RIFIUTI. I requisiti del reato di abbandono e l’estraneità di ogni attività imprenditoriale. Cassazione Penale n. 33423/2023.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 33423 del 31 luglio 2023 (ud. del 1° giugno 2023)

Pres. Ramacci, Est. Corbo

Rifiuti. Requisiti del reato di abbandono. Art. 256 comma 2 d. lgs. n. 152/2006.

Per escludere la configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, non è sufficiente che i rifiuti abbandonati o irregolarmente depositati non siano riconducibili alla specifica attività dell’impresa o dell’ente di cui il soggetto agente è titolare o responsabile: è necessario invece che i rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato dal titolare di un’impresa o dal responsabile di un ente siano estranei a qualunque attività che, anche episodicamente, potrebbe svolgere l’impresa o l’ente.  In questa prospettiva, il limite di applicazione della fattispecie penalmente sanzionata è ravvisabile solo in caso di rifiuti estranei a qualunque attività potenzialmente riferibile all’impresa o all’ente cui è preposto l’imputato, come, ad esempio, nel caso di materiali di scarto che siano, insieme, di entità estremamente modesta e riferibili ad una produzione domestica.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 33423 del 31 luglio 2023 (ud. del 1° giugno 2023)
RITENUTO IN FATTO

Con sentenza emessa in data 14 dicembre 2022, il Tribunale di Firenze ha dichiarato la penale responsabilità di OMISSIS per il reato di cui gli artt. 81 cpv. cod. pen. e 256, comma 2, in relazione al comma 1, lett. a), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, e lo ha condannato alla pena di euro 3.400,00 di ammenda.
Secondo quanto ricostruito dal Tribunale, OMISSIS, in qualità di titolare dell’omonima impresa individuale, avrebbe depositato in modo incontrollato, dal 13 al 18 maggio 2019, rifiuti speciali non pericolosi, tra cui materiali per costruzione e ricostruzione, metalli e legname.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale indicata in epigrafe OMISSIS, con atto sottoscritto dall’avvocato Angelo Nicotera articolando due motivi.

2.1. Con il primo motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta attribuzione del fatto oggetto di imputazione all’imputato.
Si deduce che all’attuale ricorrente è stata attribuita la responsabilità per il reato in contestazione solo perché l’illecito sversamento di rifiuti risulterebbe commesso con il furgone intestato al medesimo, secondo quanto emerge dalle fotografie scattate a mezzo di “foto-trappole”, e perché detto soggetto era titolare di una attività imprenditoriale ed è stato rinvenuto sul luogo del fatto. Si precisa che, però, l’attuale ricorrente è stato identificato una sola volta sul luogo del fatto, il 4 giugno 2019, quando non stava commettendo alcunché di illecito, né si trovava al bordo del furgone.

2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta sussistenza del reato nonostante l’assenza di un diretto collegamento tra l’attività di illecito sversamento di rifiuti e l’esercizio di un’attività imprenditoriale.
Si deduce che il reato contestato è configurabile soltanto qualora vi sia un collegamento diretto tra l’attività di deposito incontrollato di rifiuti e l’esercizio di una attività imprenditoriale, essendo questo l’elemento di discrimine tra la contravvenzione di cui all’art 256 e l’illecito amministrativo di cui all’art. 255 del d.lgs. n. 152 del 2006, in ragione della maggiore produzione di rifiuti da parte dell’imprenditore rispetto al provato cittadino (si cita Sez. 3, n. 11595 del 2012).

Si deduce, inoltre, che, nella specie, la condotta, anche a volerla ritenere commessa dall’attuale ricorrente, non integrerebbe un fatto di deposito incontrollato, bensì un fatto di deposito temporaneo, non finalizzato al disfacimento di rifiuti. Si precisa, infatti, che: a) i rifiuti oggetto dell’imputazione non sono mai stati sequestrati né inventariati e catalogati secondo i codici CER; b) il furgone del ricorrente, come dimostrato mediante produzione documentale, era abilitato al trasporto di alcuni materiali; c) i materiali scaricati dal furgone, secondo quanto risulta dalle immagini formate mediante le “foto-trappole”, non sono stati abbandonati, ma disassemblati e ricaricati sul medesimo veicolo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è nel complesso infondato per le ragioni di seguito precisate.

