URBANISTICA. Il condono edilizio implica l’impossibilità di effettuare opere edilizie diverse da quelle da condonare. T.A.R. Lazio n. 13859/2023.

T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II stralcio, sent. n. 13859 del 18 settembre 2023 (ud. del 14 luglio 2023)

Pres. Vampa, Est. Iera

URBANISTICA. Condono edilizio. Diniego. Trasformazione totale del fabbricato. 

la normativa sul condono postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento di condono, la realizzazione di opere aggiuntive venendo meno l’attuale riconoscibilità del manufatto originario oggetto dell’istanza di condono, sicché i manufatti oggetto della richiesta, fino al momento dell’eventuale concessione della sanatoria, restano comunque abusivi al pari degli ulteriori interventi realizzati sugli stessi (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 10.3.2023, n. 2568).

Nei procedimenti di condono edilizio la domanda di condono è soggetta alla disciplina di favore vigente al momento della presentazione della domanda e tale disciplina trova applicazione laddove risulti in concreto inverata la fattispecie astratta da essa prevista (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 21.4.2023, n. 4074).

COMMENTO:

Qualora in corso di richiesta di condono edilizio le opere relative ad un edificio implichino la totale trasformazione del fabbricato, non è possibile applicare la disciplina della sanatoria.

La ratio della disciplina del condono straordinario ex L. n. 47/1985 si fonda infatti da un lato sulla rinuncia dello Stato alla persecuzione di determinati illeciti edilizi in presenza di determinate condizioni, al fine di evitare che le opere abusive possano costituire la base per ulteriori abusi edilizi perpetrati dall’autore della richiesta di condono edilizio, e dall’altro lato sulla necessità di preservare lo status strutturale delle opere oggetto di condono, permettendo all’amministrazione di riferimento di valutare natura, portata e condizioni di ammissibilità e concedibilità degli interventi sanatori.
Ciò in quanto in primo luogo la domanda inerente la domanda di condono edilizio è soggetta alla disciplina vigente al momento della presentazione della domanda stessa, ed in secondo luogo la domanda di sanatoria esige che le condizioni dell’immobili permangano e non si modifichino radicalmente in pendenza del procedimento di condono, con la logica conseguenza che qualora la struttura dell’edificio venga stravolta con la predisposizione di opere edilizie che ne comportino la totale trasformazione, i nuovi interventi effettuati siano da considerarsi abusivi e non quindi condonabili.

Pertanto, il richiedente non può modificare lo stato dell’immobile esistente al momento della presentazione della domanda di condono poichè gli unici interventi edilizi consentiti su di esso sono quelli diretti a garantirne la conservazione e non quelli destinati ad eseguire opere che ne mutino la struttura edilizia, la volumetria e i prospetti (a meno che essi non risultino indispensabili e comunque dietro interlocuzione con l’amministrazione di riferimento).

Altresì, in pendenza di procedimento di condono non saranno permessi utilizzi di materiali da costruzione diversi da quelli originariamente previsti, al fine di evitare un intervento di sostituzione edilizia con conseguente venir meno della continuità tra vecchia e nuova costruzione.

La stringenza di tali disposizioni è dimostrata anche dalla natura di norma di stretta interpretazione dell’art. 35 della L. n. 47/1985 – la cui violazione innesta una presunzione di abusivismo e non conformità dell’immobile – laddove viene permesso al richiedente di completare le opere da condonarsi dietro presentazione di una perizia giurata sullo stato dell’immobile. Ogni onere sulla conformità dell’intervento spetterà pertanto al richiedente come elemento imprescindibile per l’eventuale prosecuzione della domanda di condono, fatto salvo l’obbligo di demolizione di tutto quanto non conforme.

