IMPIANTI EOLICI e reato urbanistico: realizzare distinti impianti da fonti rinnovabili artificiosamente frazionati per eludere i limiti di potenza fissati per legge. Cassazione Penale n. 12268/2019.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 12268 del 20 marzo 2019 (udienza del 29 novembre 2018)
Pres. Cervadoro Est. Di Stasi 

DIRITTO URBANISTICO. Fonti rinnovabili. Realizzazione di distinti impianti di fonti energetiche rinnovabili. Art. 12 d. lgs 387/2003. Art. 5 d. lgs 28/2011. Reato edilizio. Art. 44 D.P.R. n. 380/2001. Sequestro preventivo. Art. 321 c.p.p. .
Deve ritenersi integrato il reato di cui all’art. 44 D.P.R. n. 380 del 2001 nel caso di realizzazione di distinti impianti di fonti energetiche rinnovabili, riconducibili al medesimo centro di interessi ma artificiosamente frazionati allo scopo di eludere il rispetto dei limiti di potenza fino a 1MW previsti dalla legislazione statale dell’acquisizione di autorizzazione unica regionale. L’accertamento degli elementi fattuali sintomatici della elusione artificiosa dei limiti di potenza fino a 1MW previsti dalla legislazione statale costituisce un accertamento in fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, non è sindacabile in sede di legittimità.

In tema di sequestro preventivo, la persona offesa che non sia titolare del diritto all’eventuale restituzione delle cose sequestrate, non è legittimata a partecipare o a presentare memorie nel procedimento di riesame del sequestro instaurato ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., nè, conseguentemente, nel giudizio di cassazione sull’ordinanza di riesame ( Sez. U, n.23271 del 26/04/2004, Rv.227728; Sez. 2, n.23696 del 22/03/2012, Rv.253188).

 

 

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 12268 del 20 marzo 2019 (udienza del 29 novembre 2018)

