T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, sent. n. 88 del 15 gennaio 2024 (ud. del 18 ottobre 2023)
Pres. Nunziata, Est. Testini
Rifiuti. Spandimento fanghi e competenze. Art. 6 n. 3 d. lgs. n. 99/1992.
Non è ammissibile ritenere che la norma regionale possa intervenire in una materia di competenza legislativa esclusiva statale, quale è la materia “ambiente”, per sovvertire il quadro delle competenze amministrative delineate dall’art. 6, n. 3), del d.lgs. n. 99 del 1992 il quale affida alle regioni e non ai comuni il compito di individuare le fasce di rispetto entro le quali è vietata l’attività di spandimento fanghi.
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, sent. n. 88 del 15 gennaio 2024 (ud. del 18 ottobre 2023)
00088/2024 REG.PROV.COLL.
00644/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 644 del 2023, proposto da
OMISSIS s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pietro Ferraris ed Enzo Robaldo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Pavia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Irene Nadile, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Provincia di Pavia, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
– della deliberazione consiliare n. 1 del 30 gennaio 2023 con cui il Comune di Pavia ha adottato il Nuovo Documento di Piano e delle Varianti al Piano delle Regole e al Piano dei Servizi del Piano di Governo del Territorio, pubblicata sull’Albo Pretorio in data 8 febbraio 2023 e sul BURL Lombardia il successivo 22 febbraio 2023, con specifico riferimento al disposto dell’articolo 59 del Piano delle Regole.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Pavia;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Data per letta all’udienza pubblica straordinaria del 18 ottobre 2023, celebrata nelle forme di cui all’art.17 del D.L. 9 giugno 2021, n.80 convertito in Legge 6 agosto 2021, n.113 ed al Decreto Presidente del Consiglio di Stato del 28 luglio 2021, la relazione della dott.ssa Donatella Testinied ivi uditi in collegamento da remoto i difensori delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente svolge attività di gestione di rifiuti, con regolare autorizzazione al recupero dei fanghi biologici di cui al D.lgs. n. 99/92 provenienti da impianti di depurazione ed altre matrici organiche, tra cui la c.d. spremitura di FORSU.
Più precisamente, quale operatore per conto terzi, ritira i fanghi biologici dei depuratori dei sistemi fognari delle acque reflue, urbane ed industriali ed altri fanghi provenienti da sistemi depurativi, nonché altri rifiuti organici, tra i quali quelli derivanti dalla c.d. spremitura della FORSU (CER 19 12 12), per sottoporli, presso il proprio impianto di Vellezzo Bellini, a biodigestione anaerobica, svolta mediante trattamento termofilo, da cui deriva la produzione del biogas e del digestato. Quest’ultimo consiste in una matrice organica, igienizzata, avente un notevole potere fertilizzante ed è pertanto avviato alle operazioni di spandimento sui campi a beneficio dell’agricoltura (operazione R10).
Lo spandimento del digestato prodotto dall’impianto gestito dalla ricorrente avviene su terreni di cui viene ottenuta la disponibilità, sulla scorta di accordi conclusi con aziende agricole (nel caso di specie in relazione a terreni posti nel comune di Pavia) le quali, ai fini della fertilizzazione dei propri terreni, hanno deciso di avvalersi del fertilizzante in questione.
Con il presente mezzo di tutela, la ricorrente insorge avverso la delibera consiliare in epigrafe, nella parte in cui ha adottato l’art. 59 del Piano delle Regole, ai sensi del quale “L’attività di utilizzo, a beneficio dell’agricoltura, dei fanghi di depurazione delle acque reflue di 2 impianti civili ed industriali è vietata ad una distanza inferiore ai 500 m dai limiti dei tessuti, beni o ambiti di cui agli articoli 14, 15, 16, 17, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26 e 30 delle NTA del PDR, come indicate nella tavola PDR_01 del PGT, dai perimetri delle schede attuative dell’All. C del PDR, dagli ambiti destinati a servizi come indicati nella tavola PDS_01 del PGT e dagli ambiti di trasformazione del Documento di Piano. La distanza minima è pari a 200 m dai limiti dei tessuti, beni o ambiti di cui agli articoli 27, 28, 29 delle NTA del PDR. Nei casi non indicati si applicano i limiti di legge”, ritenendola lesivo dei propri interessi.
Il Comune intimato, costituitosi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità e infondatezza del gravame, invocandone la reiezione.
La Provincia, ancorché ritualmente evocata in giudizio, non si è costituita.
Le parti costituite hanno concordemente chiesto il rinvio della trattazione della controversia rappresentando e documentato quanto segue.
Nel corso del procedimento di approvazione, Confindustria Cisambiente ha presentato specifica osservazione, osservando in particolare che all’art. 59 delle NTA del P.d.R. viene ampliata, per l’utilizzo di fanghi trattati in agricoltura, la fascia di rispetto definita a livello nazionale e regionale dal D. Lgs. n. 99/92 e dalla DGR X/2031 per i centri abitati e le case sparse, richiedendo di adeguare il Piano alle citate norme emanate dagli enti competenti a legiferare su tali attività di interesse pubblico afferenti al D. Lgs 152/2006 e ss.mm.ii.