 

T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II stralcio, sent. n. 13859 del 18 settembre 2023 (ud. del 14 luglio 2023)

N. 13859/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00181/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 181 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da Andrea De Luca, Marco De Luca e Michele De Luca, rappresentati e difesi dall’avvocato Stefano Santarelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Frascati, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Caterina Albesano e Massimiliano Graziani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

quanto al ricorso introduttivo:

della determinazione dirigenziale prot. 37090 del 25.1.2010 con la quale il Comune di Frascati comunicava il diniego del permesso in sanatoria presentate dalla sig.ra Vecchi Anna relativamente agli immobili siti in Frascati alla via Vanvitelli n. 13 e n. 17;

quanto ai motivi aggiunti:

della determinazione dirigenziale prot. 28028 del 13.9.2011 con la quale il Comune di Frascati comunicava il diniego del permesso in sanatoria presentate dalla sig.ra Vecchi Anna relativamente all’immobile sito in Frascati alla via Vanvitelli n. 13.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Frascati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, c.p.a.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 14 luglio 2023 il dott. Luca Iera e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I signori De Luca sono proprietari pro quota indivisa, a seguito di successione ereditaria dei genitori, di due immobili situati nel Comune di Frascati in via Vanvitelli ai numeri civici 13 e 17 (ora 19).

Gli immobili ricadono in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico in virtù dei decreti ministeriali 02.04.1954 e 07.09.1962 confermati nella loro efficacia dall’art. 157 del d.lgs. n. 42/2004.

Con riferimento all’immobile realizzato in via Vanvitelli n. 13, i genitori dei ricorrenti avevano presentato domanda di condono edilizio ai sensi della legge n. 47/85 (istanza del 31 luglio 1986, con prot. n. 9922).

In seguito sul predetto immobile furono realizzati dei lavori di ampliamento in assenza di titolo edilizio (sopraelevazione dell’immobile per due livelli per una superficie complessiva pari a mq. 218,12).

In relazione ai lavori realizzati, i genitori dei ricorrenti presentarono le seguenti domande di condono edilizio ai sensi del d.l. n. 296/2003 (Tipologia A): prot. n. 10419, 10420, 10422, 10423, 10424, 10425 del 30 marzo 2004; prot. n. 40007 e 40009 del 7 dicembre 2004.

Con provvedimento prot. n. 37090 del 25.11.2010, il Comune di Frascati ha respinto le istanze di condono edilizio ex d.l. n. 296/2003 (prot. n. 10419, 10420, 10422, 10423, 10424, 10425 del 30 marzo 2004, prot. n. 40007 e 40009 del 7 dicembre 2004) facendo applicazione di quanto disposto dall’art. 32, comma 27), lett. d), del d.l. n. 269/2003, e dall’art. 3 della l.r. n. 12/2004, in quanto il lotto su cui le opere erano state realizzate ricade in un’area sottoposta vincolata per la tutela del paesaggio ambientale in virtù del d.m. 07.09.1962 e inoltre perché le opere non risultavano conformi alle vigenti NTA del Piano particolareggiato del Nucleo di Vermicino con riguardo all’“eccesso di cubatura, distacchi e altezze”.

In seguito il Comune, con provvedimento prot. n. 28086 del 13.09.2011, ha respinto la domanda di condono edilizio prot. n. 9922/1986 a suo tempo presentata per l’immobile di via Vanvitelli n. 13, in quanto “l’opera abusiva oggetto della suddetta domanda di condono (piano terra e piano seminterrato), risulta completamente cambiata da opere abusive oggetto di condono L. 326/2004 e per le quali è stato dato il diniego prot. n. 37090 del 25.11.2010”.

Con riferimento all’altro immobile di via Vanvitelli n. 17, i genitori dei ricorrenti avevano presentato due domande di condono edilizio ai sensi della legge n. 47/85 (istanze del 30 luglio 1986, prot. n. 9923 e del 31 luglio 1968, prot. n. 9898).

Anche sul predetto immobile furono realizzati dei lavori di ampliamento in assenza di titolo edilizio (sopraelevazione dell’immobile per due livelli per una superficie complessiva pari a mq. 218,12).

I genitori dei ricorrenti presentarono quindi le seguenti domande di condono edilizio ai sensi del d.l. n. 296/2003 (Tipologia A): prot. n. 10417 del 30 marzo 2004; prot. n. 40008 del 7 dicembre 2004.

