ACQUE. La gestione autonoma del servizio idrico deve garantire standard di eccellenza per derogare alla gestione unica. T.A.R. L’Aquila n. 36/2024.

T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, sent. n. 36 del 18 gennaio 2024 (ud. del 6 dicembre 2023)

Pres. Panzironi, Est. Perpetuini

Acque. Gestione autonoma servizio idrico. Art. 147 comma 2-bis d. lgs. n. 152/2006.

Il legislatore ha chiaramente stabilito che la gestione autonoma ai sensi della lettera b) del comma 2-bis dell’art. 147 d. lgs. 152\2006 costituisce un’eccezione alla regola generale della gestione unica, eccezione consentita solo laddove vi sia una dimostrazione di efficienza che verrebbe persa nella gestione aggregata. Dunque la gestione salvaguardata dovrebbe costituire una vera e propria eccellenza che diventerebbe interesse collettivo tutelare e garantire. È allora gioco forza necessario riconoscere che le gestioni autonome che non risultano adeguate a standard di eccellenza non meritano di derogare alla gestione unica che invece è costantemente controllata e monitorata dal regolatore ARERA e soggiace ad una serie di obblighi e sanzioni anche tariffarie a tutela dell’utenza, in caso di mancato rispetto degli standard.

T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, sent. n. 36 del 18 gennaio 2024 (ud. del 6 dicembre 2023)

N. 00036/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00375/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 375 del 2022, proposto da
Comune di Fano Adriano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giandomenico Falcon, Christian Ferrazzi, Francesca Leurini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giandomenico Falcon in Padova, via San Gregorio Barbarigo 4;

contro

Ente Regionale per il Servizio Idrico Integrato dell’Abruzzo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Clizia Calamita Di Tria, Maria Cristina Vaccari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero della Transizione Ecologica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale, domiciliataria ex lege in L’Aquila, via Buccio Da Ranallo S. Domenico;

nei confronti

OMISSIS S.p.A., non costituito in giudizio;
Regione Abruzzo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale, domiciliataria ex lege in L’Aquila, via Buccio Da Ranallo S. Domenico;

per l’annullamento

– della delibera di data 30 giugno 2022, n. 33 di ERSI – Ente Regionale Servizio Idrico Integrato, ivi compreso l’all. A, comunicata al Comune in data 5 luglio 2022, con la quale si dichiara concluso con esito negativo il procedimento concernente il riconoscimento della gestione autonoma del Comune di Fano Adriano;

– del parere del Ministero dell’Ambiente e del Territorio prot. n. 7069 del 18 aprile 2016, nei termini censurati nel ricorso;

– in quanto occorra, della ulteriore comunicazione di ERSI del 14 settembre 2022, con la quale si chiede la trasmissione dei dati necessari per il trasferimento del SII al Gestore unico;

– in quanto occorra, di ogni altro atto presupposto o consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ente Regionale per il Servizio Idrico Integrato dell’Abruzzo e di Ministero della Transizione Ecologica e di Regione Abruzzo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2023 il dott. Mario Gabriele Perpetuini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.§. Con il gravame in epigrafe il Comune ricorrente chiede l’annullamento:

– della delibera di data 30 giugno 2022, n. 33 di ERSI – Ente Regionale Servizio Idrico Integrato, ivi compreso l’all. A, comunicata al Comune in data 5 luglio 2022, con la quale si dichiara concluso con esito negativo il procedimento concernente il riconoscimento della gestione autonoma del Comune di Fano Adriano;

– del parere del Ministero dell’Ambiente e del Territorio prot. n. 7069 del 18 aprile 2016, nei termini censurati nel presente ricorso;

– in quanto occorra, della ulteriore comunicazione ERSI del 14 settembre 2022, con la quale si chiede la trasmissione dei dati necessari per il trasferimento del SII al Gestore unico.

A sostegno della domanda di annullamento in punto di diritto il Comune ricorrente eccepisce:

– in via principale: asserita illegittimità per violazione o erronea

applicazione dell’art. 147, comma 2-bis, lett. a), e 148, comma 5, d.lgs. 152 del 2006. Asserita violazione dell’art. 3, l. 241 del 1990 e asserito difetto di motivazione. Asserito eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria;

– asserita illegittimità anche per mancato riconoscimento delle condizioni di cui all’art. 147, comma 2-bis, lett. b), d.lgs. 152 del 2006.

