RIFIUTI. Rifiuti inerti derivanti da cava, senza screening e autorizzazione ambientale è attività di discarica abusiva. Consiglio di Stato n. 4184/2020.

Consiglio di Stato, Sez. II, sent. n. 4184 del 1° luglio 2020 (ud. del 16 giugno 2020)

Pres. Scanderbeg, Est. Lotti

Rifiuti. Rifiuti inerti derivanti da cava. Tombamento. Screening e Legge Regionale. Necessità di autorizzazione ambientale. Attività di discarica abusiva. Bonifica. Art. 242, 250 d. lgs. n. 152/2006.

La circostanza un provvedimento autorizzativo dell’attività estrattiva rilasciato dal Comune prevedesse, tra le possibili modalità di tombamento dell’area di cava, l’utilizzo di rifiuti inerti non implica che l’attività di conferimento di quei rifiuti inerti non dovesse essere autorizzata dalla Provincia, competente ad accertare la compatibilità ambientale del conferimento di quei rifiuti in quel sito; peraltro, proprio nella consapevolezza della necessità di autorizzazione alla realizzazione di una discarica di rifiuti inerti, quale modalità di ripristino di un’area di cava dismessa, l’appellante aveva richiesto l’autorizzazione che è stata negata all’esito di specifica istruttoria. E’ inoltre errato sostenere che, prima di emanare un’ordinanza per la bonifica di una discarica abusiva, il Comune avrebbe dovuto esaminare l’istanza volta ad effettuare il recupero ambientale del sito complessivamente inteso o l’istanza volta alla ricomposizione ambientale del sito estrattivo, poiché è evidente che, a fronte di una discarica abusiva, il solo recupero possibile del sito passi esiga un progetto di bonifica.

 

Consiglio di Stato, Sez. II, sent. n. 4184 del 1° luglio 2020 (ud. del 16 giugno 2020)

04184/2020REG.PROV.COLL.

04479/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4479 del 2012, proposto da
Labor S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Claudio Di Tonno, con domicilio eletto presso lo studio Maria Assunta Tucci in Roma, via Elvira Recina, 19;

contro

Comune di Casalgrande e Provincia di Reggio Emilia, in persona rispettivamente del Sindaco e del Presidente pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Paolo Coli, con domicilio eletto presso lo studio Massimo Colarizi in Roma, via Giovanni Antonelli, 49;
Arpa Distretto di Scandiano, Azienda Usl di Scandiano, Conferenza dei Servizi, Conferenza dei Rifiuti presso la Provincia di Reggio Emilia, Dirigente Servizio Tecnico Bacini Enza, Secchia e Panaro, tutti non costituiti in giudizio;

nei confronti

Unicalcestruzzi S.p.A. e Rita Nosari, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, sezione staccata di Parma (Sezione Prima) n. 00423/2011, resa tra le parti, concernente un progetto di bonifica ambientale dell’ex cava Brugnola / diniego autorizzazione gestione impianti smaltimento inerti e spandimento rifiuti sul suolo – Risarcimento dei danni.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Casalgrande e della Provincia di Reggio Emilia;

Visti tutti gli atti della causa;

Viste le brevi note depositate dalle Amministrazioni costituite in appello ai sensi dell’art. 84, comma 5, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, conv. in L. 24 aprile 2020, n. 27;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 giugno 2020 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e dati per presenti, ai sensi dell’art. 84, comma 5, D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (conv. in L. 24 aprile 2020, n. 27) gli avvocati delle parti costituite in appello.

FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, Parma, 9 dicembre 2011, n. 423 ha in parte dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione e in parte respinto i ricorsi riuniti, proposti dall’attuale parte appellante per l’annullamento:

  • quanto al ricorso n. 168/2005, dell’ordinanza n. 10 prot. n. 2084 in data 8 febbraio 2005 (a firma del Dirigente del 2° Settore / Urbanistica ed edilizia privata del Comune di Casalgrande) con cui è stato intimato alla società ricorrente di presentare un progetto di bonifica ambientale dell’area dell’ex cava Brugnola, del verbale della Conferenza provinciale in materia di smaltimento rifiuti del 21 marzo 2003, dei verbali n. 1/2005 e n. 2/2005 (in data 10 marzo 2005) di contestazione e notificazione di sanzioni amministrative da parte del Comune di Casalgrande, e – a mezzo di atto di “motivi aggiunti” depositato il 14 giugno 2011 – della deliberazione della Giunta del Comune di Casalgrande n. 32 del 28 febbraio 2011 e degli atti relativi all’escussione delle fideiussioni nei confronti di UNICAL e Nosari Rita;
  • quanto al ricorso n. 267/2007, del provvedimento prot. n. 35483.07 in data 8 maggio 2007 (a firma del Dirigente del Servizio Ambiente della Provincia di Reggio Emilia) con cui si è respinta la richiesta di autorizzazione ex art. 208 del d. lgs. n. 152/2006 alla gestione dell’impianto di smaltimento di inerti presso l’ex cava Brugnola, della nota di comunicazione di detto provvedimento e del verbale della conferenza di servizi del 9 febbraio 2007;
  • quanto al ricorso n. 72/2011, del provvedimento con cui, ai sensi dell’art. 208 del d.lgs. n. 152/2006, il Dirigente del Servizio Ambiente della Provincia di Reggio Emilia ha respinto la richiesta di autorizzazione della società ricorrente all’attività di spandimento di rifiuti sul suolo a beneficio dell’agricoltura, nonché del verbale della Conferenza rifiuti del 6 agosto 2010.

Secondo il TAR, sinteticamente:

  • la nota comunale del 22 luglio 2004, pur nella forma di un “parere sfavorevole”, esprimeva conclusioni ostative all’istanza della ricorrente, alla stregua di un atto soprassessorio interruttivo a tempo indeterminato del procedimento e con contenuto sostanzialmente reiettivo della domanda, che avrebbe dovuto dunque essere riproposta per far sorgere in capo all’ente locale l’obbligo di pronunciarsi sulla stessa;
  • non vi è illogicità o contraddittorietà nella decisione di imporre la redazione del suindicato progetto, in quanto strumento coerente con l’esigenza di ripristino dello stato dei luoghi in un’area interessata dall’abusivo conferimento di una consistente quantità di rifiuti (circa 27.500 mc.), ai sensi degli artt. 14 e 17 d. lgs. n. 22/1997 (disciplina applicabile alla fattispecie ratione temporis), mentre il suo carattere di atto dovuto esclude in simili casi un’autonoma verifica dell’interesse pubblico all’adozione del provvedimento ed esclude altresì una motivazione che non si riduca all’accertamento dei presupposti fattuali all’uopo richiesti dalla legge;
  • né rileva la circostanza per cui i rifiuti in questione (relativi alla ex cava Brugnola) riguarderebbero un unico invaso, parzialmente comune alla ex cava Nosari, e quindi atterrebbero ad un sito comunque destinato a discarica di inerti, essendo decisivo il rilievo che l’area della ex cava Brugnola era stata impiegata come discarica senza la necessaria autorizzazione provinciale e che l’attività medio tempore svolta aveva assunto il carattere dell’abusività, con le conseguenti necessarie misure di ripristino ambientale imposte dalla legge;
  • non vi erano, quindi, margini di discrezionalità dell’Amministrazione comunale circa l’an della misura, da considerarsi invero automatico effetto dello svolgimento dell’attività di smaltimento di rifiuti sine titulo, e quindi in sé carente di profili di eccesso di potere;
  • sfuggono alla giurisdizione del giudice amministrativo le questioni relative alle sanzioni amministrative pecuniarie ex art. 22, comma 2, L.R. n. 17/1991 (“Disciplina delle attività estrattive”), avendo la giurisprudenza chiarito come la cognizione delle controversie relative a dette sanzioni sia devoluta al giudice ordinario, ai sensi della L. n. 689/1981;
  • non sussiste l’incompetenza della Giunta comunale poiché la deliberazione del 28 febbraio 2011 reca il mero avvio del procedimento ex art. 250 d. lgs. n. 152/2006 e affida al Responsabile del Servizio Lavori pubblici l’attuazione delle attività necessarie, sicché a quest’ultima unità organizzativa spetterà l’adozione degli atti richiesti dalla legge;
  • l’art. 242 correla in realtà le varie tipologie di interventi al diverso livello di concentrazione dei fattori inquinanti, che assumono in ogni caso rilievo, in una prima fase, per il solo rischio potenziale di alterazione dell’ambiente;
  • pertanto, a fronte dell’inosservanza della pregressa ordinanza di predisposizione di un “progetto di bonifica ambientale”, risultava necessario avviare una verifica d’ufficio dello stato dei luoghi, anche a mezzo dell’effettuazione dell’analisi di rischio del sito, per poter poi disporre le operazioni che si sarebbero rivelate necessarie;
  • la circostanza che la ricorrente avesse già contestato in sede giurisdizionale i precedenti atti è ininfluente, essendo evidente che l’azione amministrativa non può arrestarsi in attesa della risoluzione della lite in corso;
  • nella fattispecie non emergono indicazioni significative relative all’ipotizzato perseguimento di finalità diverse da quelle istituzionali;
  • la dichiarazione di immediata eseguibilità della deliberazione giuntale ex art. 134 d. lgs. n. 267/2000 è legittima, essendo sufficiente richiamarsi a quell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui non occorre in tali situazioni una specifica motivazione, per trattarsi di apprezzamento insindacabilmente riservato alla sfera discrezionale dell’Amministrazione;
  • non costituisce motivo di illegittimità del diniego la denunciata tardività della decisione dell’Amministrazione provinciale, essendo noto che il superamento del termine fissato dalla legge per provvedere sull’istanza di un privato non rappresenta tuttavia una causa di decadenza del potere di provvedere;
  • l’addotta carenza del preavviso di rigetto ex art. 10/bis L. n. 241/1990 non porta all’annullamento dell’atto, trattandosi di atto vincolato il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, ai sensi dell’art. 21/octies L. n. 241/1990;
  • alla realizzazione della discarica si oppone la disciplina di cui all’art. 11 del P.T.C.P. – profilo di incompatibilità neppure contestato dalla ricorrente –, sicché eventuali autorizzazioni illegittimamente assentite in passato non potrebbero giustificare una nuova violazione della normativa locale, indipendentemente dalla fondatezza o meno dell’obiezione secondo cui il rilascio dell’altra autorizzazione era stato reso possibile dall’allora vigenza del regime transitorio del P.T.C.P. del 1999;
  • non si tratta di mera prosecuzione/adeguamento di un’attività di smaltimento già in essere, soggetta al procedimento semplificato di cui all’art. 210 d. lgs. n. 152/2006, stante in realtà il sostanziale e significativo ampliamento dell’area interessata dalla nuova attività di discarica, che si riconnette alla precedente solo per la contiguità del sito, ma che non può perciò sottrarsi alle prescrizioni di tutela del territorio contenute nel P.T.C.P. vigente all’epoca della presentazione dell’istanza;
  • la motivazione del diniego incentrata sulla perdurante presenza in loco dei rifiuti abusivamente depositati regge alle doglianze della ricorrente, in quanto: a) la bonifica dell’area è oggettivamente una condizione per l’avvio di una regolare attività industriale sul territorio, che va evidentemente ricondotto allo stato originario; b) la mera pendenza di controversie giudiziarie con l’Amministrazione non costituisce in sé una preclusione all’esercizio dell’attività amministrativa; c) la circostanza che della bonifica dell’area si sia da ultimo assunto l’onere l’Amministrazione comunale in sostituzione del privato inadempiente non muta il quadro fattuale e quindi non fa venir meno la necessità di un preventivo risanamento ambientale dei luoghi; d) la decisione in tal modo assunta non mira a discriminare la ricorrente, quanto piuttosto a salvaguardare il territorio interessato dalla vicenda;
  • non rileva l’esito degli accertamenti medio tempore compiuti dal giudice ordinario a proposito delle responsabilità inerenti le pregresse attività di escavazione in eccesso presso le cave di che trattasi, se quel che conta ora è l’avvenuto conferimento abusivo di rifiuti presso l’area della ex cava Brugnola e la conseguente necessità di ripristinarne lo stato dei luoghi, indipendentemente dagli addebiti ai singoli soggetti coinvolti;
  • non rileva il richiamo alla disciplina del nuovo P.T.C.P., dovendosi ribadire che la condizione per ogni ulteriore attività di smaltimento/recupero rifiuti è la bonifica dell’area.