Con il predetto provvedimento prot. n. 37090/2010, il Comune ha respinto anche le istanze di condono edilizio prot. n. 10417/2004 e prot. n. 40008/2004, relative all’immobile di via Vanvitelli n. 17, per le motivazioni esposte in precedenza.

In seguito il Comune ha invece accolto le domande di condono edilizio prot. n. 9923/1986 e prot. n. 9898/1986 aventi ad oggetto l’immobile sito in via Vanvitelli n. 17 (condono edilizio n. 48 del 21.06.2012).

I signori De Luca hanno impugnato, con il ricorso introduttivo, il provvedimento di diniego di condono prot. n. 37090/2010 relativo alle domande di condono edilizio dei due immobili situati in via Vanvitelli e, con motivi aggiunti, il provvedimento di diniego di condono prot. 28028/2011 riguardante la domanda di condono edilizio prot. n. 9922/1986 relativa all’immobile sito in via Vanvitelli n. 13.

Con il ricorso introduttivo, i ricorrenti contestano sostanzialmente la violazione della disciplina sul condono edilizio contenuta nell’art. 32 del d.l. n. 269/2003 ed evidenziano il difetto di istruttoria e di motivazione in relazione al mancato rispetto dei limiti di cubatura previsti dall’art. 7 delle NTA del Piano particolareggiato del nucleo di Vermicino.

Con i motivi aggiunti, i ricorrenti lamentano la violazione delle garanzie procedimentali per non essere stati messi al concorrente dell’avvio del procedimento di diniego dopo venticinque anni dall’avvio del procedimento, oltre al difetto di motivazione in ordine alle ragioni che avrebbero giustificato il ritardo nell’adozione del provvedimento. Evidenziano come l’area su cui sorge il manufatto sarebbe completamente edificata e urbanizzata e contestano l’irragionevolezza della motivazione posta a fondamento del diniego, senza indicare le “disposizioni edilizie che ostacolerebbero il rilascio della sanatoria”. Inoltre, denunciano la violazione degli artt. 31, 33, della legge n. 47/1985, in quanto l’opera sarebbe stata realizzata nel 1964 ed insiste su di un’area soggetto ad un vincolo che non importa l’inedificabilità assoluta. Infine, si richiama la disciplina dell’art. 35 della legge n. 47/1985 sul silenzio assenso, senza tuttavia formulare domanda di accertamento.

Il Comune di Frascati si è costituito in resistenza.

All’udienza del 14 luglio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

Il gravame e l’atto recante motivi aggiunti non sono fondati, nei termini che seguono.

Con riferimento all’immobile di via Vanvitelli n. 17 va osservato che il Comune, in relazione alle domande di condono presentate nel 1986, ha adottato il permesso di costruire in sanatoria n. 48/2012, giusto parere favorevole rilasciato dal dirigente di settore in data 3.8.2006 reso ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47/1985. Al riguardo il provvedimento favorevole evidenzia che le opere che sono state realizzate, benchè rientrano in un’area vincolata (d.m. 7.9.1962); esse, nondimeno, “si ritengono assentibili in quanto il manufatto si inserisce in una zona già urbanizzata ed ampliamente asservita all’edificazione che consente di riassorbire lo stesso nel tessuto edilizio esistente”.

In seguito il Comune ha invece respinto le successive domande di condono edilizio presentate nel 2004 in relazione al predetto immobile (via Vanvitelli n. 17) sul presupposto della sussistenza del vincolo paesaggistico e del mancato rispetto delle NTA del Piano particolareggiato del Nucleo di Vermicino.

Come evidenziato da parte ricorrente, il provvedimento gravato non indica per quale ragione le NTA del Piano sarebbero state in concreto violate con riferimento al dedotto aumento di volumetria, ai distacchi e alle altezze, relativi al manufatto oggetto di condono.

Tuttavia, il provvedimento impugnato si fonda su di una motivazione plurima in quanto richiama il divieto di sanatoria per le opere realizzate su area già vincolata ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), del d.l. n. 269/2003. Tale disposizione prevede un vincolo di inedificabilità assoluta per le aree soggette a vincolo paesaggistico come quella in cui insiste il manufatto dei ricorrenti.

