifica di capo dell’ufficio tecnico, a ricollegare alla persona del ricorrente il reato contestato. Allo stesso tempo, però, le doglianze del ricorrente devono condurre, sotto diverso profilo, a prendere atto della inidoneità di una tale affermazione a far ritenere provato che le condotte di conferimento, certamente non addebitabili con riferimento a quelle avvenute oltre la data del 05/07/2009, di cessazione dalla carica, siano sicuramente avvenute dopo il 15/06/2009 (ovvero ad anni sette e mesi sei a ritroso da oggi in assenza di sospensioni), ovvero in tempi tali da far ritenere non maturatasi, ad oggi, la prescrizione del reato.
Né a ciò può ovviamente ostare l’ulteriore affermazione della Corte territoriale secondo cui il reato di gestione di discarica debba ritenersi essere stato posto in essere nel “periodo precedente al sopralluogo del 29/07/2009”.
Ne consegue, in forza del disposto dell’art. 531, comma 2, cod. proc. pen., l’annullamento senza rinvio, quanto alla posizione di Rubbio, della sentenza impugnata per estinzione del reato in quanto prescritto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla posizione di Rubbio Vincenzo perché il reato ascrittogli è estinto per prescrizione .
Rigetta i ricorsi di Messia Aldo e Pignatone Giacomo che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15 dicembre 2016.