All’udienza pubblica del 6 dicembre 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2.§. Con il primo motivo di ricorso il Comune sostiene che, escludendo la salvaguardia della gestione autonoma del servizio idrico secondo la disciplina prevista dall’art. 147, comma 2-bis, lettera a) del d.lgs. n. 152/2006, l’ERSI avrebbe erroneamente ritenuto detta gestione autonoma non già istituita ai sensi dell’art. 148, comma 5.

L’ERSI infatti non ha mai dato il proprio consenso alla gestione autonoma del Comune ricorrente, come richiesto invece dall’art. 148, comma 5 ai sensi del quale Ferma restando la partecipazione obbligatoria all’Autorità d’ambito di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i Comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle Comunità montane, a condizione che gestiscano l’intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorità d’ambito competente (così, l’art. 148, comma 5 come sostituito dal d.lgs. n. 4/2008, e successivamente abrogato dalla l. n. 191/2009 a decorrere dal 31 dicembre 2012).

Il ricorrente sostiene che i Comuni montani di dimensione inferiore ai 1.000 abitanti che già svolgevano il servizio idrico in via diretta alla data di entrata in vigore del d.lgs. 152 del 2006, come il medesimo Comune ricorrente, sarebbero stati autorizzati in tal senso dall’art. 148, comma 5 nella prima formulazione, in vigore fino al 2008, la quale non prevedeva il requisito del “previo consenso” dell’Ente di governo d’ambito. L’ERSI avrebbe pertanto tralasciato di considerare che la gestione autonoma si sarebbe già stata definitivamente assentita ex lege, ossia sulla base di una prima formulazione dell’art. 148, comma 5, il quale non sarebbe stato scalfito dal testo novellato dell’art. 148.

Secondo il Comune sarebbe quindi infondato anche il parere del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare prot. 7069 del 18.04.2016 che, diversamente da quanto prospettato nell’atto di ricorso, interpreta l’art. 148, comma 5 del d.lgs. n. 152/2006 in rapporto all’art. 147, comma 2-bis, lett. a), affermando che “possono considerarsi salvaguardate solo quelle gestioni che alla data di entrata in vigore dell’art. 147, comma 2bis, così come modificato dall’art. 7, comma 1, lett. b), del d.l. n. 133 del 2014, abbiano tutti i requisiti di legge ed abbiano avuto, illo tempore, l’assenso dell’Ente di Governo d’ambito”.

Con il secondo motivo di ricorso il Comune censura l’atto impugnato sostenendo, in linea subordinata, di avere anche tutti i requisiti che devono contestualmente sussistere per ottenere la salvaguardia in forza della lettera b) del comma 2 bis dell’art. 147del d. lgs. n. 152/2006, in base al quale possono essere salvaguardate solo le gestioni comunali che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma di cui alla lettera b), l’ente di governo d’ambito territorialmente competente provvede all’accertamento dell’esistenza dei predetti requisiti.

3.§. Ai sensi del d.lgs. n. 152/2006 i servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni. Gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale partecipano obbligatoriamente all’ente di governo dell’ambito, individuato dalla competente regione per ciascun ambito territoriale ottimale, al quale è trasferito l’esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche (così, l’art. 147, comma 1).

In ogni caso, nella delimitazione degli ambiti ottimali le regioni devono assicurare la gestione del servizio idrico integrato secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità; mentre l’ente di governo dell’ambito, nel rispetto del principio di “unicità della gestione” per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall’ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all’affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica (cfr. art. 147, comma 2, e art. 149-bis, comma 1).

Nel codificare il principio di unicità della gestione, il legislatore ha inteso così assicurare il soddisfacimento dell’esigenza fondamentale di superare la frammentarietà delle gestioni locali del servizio idrico e le conseguenti diseconomie di scala, nella necessità altrettanto fondamentale di allinearsi alla normativa europea sulla qualità delle acque e sulla tutela dagli inquinamenti.