La parte appellante contestava la sentenza del TAR, eccependone l’erroneità e riproponendo, nella sostanza, i motivi del ricorso di primo grado.

Con l’appello in esame, chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si costituivano la Provincia e il Comune appellati chiedendo la reiezione dell’appello.

All’udienza pubblica del 16 giugno 2020 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Rileva il Collegio che l’attuale appellante, acquirente della “Cava Brugnola”, era titolare di autorizzazione per la realizzazione di discarica di inerti sul terreno foglio 21 mappali 138 e 141 denominato “Cava Nosari”, finitimo al terreno foglio 21 mappale 146 denominato “Cava Brugnola”.

Con provvedimento 28.6.2003 n. prot. 52175.03 del Dirigente Servizio Politiche Ambientali della Provincia di Reggio Emilia, la Provincia ha respinto la richiesta di autorizzazione, avanzata da Labor s.r.l., “all’ampliamento della discarica per inerti esistente nella Cava Nosari sopra indicata, consistente nella realizzazione di un impianto di discarica per rifiuti inerti nella adiacente Cava Brugnola (D1 della Tab. B d.lgs. n. 22/1997), ubicata in Comune di Casalgrande in via dell’Argine”.

Secondo l’Ente Provinciale, la modifica che l’attuale appellante intendeva apportare al progetto approvato, e cioè l’ampliamento della Cava Nosari con la realizzazione di un impianto di discarica per inerti nella Cava Brugnola, presuppone l’attivazione della fase di screening ai sensi della L.R. n. 9/99, in quanto con l’ampliamento si verrà a realizzare una discarica per inerti con un volume maggiore di 100.000 mc., ma l’appellante non ha attivato la fase di screening ai sensi della predetta L.R. 9/99.

Pertanto, preso anche atto del parere sfavorevole al rilascio della autorizzazione espresso dalla Conferenza Rifiuti nella seduta del 21.3.2003, la Provincia non ha autorizzato il progetto in esame.

2. Il parere sfavorevole al rilascio della autorizzazione, espresso dalla Conferenza Rifiuti nella seduta del 21.3.2003, evidenziava, in sintesi che:

– l’appellante ditta Labor, alla data di rilascio della autorizzazione ex art. 27, non aveva titolo di proprietà o disponibilità della Cava Brugnola, pertanto la stessa Ditta non poteva richiedere l’autorizzazione per lo smaltimento dei rifiuti;

– la Ditta Labor ha smaltito rifiuti nella Cava Brugnola senza autorizzazione;

– nella relazione tecnica al progetto presentato la ditta proponente afferma di aver riempito con terre da scavo una parte della discarica autorzzata, precedentemente all’abbandono dei rifiuti, ma tale circostanza non è mai emersa nel corso dell’istruttoria conclusasi con il rilascio dell’autorizzazione;

– la modifica che la ditta intende apportare al progetto approvato, e cioè l’ampliamento della Cava Nosari con la Cava Brugnola, presuppone l’attivazione della fase di screening ai sensi della L.R. n. 9/1999, in quanto con l’ampliamento si verrà a realizzare una discarica per inerti con un volume maggiore di 100.000 mc.;

– il Comune di Casalgrande ha conferma che dagli atti presentati non risulta un passaggio di proprietà né assenso di disponibilità della Cava Brugnola alla Ditta Labor e che non è stata rilasciata nessuna autorizzazione alla escavazione oltre i meno 12 m. dal piano campagna.