D’altra parte, la effettiva natura degli abusi – consistenti nella realizzazione di ampliamenti di superficie e nuovi volumi di due unità immobiliare (Via Vanvitelli n. 17: realizzazione di un parapetto perimetrale sulla copertura al terzo piano a creazione di un terrazzo accessorio all’appartamento sottostante; costruzione di un corpo aggiunto ad uso residenziale di 40 mq. Via Vanvitelli n. 13: sopraelevazione dell’immobile per due livelli per una superficie complessiva pari a mq. 218,12), – depone per la loro sussumibilità nell’alveo di quelli contemplati all’art. 32, D.L. 269/2003, tipologia 1 (abusi maggiori).

La ragione del diniego fondata sul vincolo di inedificabilità assoluta ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d), del d.l. n. 269/2003, resiste quindi alle censure sollevate da parte ricorrente. Allo stesso modo l’Amministrazione ha correttamente respinto la domanda di condono edilizio presentata sempre nel 2004 presentata con riferimento all’altro immobile di via Vanvitelli n. 13, vertendosi in ogni caso in ipotesi di aumento di superficie e nuova cubatura e da qualificarsi come nuova costruzione.

Sempre con riferimento a quest’ultimo immobile, il Comune con il provvedimento prot. 28028/2011 ha negato la domanda di condono edilizio che era stata presentata nel 1986. Nella motivazione del rigetto della domanda di condono del 1986 il Comune evidenzia che le opere riguardanti il manufatto oggetto di condono ““l’opera abusiva oggetto della suddetta domanda di condono (piano terra e piano seminterrato), risulta completamente cambiata da opere abusive oggetto di condono L. 326/2004 e per le quali è stato dato il diniego prot. n. 37090 del 25.11.2010.

L’Amministrazione ha quindi definito nel 2011 il procedimento di condono avviato nel 1986 respingendo la domanda a causa della modificazione dello stato dei luoghi, oggetto della domanda di condono del 1986, la cui verificazione era stata dichiarata dalla stessa parte ricorrente mediante la presentazione delle successive domande di condono del 2004.

In pendenza del procedimento di condono, invero, l’immobile era stato oggetto di importanti opere edilizie, implicanti la totale trasformazione del fabbricato, con un ampliamento di oltre mq. 218,12 attraverso la sopraelevazione per due livelli.

La giurisprudenza ha precisato che nei procedimenti di condono edilizio la domanda di condono è soggetta alla disciplina di favore vigente al momento della presentazione della domanda e tale disciplina trova applicazione laddove risulti in concreto inverata la fattispecie astratta da essa prevista (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 21.4.2023, n. 4074).

Ha chiarito inoltre che la normativa sul condono postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento di condono, la realizzazione di opere aggiuntive venendo meno l’attuale riconoscibilità del manufatto originario oggetto dell’istanza di condono, sicché i manufatti oggetto della richiesta, fino al momento dell’eventuale concessione della sanatoria, restano comunque abusivi al pari degli ulteriori interventi realizzati sugli stessi (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 10.3.2023, n. 2568).

Il Comune ha quindi correttamente agito in quanto con riferimento al diniego del condono del 1986 riguardante l’immobile di via Vanvitelli n. 13 in quanto, una volta presentata la domanda di condono, l’interessato non può modificare lo stato dei luoghi esistente al momento della presentazione della domanda e in relazione ai quali l’Amministrazione è chiamata a definire il procedimento attivato.

In conclusione, il gravame e l’atto recante motivi aggiunti non sono fondati e vanno pertanto respinti.

In considerazione della natura della controversia e delle questioni giuridiche trattate, sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Stralcio), definitivamente pronunciando sul gravame introduttivo e sull’atto recante motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2023, tenutasi da remoto, con l’intervento dei magistrati:

Rocco Vampa, Presidente

Luca Iera, Referendario, Estensore

Michele Tecchia, Referendario

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