Nella sua prima formulazione, l’art. 148 del medesimo d.lgs. n. 152/2006 prevedeva (essendo stato poi modificato) al comma 5 che Ferma restando la partecipazione obbligatoria all’Autorità d’ambito di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i Comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle Comunità montane, a condizione che la gestione del servizio idrico sia operata direttamente dall’amministrazione comunale ovvero tramite una società a capitale interamente pubblico e controllata dallo stesso comune. Prevedeva pertanto la possibilità che, in via derogatoria rispetto alla regola del gestore unico di ambito, i piccoli Comuni inclusi nelle Comunità montane potessero gestire il servizio in modo autonomo nel rispetto di determinati modelli gestionali (gestione diretta o società pubblica controllata dal Comune).

Il comma 5 dell’art. 148 veniva successivamente così sostituito dall’art. 2, comma 14, del d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4: Ferma restando la partecipazione obbligatoria all’Autorità d’ambito di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i Comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle Comunità montane, a condizione che gestiscano l’intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorità d’ambito competente.

Con disposizione di carattere innovativo, il comma 5 dell’art. 148 veniva pertanto modificato nella parte in cui, ai fini della salvaguardia di dette gestioni autonome comunali richiedeva che si trattasse di gestione dell’intero servizio “integrato” (dunque comprensivo di tutti i segmenti, dall’acquedotto alla depurazione) e che fosse intervenuto previamente il consenso dell’ente di governo d’ambito.

L’intero art. 148 veniva infine abrogato dall’art. 2, comma 186-bis, della l. 23 dicembre 2009, n. 191 a decorrere dal 31 dicembre 2012.

Si giunge così al d.l. 12 settembre 2014 n. 133 (c.d. decreto Sblocca Italia) che, intervenendo su varie disposizioni del Testo Unico Ambientale, riafferma decisamente il principio di unicità della gestione, introducendo però contestualmente con il comma 2-bis dell’art. 147 la clausola secondo la quale Sono fatte salve (rispetto alla gestione unica di ambito) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti nei Comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti istituite ai sensi del comma 5 dell’art. 148.

A questo punto, rispetto a detta clausola di salvezza e prima di dar conto dell’ultima modifica legislativa al comma 2-bis, valga evidenziare le parole “esistenti” ed “istituite”: per poter restare legittimamente “autonome” rispetto alla gestione “unica” di ambito, le gestioni comunali del servizio idrico di fatto “esistenti” devono anche essere “istituite ai sensi del comma 5 dell’art. 148” ovverosia ufficialmente riconosciute come tali dall’ente di governo dell’ambito mediante il “previo consenso” di cui all’art. 148, comma 5 nel testo in vigore dal 13 febbraio 2008 al 30 dicembre 2012.

Interviene infine la legge 28 dicembre 2015 n. 221 a disporre l’ultima modifica al suindicato comma 2-bis, ai sensi del quale (secondo il testo oggi vigente) sono fatte salve rispetto alla gestione unica di ambito:

a) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei Comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti già istituite ai sensi del comma 5 dell’articolo 148;

b) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei Comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; l’utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma di cui alla lettera b), l’ente di governo d’ambito territorialmente competente provvede all’accertamento dell’esistenza dei predetti requisiti.

Per quanto sopra evidenziato appare evidente a questo punto il significato della disposizione di cui alla lettera a) del comma 2-bis, in relazione alla quale le parole “già istituite” hanno il chiaro intento di salvaguardare le gestioni autonome esistenti nei Comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti che in quanto tali abbiano anche già ricevuto il previo consenso di cui all’art. 148, comma 5, come sopra riportato.

Si deve escludere pertanto che l’art. 147, comma 2.bis, lettera a) si riferisca in qualche modo, ai fini della salvaguardia, alle gestioni autonome esistenti nel Comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti le quali non abbiano però ricevuto il previo consenso dell’ente di governo d’ambito.

Tali conclusioni appaiono inoltre con tutta evidenza coerenti con la ratio dell’art. 148, comma 5 che, nel testo in vigore dal 13 febbraio 2008 al 30 dicembre 2012, ammetteva la deroga al principio di unicità della gestione del servizio idrico integrato allo scopo di consentire ai piccoli Comuni montani con popolazione fino ai 1000 abitanti, collocati in territori con caratteristiche orografiche e morfologiche vaste e complesse, di erogare il servizio idrico alla Comunità perché, in ragione proprio delle loro caratteristiche territoriali, non risultava economicamente vantaggioso e conveniente la loro adesione al SII. Ovvero, la gestione unica anche per questi Comuni non garantiva l’economicità e l’efficienza del servizio così come voluto dalle leggi in materia (così, il parere del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare prot. 7069 del 18.04.2016).

