URBANISTICA. La piscina non è una pertinenza ma una struttura edilizia autonoma. Consiglio di Stato n. 44/2024.

Cons. di Stato, Sez. VII, sent. n. 44 del 2 gennaio 2024 (ud. del 5 dicembre 2023)

Pres. F.F. Franconiero, Est. Castorina

Urbanistica. Piscina. Natura della struttura edilizia. Esclusione di pertinenza. Art. 3 comma 1 D.P.R.n. 380/2001.

La piscina è una struttura di tipo edilizio che incide con opere invasive sul sito in cui viene realizzata, perciò configura una nuova costruzione ex art. 3, comma 1, lett. e), del DPR n. 380/2001 e non una pertinenza urbanistica del fabbricato residenziale. Tutti gli elementi strutturali concorrono al computo di volumetria dei manufatti, interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell’edificio cui accede. La piscina, infatti, non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, poiché, sul piano funzionale, non è esclusivamente complementare all’uso delle abitazioni e non costituisce una mera attrezzatura per lo svago alla stessa stregua di un dondolo o di uno scivolo installati nei giardini o nei luoghi di svago. Né può essere considerata pertinenza la realizzazione della piscina, considerato che la stessa comporta una “durevole trasformazione del territorio” la quale, sotto il profilo urbanistico, presenta una funzione autonoma rispetto a quella propria dell’edificio cui accede e per tale ragione non può coincidere con la relativa nozione civilistica. La nozione di pertinenza urbanistica è invocabile per opere di modesta entità ed accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia. Viceversa, tali non sono i manufatti che per dimensioni e funzione possiedono una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale sì da avere una potenziale attitudine ad una diversa e specifica utilizzazione.

 

Cons. di Stato, Sez. VII, sent. n. 44 del 2 gennaio 2024 (ud. del 5 dicembre 2023)

N. 00044/2024REG.PROV.COLL.

N. 06900/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6900 del 2019, proposto da
OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avvocato Bruno Bianchi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Vittoria Colonna n. 40;

contro

Comune di Delebio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Dal Molin, Gino Ambrosini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alessandro Dal Molin in Milano, via M.A. Bragadino 2;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) n. 324/2019

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Delebio;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 15 dicembre 2023 il Cons. Rosaria Maria Castorina,

Nessuno è presente per le parti;

Viste, altresì, le conclusioni delle parti come in atti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

In data 12 settembre 2014 il Comune di Delebio rilasciava all’appellante il permesso di costruire n. 10/2014 per la realizzazione di un nuovo edificio residenziale su un terreno di sua proprietà censito catastalmente al Foglio 14, mappale 31.

Successivamente all’avvio dei lavori, il 19 febbraio 2015 il ricorrente presentava una DIA in variante, prot. n.1047/2015, che prevedeva, tra l’altro, la realizzazione di una piscina scoperta pertinenziale all’edificio.

In data 16 marzo 2015 il Comune richiedeva integrazione documentale con contestuale ordine di non effettuare i lavori, prot. n. 1629/2015.

Successivamente, in data 22 maggio 2015, il tecnico incaricato dal ricorrente, presentava una seconda DIA in variante datata 21 maggio 2015, prot. n. 2939/2015; nella lettera di trasmissione delle integrazioni, si dava atto dell’esclusione della realizzazione della piscina esterna.

Il Comune, con nota del 24 agosto 2015, prot. n. 4868/2015, prendeva atto dell’esclusione della piscina dal progetto, rilevando tuttavia l’esecuzione di lavori similari. Venivano, pertanto, richiesti chiarimenti sul punto, nonché precisato che le opere pertinenziali realizzate contestualmente all’edificio principale concorrono alla quantificazione del contributo di costruzione ed alla determinazione della classe di edificio per il costo di costruzione.

Con missiva del giorno 1 settembre 2015, prot. n. 4840 del 4 settembre 2015 il ricorrente comunicava che erano state intraprese “alcune opere preliminari alla realizzazione di una piscina scoperta” consistenti in “murature interrate che fungono da sostegno dei percorsi pedonali di accesso al fabbricato e di disimpegno interno”, a suo dire necessarie a fronte dei complessi lavori di scavo effettuati per la realizzazione delle strutture dell’autorimessa interrata, e che l’arca pertinenziale dell’edificio, ivi compreso quella destinata ad ospitare la piscina, era stata colmata con terreno vegetale. Sull’assunto della mancata realizzazione di alcuna struttura assimilabile ad una piscina contestava che fosse dovuto il contributo di costruzione.

Il Comune con nota del 12 ottobre 2015, evidenziava come solo la demolizione – e non l’occultamento dell’opera – sarebbe stata idonea al venir meno dell’obbligo di maggiorata contribuzione e diffidava il ricorrente alla presentazione di formale titolo edilizio per la regolarizzazione di quanto già eseguito con contestuale avvio di un procedimento amministrativo. Seguiva, in data 16 dicembre 2015, la presentazione di SCIA nella cui relazione allegata si dava atto delle opere di muratura realizzate anteriormente all’interruzione comunicata che rimanevano interrate nell’area del giardino pertinenziale.

