RIFIUTI. Locazione, obbligo di bonifica e responsabilità tra curatela e proprietario non incolpevole. Consiglio di Stato n. 1725/2024.

Cons. di Stato, Sez. III, sent. n. 1725 del 21 febbraio 2024 (ud. del 7 febbraio 2024)

Pres. F.F. Franconiero, Est. Addesso

Rifiuti. Locazione ed obblighi di bonifica. Responsabilità del curatore fallimentare. Solidarietà con il proprietario non incolpevole. Art. 192 d. lgs. n. 152/2006.

Sia il proprietario locante che colui che conduce in locazione possono risultare responsabili per l’inquinamento dei suoli e il requisito della colpa postulato dall’art. 14 d.lgs. 22/1997 e dall’art. 192 d. lgs 152/2006 può consistere anche nell’omissione degli accorgimenti e delle cautele che l’ordinaria diligenza suggerisce per un’efficace custodia e protezione dell’area e per evitare l’indebito deposito di rifiuti nocivi (Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2016, n. 765; id, 17 luglio 2014, n. 3786 e 2 agosto 2018, n.4781; sez. IV, 7 giugno 2018, n.3430).

Il requisito della colpa postulato dall’art. 192, del D.Lgs. n. 152/2006, infatti, consiste oltre che nella commissione di condotte positivamente orientate all’abbandono dei rifiuti, anche nell’omissione di quei doverosi controlli che potrebbero distogliere o impedire che terzi soggetti compiano le condotte sanzionate dalla norma (Cons. Stato Sez. IV, 19/03/2021, n. 2399).

Non è revocabile in dubbio che, accanto all’affermata responsabilità del curatore del fallimento, si pone quella solidale del proprietario dell’area che discende direttamente dal già citato art. 192 d.lgs 152/2006.

 

Cons. di Stato, Sez. III, sent. n. 1725 del 21 febbraio 2024 (ud. del 7 febbraio 2024)

01725/2024 REG.PROV.COLL.

08254/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8254 del 2019, proposto da

-OMISSIS- in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Mario Petrella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Guido Blandini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sezione prima, n. -OMISSIS-, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 7 febbraio 2024 il Cons. Carmelina Addesso e udito per l’appellante l’avv. Mario Petrella;

Vista l’istanza di passaggio in decisione senza discussione della parte appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in trattazione -OMISSIS- chiede la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sezione prima, n. -OMISSIS-che ha respinto i ricorsi R.G. -OMISSIS- proposti per l’annullamento delle ordinanze del Comune di -OMISSIS- n. -OMISSIS– aventi ad oggetto, rispettivamente, l’intimazione alla rimozione e smaltimento di rifiuti abbandonati e la rimozione d’ufficio, previo acceso all’area, unitamente al pagamento delle somme occorrenti per la bonifica.

1.1 Il TAR adito respingeva, previa riunione, entrambi i ricorsi rilevando che la società ricorrente, in quanto proprietaria dell’area condotta in locazione dalla -OMISSIS-, è responsabile in solido con la locataria dell’abbandono o deposito incontrollati di rifiuti ai sensi dell’art. 192 comma 3 d.lgs 152/2006. Ad avviso del giudice la ricorrente sapeva che la sua avente causa aveva adibito l’area a deposito di rifiuti e che non disponeva dell’autorizzazione unica prescritta dall’art. 208 d.lgs n. 152/2006 per avviare detta attività sul sito condotto in locazione.

L’appellante chiede la riforma della sentenza sulla base di tre motivi di appello con cui deduce:

I) Travisamento dei fatti e conseguente Violazione e falsa applicazione dell’art.50 del D.Lvo n.267 del 18.8.2000- nonché dell’art.14 del D.Lgvo 22/97- mancata ottemperanza all’ordine del Giudice fallimentare del tribunale di -OMISSIS-;

II) Violazione e falsa applicazione dell’art.192 comma 1 del D.lgs 152/2006 e dell’art.82 del regolamento comunale di Polizia amministrativa e sicurezza urbana- falso presupposto;

III) Illegittimo mancato esame del terzo motivo del ricorso -OMISSIS- del Comune di -OMISSIS- e dei motivi del ricorso 363/2018 per vizi propri dell’ordinanza -OMISSIS-dello stesso Comune.

3. Si è costituito in giudizio il Comune di -OMISSIS- che ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi di ricorso nonché la sua infondatezza nel merito, chiedendone la reiezione.

4. All’udienza di smaltimento del 7 febbraio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. L’appello è infondato circostanza che, in applicazione del principio della c.d. ragione più liquida, quale corollario del principio di economia processuale, consente di prescindere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità proposta dal comune di -OMISSIS-.