La deroga era dunque riconducibile a profili di economicità ed efficienza del servizio idrico, i quali non potevano che essere rimessi alla valutazione dell’ente di governo d’ambito, chiamato a rilasciare il “previo consenso” di cui al medesimo art. 148, comma 5. Come peraltro ha avuto occasione di precisare anche la Corte dei Conti in Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo con deliberazione 29 marzo 2011, n. 16 a proposito della possibilità che la gestione diretta del servizio idrico integrato possa essere effettuata per i Comuni con popolazione fino a 1000 abitanti inclusi nel territorio di Comunità montane previa, tuttavia, una valutazione di convenienza economica del servizio in tale forma, con il consenso dell’Autorità d’Ambito competente.

4.§. Definita la cornice normativa, dunque, deve affermarsi che la domanda proposta dal Comune ricorrente nel presente giudizio sia infondata.

Ai sensi e per gli effetti di cui al disposto normativo di cui all’art. 147, comma 2-bis, lettera a) non è possibile considerare infatti “già istituite” le gestioni dirette comunali del servizio idrico le quali non abbiano ricevuto il previo consenso dell’Ente di governo d’ambito competente.

La fattispecie prevista dall’art. 147, comma 2-bis del D.Lgs. n. 152 del 2006 consente solo in casi eccezionali a singoli Comuni la gestione in forma autonoma del SII. Si tratta di norma derogatoria ed eccezionale, che deve essere interpretata in modo rigoroso e restrittivo, atteso che una più ampia interpretazione comporterebbe l’effetto di vanificare il principio dell’unicità di gestione per ambiti territoriali ottimali, riducendone fortemente la portata applicativa.

Deve pertanto respingersi l’interpretazione proposta da parte ricorrente la quale, estendendo la salvaguardia a tutte le gestioni autonome di fatto esistenti, è del tutto contraria alla ratio di addivenire a un unico centro di imputazione delle funzioni di governo del servizio idrico.

Inoltre, dalle coordinate ermeneutiche predette si evince che, con la deliberazione impugnata, l’ERSI non ha compiuto alcuna nuova valutazione intorno alla possibilità di fare salva la gestione autonoma del Comune ricorrente ai sensi dell’art. 147, comma 2-bis, lettera a). Ciò non sarebbe stato possibile in quanto la norma di salvaguardia di cui alla lettera a) rinvia infatti alle gestioni “già istituite ai sensi del comma 5 dell’art. 148”, le quali cioè, come già sottolineato, abbiano già ottenuto il “consenso” dell’Autorità d’ambito competente. È chiaro, pertanto, che l’ERSI non avrebbe potuto svolgere altro che un’attività ricognitiva rispetto alla circostanza che la gestione diretta del Comune ricorrente non avesse mai ottenuto il suindicato consenso ai sensi del comma 5 dell’art. 148 e che pertanto non poteva considerarsi salvaguardata in applicazione della lettera a) dell’art. 147, comma 2-bis.

Dall’assenza di una autonoma e nuova valutazione discende l’infondatezza della censura relativa al difetto di motivazione.

Inconferente appare il richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 65 del 2019, pronunciata nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 4, 6 e 8 della l.r. autonoma Sardegna n. 25/2017 recante modifiche e integrazioni alla l.r. n. 4/2015 di istituzione dell’Ente di governo dell’ambito della Sardegna.

In particolare, per quanto rileva in questa sede, era stato censurato il comma 1-ter inserito nell’art. 15 della l.r. n. 4/2015 ai sensi del quale Ai fini dell’articolo 147, comma 2-bis, lettera a) del decreto legislativo n. 152 del 2006, si considerano positivamente verificati e assentiti, nel periodo della sua vigenza, i requisiti di cui all’articolo 148, comma 5 del medesimo decreto, quando la gestione sia iniziata prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006 e sia in corso al momento dell’entrata in vigore della presente legge.