2. Prive di specificità, e comunque diverse da quelle consentite in sede di legittimità, sono le censure esposte nel primo motivo, che contestano l’individuazione del ricorrente come l’autore delle condotte di deposito incontrollato di rifiuti, deducendo che lo stesso è stato colto sul luogo del fatto una sola volta, per di più in atteggiamento irrilevante ai fini dell’integrazione del reato.

La sentenza impugnata rappresenta che l’attuale ricorrente è stato individuato come l’autore di ripetuti e quotidiani scarichi di rifiuti, accumulati all’interno di una fabbrica abbandonata, in ragione di plurimi elementi di prova. Segnala, innanzitutto, che un abitante del luogo, poi escusso a dibattimento, aveva denunciato di aver notato una persona, la quale, con cadenza pressoché giornaliera, da sola o in compagnia, raggiungeva il sito a bordo del medesimo camioncino, la cui targa era intestata all’imputato, e scaricava materiali di tutte le tipologie; aggiunge, inoltre, che il medesimo denunciante ha precisato come il sito sia tuttora occupato da rifiuti, di tanto in tanto bruciati per fare spazio ad altri. Espone, poi, che appartenenti alla polizia municipale hanno dichiarato che: a) ricevuta la denuncia, avevano montato nel capannone delle “foto-trappole” dal 13 al 17 maggio, ed avevano così potuto catturare immagini di ripetuti accessi al sito del furgone recante la targa intestata all’imputato, nonché di scarichi di materiali di vario genere; b) all’esito di tali accertamenti, avevano effettuato un sopralluogo e colto sul fatto l’attuale ricorrente mentre riponeva materiali ferrosi; c) non erano riusciti ad effettuare un sopralluogo presso la ditta dell’imputato, in quanto questa aveva sede presso altro stabile occupato abusivamente.

Le conclusioni del Tribunale sono immuni da vizi, perché fondate su indizi gravi precisi e concordanti, rilevati sulla base di una valutazione certo non manifestamente illogica. Invero, deve considerarsi che: a) il camioncino recante la targa intestata all’imputato è stato dapprima visto più volte da un testimone, e poi è stato ripetutamente fotografato dai dispositivi collocati dalla polizia municipale, mentre raggiungeva un luogo invaso da rifiuti per lasciarvi materiali di varie tipologie; b) in occasione di un controllo effettuato dalla polizia municipale, l’imputato è stato controllato personalmente sul sito dove venivano accatastati i rifiuti, mentre riponeva materiali ferrosi. Le censure esposte del ricorso, d’altro canto, si limitano a prospettare una lettura alternativa delle risultanze istruttorie, e a contestare la concludenza delle immagini formate mediante le “foto-trappole”, senza nemmeno confrontarsi con le dichiarazioni testimoniali della persona che aveva sporto la denuncia da cui sono scaturite le indagini.

3. Diverse da quelle consentite in sede di legittimità sono le censure formulate nel secondo motivo, nella parte in cui contestano la configurabilità del reato deducendo che, nella specie, si sarebbe verificata, al più, una condotta di deposito temporaneo di rifiuti, come tale lecita.
In proposito, è sufficiente rilevare che la sentenza impugnata ha dato atto: a) della ripetitività dell’attività di sversamento di rifiuti effettuata dall’imputato mediante l’utilizzo di un apposito furgoncino a lui intestato; b) dell’accumulo dei rifiuti alla rinfusa ed in un sito, una fabbrica abbandonata, la quale non poteva certo essere luogo di deposito utilizzabile dal medesimo soggetto, innanzitutto perché non nella sua legittima disponibilità, e poi perché occupato da tantissimi materiali di scarto accatastati e ripetutamente bruciati nel tempo per “liberare” spazio al fine di consentire ulteriori illeciti abbandoni. Risulta quindi del tutto evidente l’assenza dei requisiti previsti per la configurabilità del deposito temporaneo, a partire da quello concernente il luogo nel quale è consentito il «raggruppamento» dei rifiuti.

4. Infondate sono le censure enunciate nel secondo motivo, nella parte in cui contestano la configurabilità del reato deducendo che non risulta un diretto collegamento tra i rifiuti illecitamente sversati e l’attività dell’impresa dell’imputato.