6. Con il primo motivo di appello la ricorrente chiede la riforma della sentenza impugnata per travisamento dei fatti e per violazione degli artt. 50 d.lgs 267/2000 e 14 d.lgs 22/97, ossia per gli stessi vizi denunciati con il primo motivo del ricorso n. -OMISSIS- avverso l’ordinanza n. -OMISSIS-. Il TAR avrebbe del tutto travisato l’ordinanza del Tribunale Fallimentare di -OMISSIS-, muovendo dal falso presupposto che contenesse un espresso riconoscimento, in favore del Comune di -OMISSIS-, del diritto di regresso nei confronti del proprietario del terreno da bonificare, mentre il provvedimento individua nel comune di -OMISSIS- l’ente onerato delle operazioni di bonifica e nello stesso fallimento l’obbligato al pagamento delle relative spese, da includere nel stato passivo.

6.1 Il motivo è infondato.

6.2 Il Tribunale di -OMISSIS-, preso atto del pericolo di autocombustione dei rifiuti tessili assemblati segnalato dal curatore del fallimento della -OMISSIS- (responsabile dell’inquinamento) e rilevato che la procedura fallimentare è priva di fondi, ha sollecitato il sindaco del comune di -OMISSIS- ad adottare ai sensi degli artt. 50 d.lgs 267/2000 e 14 d.lgs 22/97 i provvedimenti opportuni per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi, precisando che il comune potrà chiedere l’insinuazione al passivo del fallimento per il recupero delle somme.

6.3 Con il provvedimento in questione il giudice delegato si è limitato, quindi, a precisare che le spese della bonifica in via d’urgenza gravano sul fallimento con conseguente diritto dell’ente di chiedere l’insinuazione al passivo fallimentare.

6.4 L’omessa previsione del diritto di rivalsa nei confronti del proprietario discende unicamente dai limiti di competenza funzionale del giudice fallimentare e non può assumere alcun significato escludente poiché la rivalsa nei confronti del proprietario colpevole trova fondamento direttamente nell’art. 192 d.lgs 152/2006 così come nel precedente art.14 d.lgs 22/1997, espressamente richiamato nelle premesse del provvedimento del Tribunale di -OMISSIS-.

6.5 Non è pertinente il richiamo, da parte del difensore dell’appellante in sede di discussione orale, alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 3/2021 poiché relativa alla diversa questione “se, a seguito della dichiarazione di fallimento, perdano giuridica rilevanza gli obblighi cui era tenuta la società fallita ai sensi dell’art. 192 d.lgs. n. 152-2006 (con la ricaduta sulla finanza pubblica e con un corrispondente vantaggio patrimoniale dei creditori della società fallita e sostanzialmente di questa), pur se il curatore fallimentare – in un’ottica di continuità – ‘gestisce’ proprio il patrimonio del bene della società fallita e ne ha la disponibilità materiale”.

6.6 Non è revocabile in dubbio che, accanto all’affermata responsabilità del curatore del fallimento, si pone quella solidale del proprietario dell’area che discende direttamente dal già citato art. 192 d.lgs 152/2006.

6.7 Deve, quindi, essere condiviso quanto osservato dal giudice di primo grado che ha rilevato come l’ordine del Tribunale fallimentare di -OMISSIS- rivolto al Comune di -OMISSIS- di provvedere in via d’urgenza alla bonifica del sito non muta il quadro delle responsabilità delineato dall’art. 192 d.lgs 152/2006 (che ha sostituito l’art. 14 del D. Lgs n. 22/97), avendo detto ordine come finalità esclusiva quella di rimuovere un pericolo imminente per la salute pubblica.

6.8 Ne discende l’infondatezza dell’assunto difensivo secondo cui “se il Giudice fallimentare avesse voluto riconoscere il diritto del Comune alla rivalsa nei confronti della società proprietaria del terreno, lo avrebbe dovuto espressamente prevedere nel dispositivo dell’ordinanza” (pag. 12 del ricorso).

6.9 Per giurisprudenza pacifica sia il proprietario locante che colui che conduce in locazione possono risultare responsabili per l’inquinamento dei suoli e il requisito della colpa postulato dall’art. 14 d.lgs. 22/1997 e dall’art. 192 d.lgs 152/2006 può consistere anche nell’omissione degli accorgimenti e delle cautele che l’ordinaria diligenza suggerisce per un’efficace custodia e protezione dell’area e per evitare l’indebito deposito di rifiuti nocivi (Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2016, n. 765; id, 17 luglio 2014, n. 3786 e 2 agosto 2018, n.4781; sez. IV, 7 giugno 2018, n.3430).

6.10 La società appellante, proprietaria dell’area condotta in locazione dalla -OMISSIS-, era certamente consapevole dell’assenza, in capo alla locataria, dell’autorizzazione allo smaltimento dei rifiuti.

