Rifiuti. Inquinamento idrico, compromissione e deterioramento ambientale, getto pericoloso di cose. Cassazione Penale n. 55510/2017.

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 55510 del 13 dicembre 2017 (ud. del 19 settembre 2017)
Pres. Savani, Est. Andreazza

Rifiuti. Inquinamento ambientale (c.d. Ecoreati). Compromissione e deterioramento ambientale. Necessità. Inquinamento idrico. Fattispecie: fosse Imhoff e illecito deposito e smaltimento di reflui liquidi. Artt. 674 e 452-bis cod. pen. Criteri per l’applicazione della disciplina su gli scarichi o su i rifiuti. Artt. 124, 137 e 256 d.lgs. n. 152/2006. Getto pericoloso di cose. Mancanza di elementi fattuali. Esclusione della configurabilità dell’art. 674 cod. pen. .

Per la configurabilità del reato di inquinamento ambientale sono necessari gli elementi della compromissione e del deterioramento che, di fatto, si concretano nell’alterazione, significativa e misurabile, dell’originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema (Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017, dep. 30/03/2017, Rizzo; Sez. 3, n. 46170 del 21709/2016, dep. 03/11/2016, P.M. in proc. Simonelli). (Fattispecie: relativa a fossa Imhoff – assenza di autorizzazioni amministrative allo scarico e al trattamento, raccolta, gestione e smaltimento di rifiuti liquidi in acque superficiali, mancato svuotamento della fossa per cinque anni dei rifiuti ivi stoccati, e ricettori di reflui urbani recapitanti attraverso tubi in pvc nel letto di un torrente).

In tema di getto pericoloso di cose, la mancanza di elementi indicativi della presenza di sostanze maleodoranti e del fatto che ubicazione delle fosse (Imhoff) sia in zona isolata lontana da insediamenti antropici esclude la configurabilità dell’art. 674 cod. pen..

Cass. Pen., Sez. III, sent. n. 55510 del 13 dicembre 2017 (ud. del 19 settembre 2017)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pescara,

nel procedimento nei confronti di:

Di Giovanni Bartolomeo, n. a Roccamorice il 22/10/1953;

Livello Lorenzo, n. a Pescara il 16/10/1962;

avverso la ordinanza del 23/05/2017 del Tribunale di Pescara;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;

lette le conclusioni del Procuratore Generale L. Cuomo, che ha chiesto l’annullamento con rinvio;

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pescara ha proposto ricorso avverso la ordinanza del Tribunale di Pescara in data 28/03/2017 che, in accoglimento della relativa richiesta di riesame, ha disposto l’annullamento del sequestro preventivo del G.i.p. dello stesso Tribunale disposto nei confronti di Di Giovanni Bartolomeo e Livello Lorenzo su due fosse Imhoff per i reati di cui agli artt. 674 cod. pen., 256 del d.lgs. n. 152 del 2006 e 452 bis cod. pen.

2. Con un unico complessivo motivo, dopo avere riepilogato l’esito degli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza in relazione alla fossa Imhoff denominata Rapattoni 1, in particolare in relazione al valore di Escherichia Coli pari a 53.000.000, alla assenza di autorizzazioni amministrative allo scarico e al trattamento, raccolta, gestione e smaltimento di rifiuti liquidi in acque superficiali, al mancato svuotamento della fossa per ben cinque anni dei rifiuti ivi stoccati, lamenta il travisamento dei fatti nell’affermazione della mancanza di prova di deposito e smaltimento incontrollato di fanghi fondata sul presupposto della regolarità di prelievi per i soli anni 2015 e 2016 e il conseguente erroneo inquadramento normativo della fattispecie ricondotta unicamente ad illecito amministrativo e non già ad illecito penale ex art. 256, commi 1 e 2, del d.lgs. n.152 del 2006 in relazione all’illecito deposito e smaltimento di reflui liquidi; infatti, tenuto conto della decantazione e deposito dei reflui nella fossa, non sarebbe applicabile, come ritenuto dal provvedimento impugnato, la disciplina in tema di scarichi ma solo quella in materia di rifiuti, depositati in attesa di svuotamento ad opera di autobotti e che, in mancanza dello stesso, finiscono per tracimare direttamente nel corpo recettore e, quindi, direttamente nel corso d’acqua tramite apposite tubature, come del resto direttamente accertato dai verbalizzanti. Di qui, dunque, la configurabilità della condotta di abbandono, deposito e smaltimento illeciti di rifiuti liquidi mediante abusiva immissione in acque superficiali. Parimenti sarebbe sussistente il fumus del reato di cui all’art. 452 bis cod. pen. in relazione al superamento del parametro degli Escherichia Coli e dei parametri dei solidi sospesi, BOD5, COD, Azoto ammoniacale e tensioattivi totali ricorrendo anche gli estremi dell’abusività della condotta, del nesso causale e della compromissione o deterioramento significativi e misurabili del corso d’acqua affluente del fiume Pescara nonché di quest’ultimo. Evidenzia inoltre l’idoneità di tutti gli elementi fattuali già ricordati ad integrare altresì il fumus del reato ex art. 674 cod. pen. in ragione anche della localizzazione dell’area in prossimità di un affluente del Pescara in zona accessibile al pubblico e vicina ad insediamenti abitativi; quanto al versamento richiesto dalla norma, richiama la fuoriuscita dei reflui poi sversati nell’affluente resa inevitabile dall’inadeguata manutenzione della fossa.

