Rifiuti. Discarica, sversamento su terreno di percolato, cattiva tenuta del sistema, configurabilità dell’art. 256 T.U.A. . Cassazione Penale n. 15770/2018.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 15770 del 9 aprile 2018 (ud. del 11 gennaio 2018)
Pres. Ramacci, Est. Liberati
Rifiuti. Discarica. Sversamento sul terreno del percolato di discarica. Cattiva tenuta del sistema di raccolta e smaltimento del percolato. Deposito incontrollato di rifiuti – Integrazione del reato di cui all’art. 256, comma 2, lett. a), d. lgs. n. 152/2006.
Integra il reato di cui all’art. 256, comma 2, d. lgs. n. 152/2006, lo sversamento sul terreno del percolato di discarica proveniente dall’impianto, nella specie, dai serbatoi di stoccaggio di tale liquido. Sicché, emerge la configurabilità di un deposito incontrollato di rifiuti, in quanto la natura liquida della sostanza inquinante non esclude l’applicazione della disciplina in materia di rifiuti, quando, come nel caso in esame, il suo smaltimento non avvenga tramite scarico diretto, ma sui terreno (Sez. 3, n. 19969 del 14/12/2016, Boldrin; Sez. 3, n. 16623 del 08/04/2015, D’Aniello; Sez. 3, n. 45340 del 19/10/2011, Panariti).
Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 15770 del 9 aprile 2018 (ud. del 11 gennaio 2018)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Bisegna Valerio, nato ad Avezzano il 1/8/1964;
avverso la sentenza del 7/6/2017 del Tribunale di Avezzano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Felicetta Marinelli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Mario Guanciale, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 7 giugno 2017 il Tribunale di Avezzano ha condannato Valerio Bisegna alla pena di euro 6.000,00 di ammenda, in relazione al reato di cui all’art. 256, comma 2, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006 (ascrittogli perché, quale amministratore della S.p.a. SEGEN, disponendo che il liquido prodotto da rifiuti solidi urbani non differenziati, qualificabile come percolato da discarica, venisse raccolto in due serbatoi di stoccaggio in cemento armato non a tenuta, in tal modo permetteva che detto liquido fuoriuscisse in modo incontrollato sul suolo circostante).
2. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
2.1. Con un primo motivo ha lamentato mancanza di motivazione e violazione degli artt. 192 e 546 cod. proc. pen., per l’omessa considerazione di quanto esposto dai testimoni della difesa (Bisegna, Petrella e Calvarese, consulente tecnico della difesa, che aveva anche depositato una relazione tecnica), che avevano riferito della esistenza di sistemi di emergenza per la raccolta del percolato, posti al di sotto della vasca di contenimento dei serbatoi utilizzati per la raccolta del percolato proveniente dalla discarica; tale sistema consisteva in una canaletta di raccolta, coperta da una griglia, posta lungo i lati della vasca di raccolta, con la funzione di raccogliere eventuali fuoriuscite di liquido. L’adeguata considerazione di tale circostanza avrebbe, infatti, consentito di escludere la sussistenza del reato contestato
2.2. Con un secondo motivo ha denunciato illogicità manifesta della motivazione, per l’omessa considerazione delle prove a discarico, risultando contrario all’art. 111 Cost. l’orientamento interpretativo secondo cui sarebbe sufficiente l’indicazione degli elementi a carico, implicando ciò la confutazione di quelli a discarico indicati dalla difesa, e non essendo, comunque, stati adeguatamente considerati i dispositivi di sicurezza (consistenti nelle suddette canalette di raccolta) approntati per il caso di sversamento di liquidi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, essendo volto a censurare la ricostruzione dei fatti, attraverso una rivisitazione degli elementi già considerati dal Tribunale, non consentita nel giudizio di legittimità.
2. Va ricordato che alla Corte di cassazione è preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 2, n. 20806 del 5/05/2011, Tosto, Rv. 250362). Resta, dunque, esclusa, pur dopo la modifica dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Mnervini, Rv. 253099; Sez. 2, n. 7380 in data 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
3. Nel caso in esame il ricorrente, attraverso la deduzione di violazioni di legge processuale e di vizi della motivazione, censura, in realtà, un accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, che ha illustrato con motivazione adeguata e immune da vizi il percorso logico seguito per giungere alla affermazione della configurabilità di un deposito incontrollato di rifiuti, conseguente alla tracimazione dei liquami prodotti dalla discarica di proprietà e gestita dalla società SOGEN amministrata dall’imputato.