Ebbene, unicamente a questa censura si riferisce la Corte nell’affermare che le gestioni preesistenti rispetto alla modifica dell’art. 148, comma 5 non possono essere messe in discussione in ragione della medesima novella normativa del 2008. La Corte, quindi, circoscrive l’oggetto del suo giudizio affermando che la censura dedotta può essere riferita solo all’ultima formulazione dell’art. 148, comma 5, e non anche alle gestioni preesistenti le quali, proprio perché preesistenti e fino all’entrata in vigore della disposizione nella sua ultima formulazione, devono essere considerate in quanto tali (in questo senso, quindi, non “messe in discussione”) in sede di definizione della norma interposta nel giudizio di legittimità costituzionale.

In altre parole, l’operazione interpretativa della Corte costituzionale è quella di fare salva la disposizione di legge regionale nella misura in cui resti applicabile alle gestioni preesistenti alla novella del 2008, allo scopo di ricondurle all’interno delle gestioni salvaguardabili in quanto assistite dalla positiva verifica e dal “consenso” previsto dal legislatore regionale.

Inapplicabile, inoltre, è il meccanismo di semplificazione di cui all’art. 17-bis della l. n. 241/1990, rubricato “Effetti del silenzio e dell’inerzia nei rapporti tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici”, non è certamente applicabile alla fattispecie di cui alla presente controversia.

Il “consenso” per la salvaguardia della gestione autonoma del servizio idrico – espresso dall’Ente di governo d’ambito sulla base della verifica della corretta gestione, la quale deve conformarsi ai criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie, ai sensi dell’art. 141, comma 2 d.lgs. n. 152/2006 – è decisamente altra cosa, infatti, rispetto all’atto di assenso, concerto o nulla osta richiesto per l’adozione di un provvedimento amministrativo tipico di un’amministrazione pubblica “procedente”, ad esito di un procedimento altrettanto tipizzato, al quale si riferisce il citato art. 17-bis della l. n. 241/1990.

Infondato è anche il secondo motivo di ricorso con il quale il Comune ricorrente sostiene di avere comunque tutti i requisiti che devono contestualmente sussistere per ottenere la salvaguardia in forza della lettera b) del comma 2 bis dell’art. 147del d. lgs. n. 152/2006.

All’esito dell’istruttoria sulla documentazione trasmessa dal Comune ricorrente, infatti, l’ERSI ha dovuto rilevare che “nel caso di specie non sussistono i requisiti di cui all’art. 147 co 2Bis lett. b) del D. Lgs 152/06, il cui accertamento è posto a carico dell’Ente di Governo dell’Ambito, con particolare riferimento “all’utilizzo efficiente della risorsa idrica e tutela del corpo idrico” in quanto dalla documentazione inviata risulta che:

1. Non risulta verificabile e sussistente il presupposto “tutela del corpo idrico” in quanto, sulla base di quanto indicato dal Comune, lo stesso è servito da 7 impianti di cui uno in fase di realizzazione e 4 impianti di trattamento solo primario “fosse Imhoff”. Gli scarichi di 5 di detti impianti risultano privi di autorizzazione allo scarico senza, pertanto, garanzia del rispetto della normativa di settore e della tutela del corpo idrico recettore;

2. L’assenza del rispetto completo dei criteri di regolazione del Servizio I.I., stabiliti dall’Autorità Nazionale (ARERA) impedisce l’accertamento, da parte dell’Ente di Governo dell’Ambito, della gestione efficiente ed efficace della risorsa e del Servizio Idrico Integrato;

4. Il Comune dichiara che “non è dotato di misuratori di portata né di misuratori utenza” e indica una dotazione idrica e delle perdite idriche non riscontrabili né verificabili dallo scrivente Ente.”.

Dunque, dall’istruttoria eseguita sulla corta degli elementi forniti dal Comune ricorrente non risultava comprovata la sussistenza di tutti i requisiti per la salvaguardia della gestione autonoma.

Ed invero, quanto al tema del possesso dell’autorizzazione allo scarico, tale atto costituisce elemento minimo sufficiente rispetto alla verifica che lo scarico garantisca la “tutela del corpo idrico” perché è proprio in sede di rilascio dell’autorizzazione che l’autorità competente (Regione) verifica che lo scarico avvenga conformemente alla normativa vigente, rispetti i limiti di emissione consentiti così come stabiliti dalla normativa nazionale e regionale e garantisca la tutela del corpo idrico recettore.