3. In data 12/09/2016 hanno presentato memoria gli indagati deducendo, con un primo motivo, l’inammissibilità del ricorso fondato sulle risultanze di nuovi atti di indagine eseguiti dalla p.g. e da ausiliari del P.M. in epoca successiva alla ordinanza impugnata e sottoposti per la prima volta al giudice di legittimità e, con un secondo motivo, l’inammissibilità, comunque, degli atti di indagine in oggetto.

Con un terzo motivo hanno poi dedotto l’inapplicabilità nella specie della normativa sui rifiuti essendo stato il contrario assunto fondato sulla circostanza della mancanza di periodici e regolari svuotamenti della fossa settica nella specie successivi al 2015 in realtà contraria alla realtà, avendo l’Aca Spa provveduto con due operazioni allo svuotamento dei fanghi presenti nelle stesse con autobotti per un totale di kg.11.450, mentre, con riguardo agli anni precedenti, rilevano la mancanza del carattere di attualità e pericolosità necessario per l’adozione della misura cautelare. Precisano inoltre che nella specie è incontrovertibile l’esistenza di due impianti di trattamento acque reflue con reflui in entrata e in uscita che con due tubi di scarico recapitano le stesse, sottoposte a trattamento primario di depurazione, dentro il corpo idrico superficiale denominato Fosso del Lupo, come risultato dalla consulenza tecnica di parte del 20/03/2017 agli atti del riesame.

Con un quarto motivo lamentano inoltre l’inconfigurabilità nel caso di specie dei reati di cui agli artt. 452 bis e 674 cod. pen. A fronte della necessità, quanto al primo reato, di una alterazione significativa e misurabile della matrice ambientale o dell’ecosistema, nella specie l’unico accertamento compiuto dalla Procura è consistito nell’analisi Arta in uscita dal corpo ricettore senza alcun accertamento a valle delle fosse mentre del tutto immotivata è l’asserzione in ordine al collegamento eziologico tra lo scarico di due Imhoff situate ad oltre 10 km dalla costa e l’inquinamento del fiume Pescara e del litorale marino.

Anche con riguardo al reato ex art. 674 cod. pen. non sono state documentate situazioni di pericolo vicino alle fosse né insediamenti antropici negli spazi circostanti; inoltre, essendo le condotte perseguibili quelle di cui agli artt. 124 e 137 del d.lgs. n. 152 del 2006, il principio di specialità ex art. 15 cod. pen. comporta l’insussistenza di altre ipotesi.

Quanto, infine, alle esigenze cautelari, mentre durante il sequestro i valori batterici sono stati di molto superiori ai limiti di legge, una volta effettuato il dissequestro e ripresa quindi la manutenzione ordinaria con lo svuotamento delle fosse, detti valori sono risultati di molto inferiori.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

Nella specie, l’ordinanza impugnata ha rilevato, sulla base del contenuto della menzionata comunicazione di notizia di reato, che i due impianti di depurazione del tipo fossa Imhoff, ricettori di reflui urbani, e recapitanti attraverso tubi in pvc nel letto del torrente – affluente del fiume Pescara, non erano dotate di autorizzazione allo scarico e che inoltre lo scarico di una delle due fosse presentava, per l’Escherichia coli un valore superiore a quello fissato dalla tabella 3 allegato 5 del d.l. n. 152 del 2006 e a quello fissato dalla normativa regionale nelle N.t.a. del piano di tutela delle acque della Regione Abruzzo. Ha aggiunto non essere emersa prova di deposito o smaltimento incontrollato dei fanghi delle fosse settiche che, come risultante dall’esame del registro di carico e scarico e dei formulari dei rifiuti, erano stati prelevati e regolarmente smaltiti con riferimento in particolare agli anni 2015 e 2016.

Di qui, a fronte della individuazione di scarico urbano direttamente recapitante nel corpo idrico recettore, la ritenuta riferibilità, per quanto concernente la qualificazione giuridica dei fatti, a disciplina sanzionata nella specie in sola via amministrativa, e l’esclusione, invece, della riconducibilità alla disciplina dell’art. 256, comma 2, d. lgs. cit. riferito all’abbandono incontrollato di rifiuti liquidi. Quanto agli ulteriori reati ravvisati in decreto, l’ordinanza impugnata ne ha escluso il fumus, atteso, con riguardo all’art. 674 cod. pen., che la collocazione della fossa in zona isolata e lontana da insediamenti antropici esclude che nella specie, come richiesto dalla norma, ci si trovi in presenza di un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o altrui uso ed attesa altresì la la mancata indicazione circa la presenza di sostanza maleodoranti, con riguardo all’art. 452 bis cod. pen., la mancanza, sempre nella specie, di una alterazione significativa e misurabile della originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema giacché i due impianti servivano piccoli insediamenti abitativi rispettivamente di 120 e 30 persone e l’unica analisi effettuata ha misurato il valore dell’Escherichia coli in uscita dallo scarico delle fosse e non a valle in tal modo non essendosi accertata l’incidenza dello scarico sull’inquinamento del fiume Pescara e del litorale marino posto alla foce dello stesso.