Con nota del 14 gennaio 2016 il Comune evidenziava che alle strutture interrate realizzate dal ricorrente non poteva attribuirsi alcuna funzione residuale e che la presenza del fondo in corrispondenza della vasca e la pavimentazione del locale tecnologico dimostravano la costruzione della piscina e dell’annesso vano alloggio e dei relativi impianti.

Il provvedimento da ultimo citato veniva impugnato unitamente al successivo provvedimento del 4 aprile 2016 con cui il Comune quantificava d’ufficio il costo di costruzione dovuto, richiedendo il pagamento di € 14.085,04, a titolo di conguaglio in aggiunta a quanto già versato in occasione del rilascio del permesso di costruire.

Nelle more del giudizio, il ricorrente presentava in data 21 aprile 2017 (prot. n. 2586) al Comune la SCIA per la realizzazione di una piscina scoperta.

In data 24 aprile 2017 la polizia locale effettuava un sopralluogo in loco nel corso del quale si riscontrava la presenza, non solo dello scavo (che, per stessa ammissione del ricorrente, era stato realizzato e mai demolito, ma solo celato), ma anche di muri di contenimento della vasca nonché il fondo della stessa, oltre alla predisposizione di alcuni impianti tecnologici. Seguiva, pertanto, l’adozione del provvedimento datato 4 maggio 2017, prot. n. 2839 del giorno 8 maggio 2017, con il quale il responsabile dello sportello unico edilizia dichiarava l’inefficacia della SCIA, in quanto priva della asseverazione del professionista ed in quanto rappresentante un intervento non coerente con lo stato di fatto, ordinando, altresì, l’immediata sospensione dei lavori.

Anche tale provvedimento è stato impugnato con autonomo ricorso (attualmente sospeso ai sensi dell’art. 80 c.p.c. in attesa della definizione del presente giudizio).

Con la sentenza in epigrafe impugnata il Tar per la Lombardia respingeva il ricorso.

Appellata ritualmente la sentenza resisteva il Comune di Delebio.

All’udienza di smaltimento del 15 dicembre 2023 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo l’appellante deduce: Erroneità della motivazione per travisamento.

Evidenzia che il primo motivo di impugnazione articolato nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado era stato giudicato infondato dal Tribunale adito, sul presupposto che nella fattispecie concreta l’appellante avrebbe utilizzato il titolo edilizio rilasciato dall’ente comunale, con la realizzazione parziale della piscina, adattata temporaneamente ad altra funzione. Sulla scorta di ciò sarebbe tenuto al versamento del contributo di costruzione, mentre nella fattispecie concreta la tipologia della struttura realizzata era tale da consentire di escludere per la stessa il carattere di costruzione, non risultando dovuti, pertanto, i relativi oneri come determinati nel censurato provvedimento comunale.

La censura non è fondata.

Condivisibilmente la sentenza appellata ha affermato che “i lavori debbono presuntivamente ritenersi realizzati sotto il titolo edilizio in quanto sono dati come compiuti nella relazione alla seconda DIA, quella della rinuncia”; e che “è quindi plausibile ritenere che il ricorrente abbia realizzato parzialmente la piscina. I fatti risultano confermati sostanzialmente anche dalla relazione del tecnico di parte in data 27 novembre 2015 (v. doc. n.13 della produzione del ricorrente) laddove si afferma che le “opere di muratura realizzate anteriormente all’interruzione comunicata, e che, come già precisato nella corrispondenza intercorsa, hanno assunto in parte la funzione residuale di sostegno dei percorsi pedonali di accesso all’edificio, ed in parte rimangono interrate nell’area del giardino pertinenziale”. Si tratta quindi della realizzazione parziale della piscina adattata poi temporaneamente ad altra funzione”.

Nella specie è stato realizzato un nuovo edificio con piscina scoperta; la eliminazione della previsione della piscina con DIA in variante è avvenuta solo nella lettera di trasmissione delle integrazioni ma non anche nella relazione tecnica allegata, con il mantenimento delle opere fino ad allora realizzate. Infatti, il ricorrente, solo dopo aver posto in essere gli scavi in corrispondenza della realizzanda piscina nonché la pavimentazione del vano alloggio dei relativi impianti ne ha chiesto lo stralcio.

Dal provvedimento impugnato emerge inequivocabilmente lo stato dei luoghi (“la presenza del fondo in corrispondenza della vasca, ovvero della pavimentazione del locale tecnologico, parimenti riscontrabile negli elaborati in questione, appalesano invece l’avvenuta costruzione della piscina e dell’annesso vano alloggio dei relativi impianti, conseguentemente attivabili con interventi di finitura. Inoltre, a prescindere dalla sua mancata rappresentazione grafica, la stessa presenza del fondo sembra altresì sottintendere l’avvenuta realizzazione, in tutto o in parte, della parete nord della vasca … come elemento di contenimento del fondo medesimo”).