E’ il caso di sottolineare che uno scarico non regolarmente autorizzato risulta non controllato e l’Ente di Governo dell’ambito, che non ha alcuna competenza autorizzatoria, non ne potrebbe certo accertare il presupposto della garanzia di tutela del corpo idrico.

Né può ritenersi che il ritardo della Regione nel rilasciare l’autorizzazione o il rinnovo della stessa consenta di ritenere il requisito sussistente, posto che l’assenza di autorizzazione o rinnovo a distanza di anni dall’inoltro della relativa istanza non milita a sostegno dell’accoglibilità della richiesta, atteso che non si tratta di un procedimento che possa chiudersi con un silenzio assenso.

Si consideri, poi, che le gestioni autonome in regime di convergenza tariffaria per definizione sono al di fuori dalla regolazione ARERA, tanto che non applicano puntualmente il Metodo Tariffario ARERA, essendosi limitate ad aderire allo schema di convergenza tariffaria che costituisce deroga al MT in vigore (e dunque all’effettiva applicazione del Full Recovery Cost di cui si parla nel ricorso).

Dunque l’adesione alla convergenza non implica rispetto delle prescrizioni, bensì anch’essa costituisce una (ennesima) deroga al puntuale rispetto dei principi tariffari che impingono anche in termini di standard tecnici contrattuali e qualitativi.

Conseguentemente, l’aver puramente e semplicemente aderito alla convergenza tariffaria senza neanche aver provato di aver conseguito tutti gli obiettivi temporalmente imposti dall’ARERA stessa non rileva al fine di comprovare la piena e corretta tutela del corpo idrico: laddove mancano le prove del pieno rispetto della convergenza, con puntuale allegazione di tutti i registri qualitativi e di tutta la documentazione imposta dal regime di convergenza, è impossibile verificare lo stato effettivo di tutela del corpo idrico secondo le indicazioni di cui al parere del Ministero dell’Ambiente 7069/2016, con conseguente impossibilità di derogare alla gestione unica che tali garanzie di tutela invece fornisce costantemente, pena sanzioni contrattuali e tariffarie alle quali le gestioni comunali non legittimate sfuggono totalmente.

E’ bene altresì chiarire che ad oggi il Comune ricorrente non applica tariffe approvate da ERSI e da ARERA, non ha attuato percorsi di convergenza conformi ai criteri definiti da ARERA né approvati da ERSI o da ARERA, e non ha attuato i meccanismi di rilevazione della qualità tecnica secondo gli obiettivi definiti da ARERA.

Resta inoltre dimostrato che il Comune ricorrente non è dotato dei contatori alle utenze, con le inevitabili ricadute sulla impossibilità di verificare le perdite di rete e l’inevitabile compromissione del requisito dell’utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico.

Il legislatore ha chiaramente stabilito che la gestione autonoma ai sensi della lettera b) costituisce un’eccezione alla regola generale della gestione unica, eccezione consentita solo laddove vi sia una dimostrazione di efficienza che verrebbe persa nella gestione aggregata.

Dunque la gestione salvaguardata dovrebbe costituire una vera e propria eccellenza che diventerebbe interesse collettivo tutelare e garantire. È allora gioco forza necessario riconoscere che le gestioni autonome che non risultano adeguate a standard di eccellenza non meritano di derogare alla gestione unica che invece è costantemente controllata e monitorata dal regolatore ARERA e soggiace ad una serie di obblighi e sanzioni anche tariffarie a tutela dell’utenza, in caso di mancato rispetto degli standard.

5.§. Con memoria conclusionale, non notificata, parte ricorrente introduce nuove nuovi motivi di illegittimità, con i quali si censura per la prima volta nella memoria conclusionale non notificata che l’istanza di salvaguardia sia stata illegittimamente scrutinata in applicazione dei criteri e degli indici dettagliati nel parere del Ministero dell’Ambiente e del Territorio 18 aprile 2016, prot. n. 7069 sostenendo che i requisiti indicati in quel parere ministeriale non potessero essere posti a base dello scrutinio di salvaguardabilità delle gestioni autonome del SII, perché l’interpretazione fornita dal Ministero nel 2016 sarebbe asseritamente obsoleta e, dunque, inutilizzabile a tal fine nel 2022.