In data 17 luglio 2023, è stata formalizzata la proposta tecnica di controdeduzione all’osservazione, con cui il Dirigente competente del Comune di Pavia ha proposto alla Commissione consiliare l’accoglimento dell’osservazione presentata sulla questione da Confindustria Cisambiente.
L’imminente approvazione nel senso innanzi indicato, sovrapponibile a quello auspicato dalla ricorrente, renderebbe non più attuale per la stessa l’interesse alla decisione della controversia.
Previo deposito di ulteriori memorie e documenti, la causa viene ritenuta per la decisione all’udienza di riduzione dell’arretrato del 18 ottobre 2023.
2. Ritiene il Collegio di non potere accogliere la richiesta di rinvio in quanto la causa è matura per la decisione e, ai sensi dell’art. 73, comma 1 bis, c.p.a., non ricorrono eccezionali ragioni tali da consentire il differimento della trattazione.
3. Ciò premesso, il ricorso è suscettibile di favorevole apprezzamento, come già ritenuto da questo Tribunale con sentenze nn. 986 del 2 febbraio 2019 (confermata da Consiglio di Stato, Sez. IV, 17 ottobre 2023, n. 9044), 1027 e 1028 del 6 maggio 2022, che ha annullato sovrapponibile prescrizione, rispettivamente, del P.G.T. del Comune di Garlasco e del P.G.T. del Comune di Linarolo.
4. L’Amministrazione comunale eccepisce che il ricorso sarebbe inammissibile in quanto la ricorrente non avrebbe alcun interesse ad impugnare le norme di PGT che istituiscono la fascia di rispetto per l’attività di spandimento fanghi. Invero, secondo la stessa Amministrazione, la ricorrente, per dimostrare il suo concreto interesse, avrebbe dovuto provare di essere in procinto di avviare attività di spandimento nelle aree per le quali il PGT dispone il divieto.
Ritiene il Collegio che l’eccezione sia infondata.
Emerge ex actis che la ricorrente è un operatore economico autorizzato al recupero dei fanghi biologici provenienti da impianti di depurazione e al loro spandimento in agricoltura con operazione R 10 e che parte dei terreni di proprietà delle società ricade nel territorio del Comune di Pavia (cfr. doc. nn. 3 e 13).
Non è chiaro se i terreni di tali aziende siano compresi nella fascia di rispetto istituita dalla variante di PGT; tuttavia è certo che la ricorrente ha interesse ad operare nel territorio del suddetto Comune.
Non è poi possibile pretendere che, per dimostrare l’interesse alla proposizione del ricorso, l’operatore presenti all’autorità comunale una comunicazione di inizio attività di spandimento fanghi relativa a terreni compresi nella fascia di rispetto, posto che tale attività, proprio a causa delle nuove norme di PGT, sarebbe inevitabilmente destinata ad essere inibita.
Va dunque ribadito che le disposizioni impugnate incidono in maniera concreta sugli interessi della ricorrente la quale, pertanto, deve ritenersi portatrice di un concreto interesse alla proposizione del presente ricorso.
5. Venendo ora all’esame del merito, ritiene il Collegio il ricorso sia fondato essendo meritevole di accoglimento la censura, prospettante il vizio più radicale ed avente perciò carattere assorbente, che deduce la violazione delle previsioni contenute nel d.lgs. n. 99 del 1992 e nella DGR n. 5269 del 2016 la quale ha individuato un limite fisso di cento metri (e non di cinquecento metri, come previsto dalle norme di PGT avversate) dal perimetro del centro abitato entro la quale l’attività di spandimento fanghi è vietata.
A questo proposito, come già rilevato nelle sentenze nn. 986 del 2019, 1027 e 1028 del 2022 su menzionate, si osserva quanto segue.
La disciplina riguardante l’utilizzo in agricoltura dei fanghi derivati dal processo di depurazione delle acque reflue è contenuto nel d.lgs. n. 99 del 1992 che ha dato attuazione alla direttiva 86/278/CE. Lo scopo dichiarato dall’art. 1 di tale decreto è, innanzitutto, quello di assicurare che l’attività di spandimento dei fanghi non provochi effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull’uomo. Altro scopo dichiarato è quello di incoraggiare l’attività di spandimento, in quanto volta al recupero di un materiale che, in base all’art. 127, primo comma, del d.lgs. n. 152 del 2006, è classificato come rifiuto e che, quindi, dovrebbe essere altrimenti smaltito.
Proprio al fine di preservare questi interessi, il d.lgs. n. 99 del 1992 stabilisce i requisiti che i fanghi ed i terreni agricoli debbono possedere affinché si possa procedere allo spandimento e sottopone lo svolgimento di tale attività ad autorizzazione regionale e a controllo provinciale, nonché a previa comunicazione al comune.