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 07/06/2018, il Tribunale di Benevento annullava il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Benevento in data 3.5.2018 nei confronti di Rosiello Gaetano, Laudadio Alberico e Fagnilli Assunta ed ordinava il dissequestro dei beni e la restituzione all’avente diritto.
Con il provvedimento genetico era stato disposto il sequestro preventivo, emesso ai sensi dell’art. 321 cod. proc. pen. nei confronti dei predetti indagati relativamente a sei aerogeneratori ubicati nei comuni di Campolattaro, Casalduni e Pontelandolo, per i reati in violazione della normativa urbanistica ed ambientale di settore (artt. 44 dpr n. 380/2001 e 181 d. lgs n. 42/2004), per i reati di cui agli artt. 674 e 659 cod.pen. per aver provocato immissioni acustiche e luminose atte a causare gravi rischi per la salute degli abitanti del Comune di Pontelandolfo e ad arrecare disturbo alle occupazioni diurne ed al riposo notturno dei residenti ed in violazione, e per i reati di cui all’art. 582 cod. pen. per aver cagionato lesioni personali ad alcuni abitanti della zona conseguenti all’inquinamento.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino, articolando quattro motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione di legge per carenza su un punto decisivo del tema cautelare.
Argomenta che l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimento impugnato è del tutto privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, tanto da integrare una motivazione apparente; inoltre, il Collegio cautelare avrebbe omesso l’esame di un punto decisivo per l’accertamento del fatto, in quanto, una volta esclusa la configurabilità del parco eolico ha omesso di considerare la prospettazione e le allegazioni dell’accusa ovvero la verifica di assoggettabilità dei predetti impianti, nonostante le ridotte dimensioni, alle valutazioni di impatto e di incidenza ambientale (V.I.A. e V.incA); il Tribunale, in particolare, non aveva applicato il punto 14.9 del DM MiSE del 10.09.2010, relativo ad aree sottoposte a tutela ai sensi del d. lgs n. 42/2004 da considerarsi “aree contermini” a quelle tutelate e nelle quali rientrano gli impianti, di potenza inferiore a 1 MW (megaWatt), posti ad una distanza in linea d’aria inferiore a 50 volte l’altezza del più vicino aerogeneratore.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione ai reati di cui agli artt. 44 D.P.R. n. 380/2001 e 181 d. lgs n. 42/2004 contestati al capo a) dell’imputazione provvisoria, con riferimento alla valutazione del Tribunale circa la non obbligatorietà della verifica di assoggettibilità di procedimenti di V.I.A. e V.Inc.A per l’autorizzazione alla costruzione di impianti eolici anche di potenza inferiore ad 1 MW.
Argomenta che l’art. 5 d. lgs n. 152/2006 prescrive espressamente che l’autorità deve valutare se ogni impianto abbia impatto singolo o cumulativo e, cioè, se possa arrecare pregiudizio complessivo all’abitato; l’art 4 del d. lgs n. 28/2011 dispone che, nell’ambito delle valutazioni di impatto ambientale, le regioni e le province “al fine di evitare l’elusione della normativa” devono valutare gli impianti localizzati nella stessa area o in aree contigue “in termini cumulativi”; il Tribunale, aveva, invece, affermato che andava esclusa in nuce l’applicabilità della disciplina di cui al punto 14.7 del DM 10.09.2010 di ogni impianto la cui potenza complessiva non risultava superiore a 1 MW.
Aggiunge che analoghe considerazioni vanno fatte anche in ordine alla valutazione di incidenza (V.incA) che costituisce procedimento necessario al quale sottoporre qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenza su sito o proposto sito della rete Natura 2000, a prescindere che si tratti di macchina indipendente o parco eolico ed estesa anche agli ambiti esterni ai siti Natura 2000; il Tribunale aveva ritenuto non necessaria la valutazione di incidenza, così violando la normativa regionale e statale di settore (art 2, comma 3, Reg. n. 1/2010 della Regione Campania e 14.9. del DM MiSE del 10.09.2010).
Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 44 D.P.R. n. 380/2011.
Argomenta che il Tribunale del riesame era incorso in violazione di legge in quanto si era basato per escludere il fumus del reato in questione sul mero dato formale dei provvedimenti amministrativi, senza effettuare qualsivoglia valutazione in ordine alla conformità dell’opera e del titolo presupposto ai parametri di legalità urbanistica ed edilizia, identificata nelle previsioni legislative statali e regionali,  dalle previsioni dello strumento urbanistico e dalle prescrizioni del regolamento edilizio.
Con il quarto motivo deduce violazione dell’art. 12 d. lgs 387/2003 e 5 d. lgs 28/2011.
Argomenta che con la nuova regolamentazione del 2011 il legislatore statale aveva dato facoltà alle Regioni di estendere l’ambito di applicazione del procedimento autorizzatorio semplificato fino ad una soglia massima di potenza di energia elettrica pari a 1 MW.