4.1. Deve innanzitutto escludersi che, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, sia necessario un diretto collegamento tra i rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato dal soggetto agente e l’attività ordinariamente svolta dall’impresa o dall’ente cui il medesimo è preposto.

4.1.1. Questa conclusione risulta desumibile dal dato normativo.

Precisamente, la disciplina in materia di abbandono o deposito irregolare di rifiuti risulta dalla combinazione tra l’art. 255, comma 1, e l’art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006: la prima disposizione prevede una sanzione amministrativa a carico di «chiunque […] abbandona o deposita rifiuti»; la seconda, invece, contempla l’applicazione di sanzioni penali «ai titolari di imprese e ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti […]».
Le disposizioni normative richiamate, per come testualmente formulate, non comminano le sanzioni penali in funzione del collegamento tra i rifiuti e l’attività svolta dall’impresa o dall’ente cui è preposto il soggetto che procede all’illecito sversamento, bensì in ragione della qualifica soggettiva del medesimo.

Si può allora ritenere che la fattispecie penale mira a sanzionare più severamente la condotta illegale di chi si è organizzato o comunque ha l’onere di organizzarsi professionalmente o specificamente anche in funzione della necessità di smaltire lecitamente rifiuti, qualunque attività egli intraprenda, anche in via episodica, e che possa essere ricollegata all’impresa o all’ente cui è preposto.
Di conseguenza, per escludere la configurabilità del reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, non è sufficiente che i rifiuti abbandonati o irregolarmente depositati non siano riconducibili alla specifica attività dell’impresa o dell’ente di cui il soggetto agente è titolare o responsabile: è necessario invece che i rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato dal titolare di un impresa o dal responsabile di un ente siano estranei a qualunque attività che, anche episodicamente, potrebbe svolgere l’impresa o l’ente.

In questa prospettiva, il limite di applicazione della fattispecie penalmente sanzionata è ravvisabile solo in caso di rifiuti estranei a qualunque attività potenzialmente riferibile all’impresa o all’ente cui è preposto l’imputato, come, ad esempio, nel caso di materiali di scarto che siano, insieme, di entità estremamente modesta e riferibili ad una produzione domestica.

4.1.2. Una conclusione sostanzialmente coincidente, sia pure sulla base di percorsi motivazionali non del tutto sovrapponibili, è accolta anche da altre decisioni.

In particolare, Sez. 3, n. 13817 del 05/02/2021, Pascariello, non massimata, rimarca che, nell’ambito della fattispecie di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, art. 256, il ruolo di elemento specializzante rispetto alla ipotesi di cui al precedente art. 255, comma 1, è costituito proprio dalle «peculiari qualifiche soggettive». La medesima pronuncia, inoltre, osserva che la differenziazione tra la fattispecie penale e quella amministrativa «non va vista solo con riferimento al soggetto che compie materialmente l’atto, ma deve essere valutata anche la natura realmente domestica o meno dei rifiuti abbandonati. La ratio del diverso trattamento riservato alla medesima condotta, secondo l’autore della violazione, è evidentemente fondata su una presunzione di minore incidenza sull’ambiente dell’abbandono posto in essere da soggetti che non svolgono attività imprenditoriale o di gestione di enti, ed in particolare la norma in questione è finalizzata ad: “impedire ogni rischio di inquinamento derivante da attività idonee a produrre rifiuti con una certa continuità, escluse perciò solo quelle del privato, che si limiti a smaltire i propri rifiuti al di fuori di qualsiasi intento economico”».

4.2. Posto che la condotta di reato di cui all’art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006 è integrata dalla condotta del titolare di un’impresa o del responsabile di un ente, il quale abbandona o deposita in modo incontrollato rifiuti connessi ad attività comunque riconducibili all’impresa o all’ente, perché da questa esercitabili anche in via episodica, la sentenza impugnata offre elementi precisi per ritenere che, nella vicenda in esame, la fattispecie si sia perfezionata.

Invero, l’imputato: a) era, al momento dei fatti, titolare di una ditta individuale esercente l’attività di costruzioni edili, come documentato da una visura della Camera di Commercio; b) ha sversato ripetutamente, ed in modo incontrollato, quantitativi non esigui di rifiuti, come materiali per demolizioni e costruzioni, legnami e metalli, certamente non riconducibili ad un uso strettamente domestico.

5. Alla complessiva infondatezza delle censure segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 01/06/2023

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