La parte appellante stessa, nella nota del giorno 1 settembre 2015, afferma che “nelle more della presentazione della DIA di variante, inoltrata il 19 febbraio 2015, erano stati intrapresi alcuni lavori dell’area pertinenziale del costruendo edificio, tra i quali anche alcune opere preliminari alla realizzazione di una piscina scoperta”. Allo stralcio sopracitato, tuttavia, non è seguito il ripristino dello stato dei luoghi precedente ma, semplicemente, a detta dello stesso appellante, la copertura dello scavo con terreno vegetale. Gli accadimenti successivi alla proposizione del presente ricorso confermano quanto evidenziato.

Nell’aprile del 2017 l’appellante ha proposto una nuova SCIA, il cui provvedimento di inefficacia comunale è stato impugnato con autonomo ricorso. Nella relazione tecnica si legge che “nella realizzazione dei lavori verranno parzialmente recuperate le opere già precedentemente indicate negli elaborati delle varianti in corso d’opera sopra menzionate, in quanto originariamente intraprese per la realizzazione di una piscina ma prontamente interrotte e abbandonate nel sottosuolo o utilizzate per altre funzioni”. Nel documento c’è la palese ammissione, da parte del professionista incaricato, che la SCIA successivamente presentata recupera non meglio precisate opere già indicate negli elaborati delle varianti in corso d’opera e che in ogni caso le opere realizzate in relazione alla piscina sono abusive, in quanto poste in essere prima del perfezionamento della DIA in variante del febbraio 2015. Ciò legittima dunque la richiesta del Comune di conguaglio del contributo di costruzione in relazione alla realizzazione della piscina.

2. Con il secondo motivo di appello l’appellante deduce erronea motivazione. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, contraddittorietà.

Evidenzia che la seconda doglianza era stata respinta dall’adito Tribunale in ragione del fatto che le piscine “sono assoggettate a contribuzione dall’art. 7 del D.M. 801/77 e non sono sempre pertinenziali dal punto di vista urbanistico, ma solo a certe condizioni, di cui occorre dare la prova”, mentre la piscina privata, contrariamente a quanto affermato nell’impugnata sentenza, è sempre una pertinenza, ed in quanto tale non è soggetta a titolo abilitativo oneroso.

Il motivo non è fondato.

La piscina è una struttura di tipo edilizio che incide con opere invasive sul sito in cui viene realizzata, perciò configura una nuova costruzione ex art. 3, comma 1, lett. e), del DPR n. 380/2001 e non, come sostenuto dall’appellante, una pertinenza urbanistica del fabbricato residenziale.

Per condivisibile giurisprudenza tutti gli elementi strutturali concorrono al computo di volumetria dei manufatti, interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell’edificio cui accede. La piscina, infatti, non può essere attratta alla categoria urbanistica delle mere pertinenze, poiché, sul piano funzionale, non è esclusivamente complementare all’uso delle abitazioni e non costituisce una mera attrezzatura per lo svago alla stessa stregua di un dondolo o di uno scivolo installati nei giardini o nei luoghi di svago. Né può essere considerata pertinenza la realizzazione della piscina, considerato che la stessa comporta una “durevole trasformazione del territorio” la quale, sotto il profilo urbanistico, presenta una funzione autonoma rispetto a quella propria dell’edificio cui accede e per tale ragione non può coincidere con la relativa nozione civilistica. Al riguardo può richiamarsi quella giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. VI, 29 novembre 2019, n. 8192; id., 4 gennaio 2016, n. 19; 24 luglio 2014, n. 3952; sez. V, 12 febbraio 2013, n. 817; sez. VI, n. 100/2020) sulla nozione di pertinenza urbanistica, che questo Collegio condivide, secondo cui tale nozione “è invocabile per opere di modesta entità ed accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia. Viceversa, tali non sono i manufatti che per dimensioni e funzione possiedono una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale sì da avere una potenziale attitudine ad una diversa e specifica utilizzazione“.

L’art. 7 del D.M. 10 maggio 1977, n. 801, in materia di determinazione del costo di costruzione di nuovi edifici prevede che, in seguito alla realizzazione di una piscina coperta o scoperta quando sia a servizio di uno o più edifici comprendenti meno di 15 unità immobiliari, è previsto un incremento del costo di costruzione del 10%, pertanto il provvedimento impugnato si sottrae alla censura.

L’appello deve essere, conseguentemente, respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali che liquida in € 4.000,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2023, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, con l’intervento dei magistrati:

Fabio Franconiero, Presidente F.F.

Raffaello Sestini, Consigliere

Marco Morgantini, Consigliere

Rosaria Maria Castorina, Consigliere, Estensore

Brunella Bruno, Consigliere

Scarica in pdf il testo della sentenza: cons. di stato, sez. 7, sent. n. 44-2024