Nella regione Campania, in base alla normativa di settore la competenza per il rilascio delle autorizzazioni uniche di cui all’art. 12 del d. lgs n. 387/2003, all’epoca dei fatti, era suddivisa tra Provincia e Regione, nel senso che la prima era competente per impianti di potenza fino ad 1 Mw e la seconda per impianti di potenza superiori a tale soglia; successivamente, con DGR n. 48/2014 la Regione aveva, invece, revocato la delega alle Province, avocando a sé la competenza per l’autorizzazione della costruzione ed esercizio di impianti eolici di potenza inferiore a 1 Mw, lasciando invariata la competenza dei Comuni per impianti di potenza fino a 60 Kw; l’art. 4, comma 3, del dlgs n. 28/2011 prevede la possibilità di verificare il fine elusivo della normativa in questione in caso di artificioso frazionamento di più progetti al fine di evitare la procedura autorizzatoria più gravosa e di accedere a quella semplificata; il Tribunale, invece, aveva escluso il fine elusivo omettendo di valutare una pluralità di circostanze fattuali, quali l’unitarietà dell’iniziativa imprenditoriale, la presentazione di singole istanze di autorizzazione unica ex art. 12 d. lgs. n. 387/2003 in date molto ravvicinate , la contiguità delle aree interessate , l’inosservanza di distanze minime tra gli aerogeneratori dalle abitazioni , l’assenza alla conferenza di servizi del Ministero per i beni e le attività culturali.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
In data 9.11.2018 le persone offese hanno depositato memoria difensiva nella quale hanno impugnato la decisione del Tribunale del riesame articolando dodici motivi e chiedendo l’accoglimento del ricorso del PM; successivamente le persone offese hanno depositato note integrative.
In data 14.11.2018 i difensori degli indagati Fagnilli Assunta, Alberico Laudadio e Rosiello Gaetano hanno dedotto in ordine alla inammissibilità ed infondatezza del ricorso del PM.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va, innanzitutto, rilevato, quanto alla memoria difensiva depositata in data 9.11.2018 dalle persone offese ed alle successive note integrative, che questa Suprema Corte ha affermato il principio di diritto, che va qui ribadito, secondo il quale, in tema di sequestro preventivo, la persona offesa che non sia titolare del diritto all’eventuale restituzione delle cose sequestrate, non è legittimata a partecipare o a presentare memorie nel procedimento di riesame del sequestro instaurato ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., ne’, conseguentemente, nel giudizio di cassazione sull’ordinanza di riesame ( Sez. U, n.23271 del 26/04/2004, Rv.227728; Sez. 2, n.23696 del 22/03/2012, Rv.253188).
2. Va, poi, premesso che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 Sez. 5, n. 43068 del 13.10.2009, Rv. 245093; sez. 6, n. 6589 del 10.1.2013, Rv. 254893).
Il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell’art. 325, comma 1 cod. proc. pen., può essere proposto solo per mancanza fisica della motivazione o per la presenza di motivazione apparente, ma non per mero vizio logico della stessa; il vizio logico, infatti, va distinto dalla motivazione meramente apparente essendo il primo configurabile solo in relazione ad una motivazione presente (Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129; Sez. U, Sentenza n. 5876 del 28/01/2004, Rv. 226710).
Inoltre, nella valutazione del fumus commissi delicti quale presupposto del sequestro preventivo di cui all’art. 321 cod. proc. pen, il giudice del riesame non deve avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pure sommariamente, le ragioni che rendono allo stato sostenibile o meno l’impostazione accusatoria; ciò però non significa che possa sindacare la concreta fondatezza dell’accusa, ma deve solo accertare la possibilità di sussumere o meno il fatto in una determinata ipotesi di reato (Sez.6, n.49478 del 21/10/2015,Rv.265433;Sez.5, n 49596 del 16/09/2014, dep. 27/11/2014, Rv.261677; Sez. 6, n. 45591 del 24/10/2013, Rv. 257816; Sez. 4, n. 15448 del 14/03/2012, Rv. 253508; Sez. 5, n. 18078 del 26/01/2010, Rv. 247134).
3. Nella specie, i motivi proposti, pur formalmente enunciati come violazione di legge, si sostanziano in censure relative alla motivazione del provvedimento impugnato ed alle valutazioni in fatto effettuate dal Collegio cautelare, censure non proponibili in sede di legittimità.
4. Va osservato che l’art. 12, comma 3, del d. lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), ha disposto che “La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili … nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico”; inoltre, a norma del comma 4, detta autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercitare l’impianto in conformità al progetto approvato. Successivamente il d. lgs. n. 28 del 2011 ha dato attuazione della direttiva 2009/28/CE del 23 aprile 2009, che in materia di procedure di autorizzazione di impianti per la produzione di energie rinnovabili invita gli Stati membri a preferire procedure semplificate e accelerate, prevedendo tra l’altro forme procedurali meno gravose per i progetti di piccole dimensioni (art. 13). In particolare analoga disposizione a quella dell’art. 12, reca ora l’art. 5, comma 1, del d. lgs. 