6.11 Tale circostanza – non efficacemente smentita dagli assunti difensivi dell’appellante, come infra chiarito – trova riscontro nella relazione del Consorzio per lo Sviluppo Industriale di -OMISSIS- del 23.11.2007 (doc. 22 del fascicolo di primo grado del comune) da cui emerge che fin dagli anni 2003- 2004 il suddetto consorzio in più occasioni aveva informato la proprietaria della situazione di irregolarità amministrativa in cui versava la locataria, che esercitava attività di smaltimento rifiuti senza autorizzazione.

6.12 Nella suddetta relazione, peraltro, il Presidente del Consorzio aveva espressamente avvertito la -OMISSIS-che la mancata ottemperanza agli obblighi di segnalazione verso gli organismi pubblici di controllo, derivanti dalla stipula del contratto di locazione in funzione di un’attività soggetta a un regime autorizzatorio, si poneva palesemente in contrasto con la qualità di proprietario c.d “incolpevole” che l’impresa sembrava volersi attribuire al fine di negare ogni profilo di responsabilità nella vicenda.

6.13 La circostanza è confermata, come osservato dal giudice di primo grado, dal decreto di sostituzione del custode del GIP di -OMISSIS- del 11.8.2010 che indica nell’area in questione la sede di una discarica abusiva di rifiuti industriali.

6.14 Per le ragioni sopra indicate il primo motivo di appello deve essere respinto.

7. Con il secondo motivo di appello la ricorrente lamenta l’insussistenza presupposti per l’applicazione dell’art. 192 d.lgs 152/2006 e dell’art. 82 del regolamento comunale di Polizia amministrativa e sicurezza, non potendosi ad essa contestare alcuna responsabilità nell’abbandono di cui si discute. Il TAR sarebbe giunto al rigetto del ricorso sulla scorta di due falsi presupposti: l’abusivo svolgimento di attività di trattamento dei rifiuti da parte della società fallita, che invece era regolarmente autorizzata, e la piena consapevolezza di tale abuso da parte del legale rappresentante della –OMISSIS-, che è stato assolto dal Tribunale di -OMISSIS- dal reato previsto dall’art. 255, comma 3 d.lgs 152/2006 e che non è mai rientrato nel possesso dell’area oggetto di causa.

7.1 Le censure sono infondate.

7.2 Dagli atti di causa emerge che la -OMISSIS- ha effettivamente trasferito il ramo di azienda relativo all’attività di gestione dei rifiuti alla -OMISSIS-, ma che non è mai stata completata la pratica di volturazione a favore della società subentrante delle autorizzazioni necessarie per lo svolgimento dell’attività trasferita: quest’ultima, quindi, veniva abusivamente svolta dalla cessionaria nell’area concessa in locazione dalla –OMISSIS- (doc. 22 deposito primo grado comune).

7.3 L’appellante afferma che, contrariamente a quanto ritenuto dal Comune e dal TAR, la società locataria era in possesso dell’autorizzazione per l’attività di smaltimento e recupero rifiuti, ma non ha prodotto alcun documento da cui si possa evincere l’effettivo rilascio o l’avvenuta voltura dell’autorizzazione alla -OMISSIS-, non essendo sufficiente a fini probatori il solo contratto di locazione del terreno.

7.4 Non risulta provata nemmeno l’asserita non consapevolezza in capo alla ricorrente dell’attività di gestione non autorizzata poiché le circostanze invocate dall’appellante non sono sufficienti a smentire le evidenze documentali di segno contrario (tra cui, la relazione del consorzio del 23.11.2007 sopra citata).

7.5 Da un lato, infatti, la sentenza del Tribunale penale di -OMISSIS- n. 413/2019 ha assolto il rappresentante legale della -OMISSIS-dal reato previsto dall’art. 255, comma 3 d.lgs 152/2006 per non aver commesso materialmente il fatto addebitato, ossia il deposito e l’abbandono dei rifiuti nell’area, ma nulla ha statuito- in quanto profilo estraneo al capo di imputazione e del tutto sfornito di rilievo penale- in ordine alla violazione dell’obbligo di diligenza previsto dall’art. 192.

7.6 Il requisito della colpa postulato dall’art. 192, del D.Lgs. n. 152/2006, infatti, consiste oltre che nella commissione di condotte positivamente orientate all’abbandono dei rifiuti, anche nell’omissione di quei doverosi controlli che potrebbero distogliere o impedire che terzi soggetti compiano le condotte sanzionate dalla norma (Cons. Stato Sez. IV, 19/03/2021, n. 2399).