La censura è tardiva e comunque infondata.

Il tenore testuale della lett. b) dell’art. 147, co. 2 bis, d. lgs. n. 152/2006, in base al quale, “Sono fatte salve…b) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico…l’ente di governo d’ambito territorialmente competente provvede all’accertamento dell’esistenza dei predetti requisiti”.

La disamina dei dati forniti dal Comune è stata compiuta alla luce dei parametri forniti dalle disposizioni legislative, dalle deliberazioni ARERA e dalle indicazioni del Ministero dell’Ambiente. Dei parametri utilizzati dall’ERSI al fine di accertare o meno la sussistenza dei requisiti per la salvaguardia, ha dato dettagliatamente conto il medesimo provvedimento impugnato.

Con riferimento alla Tabella trasmessa dal Comune ricorrente, l’Ente ha dovuto rilevare l’insussistenza dei requisiti che consentono l’eccezione alla regola della Gestione unitaria per più concorrenti ordini di ragioni, tutte autonomamente in grado di sostenere la legittimità del diniego gravato.

Altrettanto nuova è la censura di “illegittimità degli atti impugnati per assenza di una valutazione comparativa in concreto tra gestione autonoma e gestione unitaria. Criticità del SII abruzzese e assenza di interesse pubblico attuale all’accertamento delle gestioni autonome”.

In disparte l’impossibilità, per il ricorrente, di sostituirsi all’Amministrazione nella valutazione della preminenza degli interessi coinvolti nel procedimento, nel caso di specie gli interessi non sono stati oggetto di valutazione procedimentale in quanto già valutati dal legislatore, per cui nessuna valutazione comparativa poteva essere operata dall’Amministrazione.

Inoltre, parte ricorrente ha depositato in giudizio documenti relativi a differenti Comuni destinatari di provvedimenti di accoglimento dell’istanza di salvaguardia della loro gestione autonoma del SII. Con la memoria conclusionale, poi, ha cercato di sostenere che anche il Comune ricorrente, avrebbe meritato la salvaguardia, come in quei casi.

In merito va rilevato che, se anche in quei casi fosse stata riconosciuta la salvaguardia a Comuni in condizioni analoghe a quelle di parte ricorrente e, dunque, in mancanza dei relativi requisiti, comunque la doglianza non potrebbe trovare accoglimento.

Ed invero, da un lato, sarebbe evidente, anche in tal caso, la radicale tardività dell’ampliamento della causa petendi, irritualmente tentata tramite mera memoria non notificata, senza prova della data in cui è stata conosciuta la documentazione relativa agli altri Comuni; dall’altro lato, ad ogni modo, una eventuale disparità di trattamento rispetto ad altri enti locali abruzzesi ai quali fosse stata riconosciuta la salvaguardia della gestione autonoma nonostante versassero in condizioni analoghe a quelle dell’Ente locale ricorrente, comunque non potrebbe essere utilmente lamentata perché, come noto, “il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento (configurabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato alle stesse), non può essere dedotto quando viene rivendicata l’applicazione in proprio favore di posizioni giuridiche riconosciute ad altri soggetti in modo illegittimo, in quanto, in applicazione del principio di legalità, la legittimità dell’operato della p.a. non può comunque essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione”, con la conseguenza che “un’eventuale disparità non può essere risolta estendendo il trattamento illegittimamente più favorevole ad altri riservato a chi, pur versando in situazione analoga, sia stato legittimamente destinatario di un trattamento meno favorevole” (Cons. Stato, sez. VI, 1° ottobre 2014, n. 4867).

6.§. Per i motivi predetti il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo (Sezione Prima), definitivamente pronunciando:

1. respinge il ricorso in epigrafe;

2. condanna il Comune ricorrente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in complessivi euro 4000,00, oltre accessori di legge, in favore dell’Ente Regionale per il Servizio Idrico.

Compensa nei confronti degli altri soggetti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in L’Aquila nella camera di consiglio del giorno 6 dicembre 2023 con l’intervento dei magistrati:

Germana Panzironi, Presidente

Mario Gabriele Perpetuini, Consigliere, Estensore

Maria Colagrande, Consigliere

Scarica in pdf il testo della sentenzat.a.r. aquila, sez. 1, sent. n. 36-2024