L’art. 6, n. 3), del d.lgs. n. 99 del 1992 prevede poi espressamente che spetta alle regioni il compito di stabilire <<…le distanze di rispetto per l’applicazione dei fanghi dai centri abitati, dagli insediamenti sparsi, dalle strade, dai pozzi di captazione delle acque potabili, dai corsi d’acqua superficiali…>>.
Come si vede questa norma è chiara nell’attribuire alle regioni la competenza ad individuare le distanze minime da rispettare con riferimento ad alcuni punti sensibili quali abitazioni, corsi d’acqua ecc. L’attribuzione alle regioni, e non ai comuni, della competenza ad individuare i limiti distanziali applicabili all’attività di spandimento dei fanghi è dovuta al fatto che il legislatore statale vuole far sì che la materia trovi una disciplina uniforme, perlomeno, a livello regionale onde evitare che la suddetta attività (come detto da incoraggiare in quanto volta al recupero di un rifiuto) venga ingiustificatamente ostacolata per interessi particolaristici.
Valorizzando le disposizioni appena illustrate, una parte della giurisprudenza afferma che la disciplina dello spandimento dei fanghi è da ricondurre alla disciplina dei rifiuti e che quest’ultima è, a sua volta, da collocare – secondo l’insegnamento costante della Corte costituzionale (cfr. Corte cost. 24 luglio 2009, n. 249) – nell’ambito della materia “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Si è quindi ritenuto che, siccome nessuna norma statale conferisce ai comuni potestà regolamentare in materia ambientale e, più in particolare, in materia di spandimento fanghi per uso agricolo, gli stessi comuni non possano emanare atti di normazione secondaria che abbiano ad oggetto tale materia. Ancora più in dettaglio, si è escluso poi che i comuni possano regolare l’attività di spandimento dei fanghi attraverso l’esercizio del potere di pianificazione urbanistica, per sua natura finalizzato alla disciplina degli interventi di trasformazione fisica del territorio (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 15 ottobre 2010, n. 7528; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 4 aprile 2012, n. 1006; id. 25 maggio 2009, n. 3848).
A questo orientamento se ne contrappone un altro (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 16 giugno 2015, n. 2986) il quale non esclude che l’attività in questione possa essere oggetto di regolamentazione e disciplina da parte degli strumenti urbanistici comunali, e ciò in particolare in quelle Regioni la cui normativa urbanistica attribuisca ai comuni il potere di dettare norme volte alla tutela del paesaggio e dell’ambiente (in Regione Lombardia tale potere sarebbe previsto dall’art. 10 della legge regionale n. 12 del 2005).
Questo Tribunale si è già espresso a favore dell’orientamento più restrittivo, e ciò soprattutto in base al rilievo (che appare invero decisivo) secondo cui non è ammissibile ritenere che la norma regionale possa intervenire in una materia di competenza legislativa esclusiva statale, quale è la materia “ambiente”, per sovvertire il quadro delle competenze amministrative delineate dall’art. 6, n. 3), del d.lgs. n. 99 del 1992 il quale, come visto, affida alle regioni e non ai comuni il compito di individuare le fasce di rispetto entro le quali è vietata l’attività di spandimento fanghi (per quanto riguarda l’esatta portata da attribuire all’art. 10 della legge regionale n. 12 del 2005, si rimanda alla sentenza citata).
In ogni caso, va poi osservato che, anche qualora si dovesse ritenere che la legge regionale n. 12 del 2005 abbia attribuito agli strumenti urbanistici comunali il potere di individuare le fasce di rispetto concernenti l’attività di spandimento fanghi, non si può ammettere che tali strumenti introducano una disciplina contrastante con quella dettata dagli atti amministrativi regionali, cui la legge statale attribuisce, come ripetuto, specifica competenza in materia. Non ci si può quindi esimere dal rilevare il contrasto delle disposizioni contenute nel PGT del Comune di Linarolo (le quali individuano una fascia di 500 metri entro la quale è vietata l’attività di spandimento fanghi) rispetto a quella contenuta nella DGR n. 5269 del 2016 emanata in attuazione dell’art. 6, n. 3), del d.lgs. n. 99 del 1992, la quale, a differenza della precedente DGR n. 7/15944 del 2003, non indica più un limite minimo ma individua una limite fisso pari a 100 metri dal perimetro del centro abitato.
Si deve pertanto ritenere che, come anticipato, le censure in esame siano fondate.
Il ricorso deve essere di conseguenza accolto e, per l’effetto, va disposto l’annullamento del PGT del Comune di Pavia nella parte in cui in cui individua la fascia di 500 metri entro la quale è vietata l’attività di spandimento fanghi da depurazione, ammendanti, correttivi e digestati.
La complessità delle questioni affrontate e i contrasti giurisprudenziali che su di esse si sono in precedenza formati inducono il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Spese compensate, salva la rifusione del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2023 con l’intervento dei magistrati:
Gabriele Nunziata, Presidente
Alberto Di Mario, Consigliere
Donatella Testini, Consigliere, Estensore
Scarica il pdf il testo della sentenza: t.a.r. milano, sez. 4, sent. n. 88-2024