Il Tribunale, infatti, ha ritenuto integrato il reato di cui all’art. 256, comma 2, d. lgs. 152/2006 a causa dello sversamento sul terreno del percolato di discarica, proveniente dall’impianto della S.p.a. SOGEN amministrata dall’imputato, in particolare dai serbatoi di stoccaggio di tale liquido, sottolineando quanto accertato e documentato dalle riproduzioni fotografiche, circa la cattiva tenuta di tutto il sistema di raccolta e smaltimento del percolato proveniente dalla discarica del Comune di Sante Marie, gestita dalla società SOGEN amministrata dal ricorrente.
In particolare è stato evidenziato come sia stata constatata la presenza di serbatoi in vetroresina colmi di percolato oltre il limite di sicurezza, tanto che il liquame in essi contenuto si era riversato nella sottostante vasca di sicurezza fino a riempirla; da questa il percolato era poi fuoriuscito sul terreno circostante, a causa delle fessurazioni presenti nel muro perimetrale di contenimento: tale circostanza è stata riferita concordemente dai testimoni che avevano eseguito il sopralluogo, che hanno riferito di aver riscontrato la presenza di percolato fuoriuscito o trasudato dalla vasca di sicurezza, colma oltre il limite consentito.
Sulla base di queste univoche risultanze è stata, quindi, correttamente affermata la configurabilità di un deposito incontrollato di rifiuti, in quanto la natura liquida della sostanza inquinante non esclude l’applicazione della disciplina in materia di rifiuti, quando, come nel caso in esame, il suo smaltimento non avvenga tramite scarico diretto, ma sui terreno (Sez. 3, n. 19969 del 14/12/2016, Boldrin, Rv. 269769; Sez. 3, n. 16623 del 08/04/2015, D’Aniello, Rv. 263354; Sez. 3, n. 45340 del 19/10/2011, Panariti, Rv. 251335).
A fronte di questa univoca e coerente ricostruzione dei fatti il ricorrente ne propone una diversa, incompatibile, fondata sulle deposizioni dei testimoni e del consulente tecnico della difesa e, soprattutto, sulle fotografie riproducenti i sistemi di raccolta posti al di sotto della vasca di contenimento dei liquami, nonché sul progetto di tale sistema di raccolta e sul certificato di collaudo dei sistemi di impermeabilizzazione dei presidi di stoccaggio del percolato di discarica: si tratta, però, di censure non consentite nel giudizio di legittimità, perché sono volte a sovvertire l’univoco accertamento dei fatti compiuto in modo non illogico dal Tribunale, sulla base di quanto dichiarato dai testimoni che parteciparono al sopralluogo; tale accertamento non è, poi, incompatibile sul piano logico con quanto prospettato dal ricorrente (circa l’esistenza di sistemi di emergenza di raccolta del percolato di discarica e il collaudo di tale impianto), giacché l’esistenza di tali sistemi non esclude la possibile fuoriuscita dei liquami in eccesso, cosicché risulta preclusa una rivisitazione degli elementi a disposizione, onde pervenire a un diverso accertamento di fatto (e cioè dell’insussistenza dello sversamento dei liquami da discarica, riferito invece in modo univoco dai testi dell’accusa).
Anche le doglianze in ordine alla omessa considerazione degli elementi che il ricorrente ritiene a discarico, sono volte, in realtà, a prospettare una lettura alternativa dei fatti e una riconsiderazione degli elementi a disposizione, sicché anche sotto questo profilo le censure risultano inammissibili, giacché detti elementi, il cui rilievo è stato ribadito dal ricorrente, sono implicitamente stati superati dal Tribunale attraverso la sottolineatura di quanto univocamente emerso a seguito del sopralluogo, stante l’incompatibilità di quanto accertato con l’idoneità in concreto e l’adeguatezza dei sistemi di emergenza di raccolta dei liquami prodotti dalla discarica a evitarne lo sversamento.
Gli ulteriori rilievi del ricorrente, circa il mancato accertamento della contaminazione del terreno circostante le suddette vasche di raccolta dei liquami e la presenza di una canaletta di raccolta degli stessi, non tengono anch’essi conto di quanto riferito dai testimoni che eseguirono il sopralluogo, a proposito della fuoriuscita del percolato dalla vasca di sicurezza a causa delle fessurazioni presenti nella stessa, sicché anche essi sono inammissibili, essendo volti a censurare il suddetto accertamento di fatto, non essendo necessaria, ai fini della configurabilità del reato, la contaminazione del terreno interessato dallo sversamento dei liquami, né risultando lo sversamento sul terreno dei liquami necessariamente impedito dalla presenza di una canaletta di raccolta degli stessi.
4. In conclusione il ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile, essendo stato affidato a censure non consentite nel giudizio di legittimità, volte a conseguire una rivisitazione degli elementi di fatto adeguatamente considerati dal giudice del merito.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cast. sentenza 7 – 13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 11/1/2018
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