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), secondo cui, infatti, fatto salvo quanto previsto dagli artt. 6 e 7, la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti nonché le modifiche sostanziali degli impianti stessi sono soggetti all’autorizzazione unica di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, come modificato dal presente articolo secondo le modalità procedimentali e le condizioni previste dallo stesso decreto legislativo n. 387 del 2003…” ; carattere innovativo ha invece l’art. 6, che, sempre in attuazione della direttiva Europea sopra menzionata, disciplina una procedura abilitativa semplificata per la costruzione e l’esercizio di impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, riconoscendo inoltre alle Regioni e alle Province autonome la facoltà di estendere “la soglia di applicazione della procedura semplificata … agli impianti di potenza nominale fino a 1 MW elettrico, definendo, altresì i casi in cui essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione e l’esercizio dell’impianto e delle opere connesse sono soggette altresì all’autorizzazione unica”. Con la nuova regolamentazione del 2011, quindi, il legislatore statale ha dato facoltà alle Regioni di estendere l’ambito di applicazione del procedimento autorizzatorio semplificato fino ad una soglia massima di potenza di energia elettrica pari a 1 MW, fermo restando il vincolo per la legislazione regionale costituito dai limiti posti dall’art. 6 citato, che, secondo la giurisprudenza costituzionale (da ultimo, Corte cost. n. 99 del 2012) esprime un principio fondamentale, sicché il legislatore regionale è tenuto a rispettarlo nell’esercizio della sua potestà legislativa concorrente; inoltre, l’art 4 comma 3 del d. lgs. n. 28/2011 dispone che “al fine di evitare l’elusione della normativa di tutela dell’ambiente, del patrimonio culturale, della salute e della pubblica incolumità , fermo restando quanto disposto dalla Parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, e successive modificazioni, e, in particolare, dagli articoli 270, 273 e 282, per quanto attiene all’individuazione degli impianti ed al convogliamento delle emissioni, le Regioni e le Province autonome stabiliscono i casi in cui la presentazione di più progetti per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili e localizzati nella medesima area o in aree contigue sono da valutare in termini cumulativi nell’ambito della valutazione di impatto ambientale.
5. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte deve ritenersi integrato il reato di cui all’art. 44 D.P.R. n, 380 del 2001 nel caso di realizzazione di distinti impianti di fonti energetiche rinnovabili, riconducibili al medesimo centro di interessi ma artificiosamente frazionati allo scopo di eludere il rispetto dei limiti di potenza fino a 1MW previsti dalla legislazione statale (Sez. 3, n. 40361 del 25/06/2014, Buglisi, Rv. 260756; Sez. 3, n. 888 del 21/06/2017, dep. 12/01/2018, Rv.272315) e dell’acquisizione di autorizzazione unica regionale (Sez. 3, n. 11981 del 05/02/2014, Di Gennaro, Rv. 258735; Sez. 3, n. 15988 del 06/03/2013, Rubino, Rv. 255480).
L’accertamento degli elementi fattuali sintomatici della elusione artificiosa dei limiti di potenza fino a 1MW previsti dalla legislazione statale costituisce un accertamento in fatto che, se sorretto da adeguata motivazione, non è sindacabile in sede di legittimità (cfr., in motivazione, Sez. 3, n. 16624 del 08/04/2015, Rv. 263583).
6. Nella specie, il Tribunale ha escluso la configurabilità dell’assunto accusatorio basato sull’affermazione che le autorizzazioni provinciali rilasciate agli indagati siano inidonee perché i sei aerogeneratori, pur ciascuno di potenza inferiore a 1 Kw, costituirebbero un unico impianto con la conseguenza che sarebbe necessaria l’autorizzazione unica regionale, previa sottoposizione del progetto alla valutazione ambientale, con un accertamento fattuale che ha tenuto conto dei singoli elementi acquisiti nel corso delle indagini e sottoposti all’attenzione dei giudici cautelari, i quali li hanno valutati nei limiti della cognizione sommaria loro consentita dalla legge.
L’accertamento ha riguardato la situazione reale dei luoghi e la corrispondenza di quanto realizzato al titolo abilitativo conseguito e, all’esito dello stesso, i Giudici cautelari hanno ritenuto non configurabile l’ipotesi accusatoria basata sull’assunto che l’impianto fosse stato fittiziamente frazionato per beneficiare del titolo abilitativo semplificato.
Tale valutazione in fatto ha dato rilievo preminente alla individuazione del «punto di connessione» alla rete elettrica e si fonda su un apprezzamento fattuale delle caratteristiche strutturali dell’impianto, che non viene considerato unitario a seguito del convogliamento dell’energia prodotta dai singoli aerogeneratori verso distinti ed autonomi «punti di connessione».
La diversità dei «punti di connessione», è stata, quindi, ritenuta circostanza dimostrativa che l’impianto non poteva considerarsi artificiosamente frazionato, non deponendo in maniera univoca in tal senso, secondo i Giudici del riesame, gli ulteriori elementi individuati nella prospettazione accusatoria, quali la unicità del soggetto richiedente l’autorizzazione e la contiguità delle aree frazionate.
Né coglie nel segno la censura afferente alla valutazione da parte del Tribunale della regolarità del procedimento amministrativo seguito per il rilascio del titolo abilitativo.
Costituisce, infatti, giurisprudenza consolidata che in sede di legittimità non è sindacabile la regolarità dei procedimenti amministrativi seguiti per il rilascio di titoli abilitativi edilizi, essendo altresì precluso alla Corte di cassazione procedere all’accertamento di eventuali errori di fatto commessi in sede di merito nel verificare detta regolarità (Sez.3, n.50161 del 28/09/2018,Rv.274071; Sez. 3, n. 20571 del 28/4/2010, Alberti, Rv. 247189).
7. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 29 novembre 2018

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