7.7 Dall’altro lato, l’area in oggetto era certamente tornata nella disponibilità della ricorrente a seguito del provvedimento datato 3 ottobre 2011 con cui il GIP del Tribunale di -OMISSIS- aveva disposto la revoca del sequestro preventivo e la restituzione del sito al legale rappresentante della –OMISSIS- (doc. 8 deposito primo grado comune).

7.8 Tale revoca era stata comunicata dalla cancelleria del G.I.P. al curatore del fallimento della “-OMISSIS-” e ai difensori delle parti, ivi compreso il difensore di fiducia del legale rappresentante della -OMISSIS-(doc. 9 della memoria di primo grado).

7.9 Alla luce delle sopra esposte considerazioni, legittimamente il comune di -OMISSIS- ha intimato alla ricorrente la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti abbandonati dalla “OMISSIS” nell’area di sua proprietà, con successiva esecuzione d’ufficio a spese della medesima.

7.10 Anche il secondo motivo di appello deve, quindi, essere respinto.

8. Con il terzo motivo di appello la ricorrente lamenta il mancato esame del terzo motivo del ricorso R.G. -OMISSIS- e dei motivi del ricorso R.G. 363/2018 relativi ai vizi propri dell’ordinanza n. -OMISSIS-relativi a: i) difetto ed inadeguatezza delle motivazioni – sviamento di potere; ii) eccesso di potere per carenza di istruttoria e per falsità dei presupposti dell’ordinanza; iii) ulteriore sviamento di potere.

8.1 Il motivo è infondato.

8.2 Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il TAR non è incorso in alcun vizio di omessa motivazione, avendo espressamente statuito sia sulle censure formulate nel terzo motivo del ricorso R.G. -OMISSIS- sia sui motivi di ricorso R.G. -OMISSIS-

8.3 La sentenza ha, sul punto, osservato che “I motivi di ricorso avverso l’ordinanza n. -OMISSIS-per illegittimità derivata dai vizi dell’ordinanza n. -OMISSIS-, censurati con il ricorso n.-OMISSIS-, sono assorbiti nel rigetto di quest’ultimo. Gli altri motivi di censura per vizi propri di detta ordinanza non consentono, quand’anche fossero accolti, di annullare il provvedimento che si fonda su capi autonomi di motivazione fra i quali resta indenne dalle censure articolate in ricorso l’accertamento dell’assoluta e imprescindibile necessità di accedere con urgenza nell’area rimuovendo un’annosa situazione di degrado ambientale che può determinare conseguenze imprevedibili per l’ambiente e la salute pubblica”.

8.4 L’appellante non articola critiche specifiche al capo della sentenza sopra riportato, limitandosi a riproporre i motivi di ricorso di primo grado.

8.5 In disparte il profilo di inammissibilità segnalato, l’infondatezza nel merito delle censure discende da quanto più sopra osservato in sede di esame del primo e del secondo motivo di appello.

8.6 Al riguardo giova ribadire che:

i) l’ordinanza n. 124/2018, così come l’ordinanza n. -OMISSIS-, sono chiaramente motivate con riferimento alla presenza di rifiuti abbandonati che la Trecciati, in qualità di proprietaria dell’area, ha l’obbligo di rimuovere ai sensi dell’art. 192 comma 3 d.lgs 152/2006;

ii) il provvedimento del Tribunale di -OMISSIS- si limita a segnalare, nei limiti della propria competenza, la situazione di pericolo ai fini dell’esercizio, da parte del sindaco, dei poteri di intervento d’urgenza di cui è titolare (art. 50 d.lgs 267/2000 e art. 14 d.lgs 22/97), disponendo che le spese gravino sulla massa fallimentare, ma non deroga –né avrebbe potuto farlo- al regime di responsabilità sancito dalle disposizioni in materia;

iii) a seguito di revoca del sequestro preventivo da parte del GIP la ricorrente è tornata nella disponibilità materiale e giuridica del terreno con conseguente obbligo di attivarsi per la rimozione dei rifiuti in ottemperanza all’ordinanza comunale. Al riguardo, irrilevante è il riferimento al sequestro probatorio operato dal Corpo Forestale dello Stato, in data 19.7.2004, poiché successivamente sostituito dal sequestro preventivo del GIP, poi revocato (cfr. relazioni della Guardia di finanza del 5.11.2009 e del 01.02.2011, doc. 5 deposito primo grado comune).

8.7 In conclusione, l’appello deve essere respinto

9. Sussistono giustificati motivi, in ragione delle circostanze concrete, per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2024, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, con l’intervento dei magistrati:

Fabio Franconiero, Presidente FF

Giovanni Sabbato, Consigliere

Carmelina Addesso, Consigliere, Estensore

Roberta Ravasio, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere

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