2. Ciò premesso, il ricorso proposto, oltre a sindacare inammissibilmente, in contrasto con la disposizione dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., la illogicità e contraddittorietà della motivazione del provvedimento, che, del resto (non potendo dunque neppure invocarsi la violazione dell’art. 125 cod. proc. pen. : Sez. 6, n.6589 del 10/01/2013, dep. 11/02/2013, Gabriele, Rv. 254893), ha esaustivamente argomentato, in ispecie con riferimento alle risultanze delle indagini sino a quel momento effettuate, sulla ragione delle conclusioni adottate e della revoca del sequestro, si caratterizza, sia pure al fine di giungere alla pretesa di una non corretta applicazione della legge, per una diversa e non consentita ricostruzione dei fatti, in parte effettuata anche per il tramite del ricorso ad indagini (quelle menzionate come risultanti dalla informativa in data

06/04/2012 in allegato al ricorso) successive all’ordinanza impugnata e di cui, quindi, questa Corte non potrebbe in ogni caso tenere conto, dalla stessa poi ricavando la dedotta erroneità dell’inquadramento giuridico nell’ambito della disciplina degli scarichi, nella specie solo amministrativamente sanzionata, anziché in quella dei rifiuti, e della esclusione del fumus delle fattispecie codicistiche degli artt. 452 bis e 674 cod. pen..

Ed infatti il ricorso, in cui peraltro si dà atto della avvenuta individuazione da parte della p.g. di scarichi finali di entrambe le fosse costituiti da due tubi in pvc del diametro di circa cm.20 sversanti nel letto dell’attiguo torrente e affluente del fiume Pescara (v. pag. 2), ha evidenziato, in contrasto con la ricostruzione effettuata dall’ordinanza, il diverso quadro fattuale dell’assenza di un sistematico e costante svuotamento delle fosse (essendo risultate come eseguite dal 2004 al 2016 solo undici operazioni di prelievo dei reflui liquidi) ed il conseguente sversamento, pur sempre, tuttavia, tramite la tubatura esistente, nel corpo idrico recettore dei reflui ivi giacenti in attesa dello svuotamento ad opera di autobotti, ricavando in particolare tale quadro dalla descrizione effettuata nella relazione tecnica dell’lng. De Cesare tuttavia temporalmente successiva, come già anticipato, al provvedimento impugnato. Di talché le deduzioni svolte in diritto circa la- necessità che il Tribunale pervenisse a considerare l’applicabilità dell’art. 256 del d.lgs. n. 152 del 2006 e la conseguente sanzionabilità in via penale dei fatti poggiano appunto su un diverso quadro fattuale per di più in gran parte costituito da elementi sorti successivamente alla pronuncia dell’ordinanza del Tribunale.

Del resto, anche con riguardo alle censure svolte in ordine alla ritenuta insussistenza del fumus dell’art. 674 cod. pen., correttamente motivata in diritto dal Tribunale sulla base della mancanza di elementi indicativi della presenza di sostanze maleodoranti e della ubicazione delle fosse in zona isolata, il ricorso ha posto in evidenza (in particolare quanto agli effetti sui coltivatori della zona) le risultanze sempre delle non valorizzabili indagini del 06/04/2017 e si è richiamato a pronuncia di questa Corte (Sez. 3, n. 6419 del 07/11/2007, dep. 11/02/2008, Gennaro e altri) chiaramente riferita però, appunto, a fattispecie relativa a sostanze maleodoranti.

Infine, in relazione all’art. 452 bis cod. pen., proprio l’effettuazione di accertamenti svolti solo in uscita dallo scarico della fossa Imhoff e non anche a valle, trascurata dal ricorrente nella sua prospettazione, ha condotto il Tribunale a ritenere già solo a livello di fumus mancante l’elemento della compromissione e del deterioramento del fiume Pescara e del litorale necessariamente richiesto per l’integrazione del reato in oggetto dovendo anche considerarsi come questa Corte abbia precisato come tali elementi debbano consistere in un’alterazione, significativa e misurabile, della originaria consistenza della matrice ambientale o dell’ecosistema (Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017, dep. 30/03/2017, Rizzo, Rv. 269489; Sez. 3, n. 46170 del 21709/2016, dep. 03/11/2016, P.M. in proc. Simonelli, Rv. 268059).

Né è condivisibile il dedotto preteso travalicamento nel merito delle considerazioni svolte, quanto ai due reati codicistici, dal Tribunale, atteso che l’ordinanza si è invece correttamente limitata ad apprezzare elementi già di per sé indicativi, per come strutturata la stessa motivazione, della assenza, prima facie, del fumus.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del P.M..

Così deciso il 19 settembre 2017