In attuazione di quanto disposto dalla Conferenza provinciale per i rifiuti, con atto in data 19.9.2003, prot. 12278 il Comune di Casalgrande dava comunicazione all’attuale appellante, Labor s.r.l., dell’avvio del procedimento inerente gli accertamenti sulla attività di smaltimento rifiuti in discarica in assenza di autorizzazione svolta presso il sito “Cava Brugnola” e, contestualmente, il Comune dava avviso dell’avvio del procedimento volto a verificare l’esecuzione di attività di escavazione in assenza di autorizzazione presso il sito “Cava Nosari”, accertando la qualità dei materiali collocati a profondità inferiore a 12 metri dal piano di campagna originario.

3. Con atto ricevuto dal Comune in data 9.7.2004 n. prot. 10115, in atti, il tecnico incaricato dal Comune accertava che la “Cava Brugnola”, individuata al foglio catastale n 21, mappale n 146, era stata in parte tombata con rifiuti (classificati a seguito delle analisi di A.R.P.A. come inerti) senza autorizzazione anche oltre i 12 m di profondità dal piano di campagna originario per un volume di 27.500 mc.

All’esito delle attività istruttorie, il Responsabile del Settore Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Casalgrande emanava ordinanza n. 10 prot. 2084 dell’8 febbraio 2005 con cui si disponeva che l’appellante provvedesse alla presentazione di un progetto di bonifica ambientale, al fine di perseguire il ripristino dei luoghi sulle aree ex Cava Brugnola in adiacenza con la ex Cava Nosari) …”.

4. In data 26.05.2010 l’appellante Labor srl presentava alla Provincia di Reggio Emilia domanda ai sensi dell’articolo 208 d.lgs. n. 152/2006 “per la gestione dell’impianto ove eseguire la operazione: / R10 Spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia; / di rifiuti speciali non pericolosi; da eseguirsi a Casalgrande in Via dell’Argine (loc. Villalunga) – Ex Cava Brugnola”.

La domanda veniva esaminata in Conferenza di Servizi in data 6 agosto 2010 che si esprimeva con parere negativo al rilascio della autorizzazione richiesta, poiché non sussistevano i presupposti:

  • la Ditta Labor srl non ha ottemperato a quanto previsto dalla citata ordinanza n. 10, tuttora vigente, non avendo presentato, nei termini prescritti, il progetto di bonifica ambientale della ex Cava Brugnola;

– sono già state escusse dal Comune di Casalgrande le garanzie finanziarie prestate per la coltivazione della stessa ex Cava, al fine di agire in sostituzione della Labor srl, predisponendo e realizzando il progetto di bonifica ambientale previsto dalla citata ordinanza n. 10: pertanto il sito della ex Cava Brugnola non risultava più disponibile per attività di gestione di rifiuti.

5. Si può prescindere dall’eccezione di inammissibilità dell’appello per carenza di specificità dei motivi di impugnazione, formulata dal Comune appellato, stante l’infondatezza nel merito dell’appello.

6. E’ inammissibile il motivo nuovo, mai trattato dall’attuale appellante nel ricorso di primo grado, volto a contestare la natura di rifiuto del materiale conferito in una discarica non autorizzata.

Detto motivo è, peraltro, anche infondato, atteso che l’appellante ha richiesto un’autorizzazione all’ampliamento di una discarica autorizzata nella ex Cava Nosari per estenderla nella ex Cava Brugnola, alla prima adiacente e, benché l’autorizzazione fosse stata negata dalla Amministrazione, l’appellante ha ugualmente scaricato rifiuti non pericolosi nella ex Cava Brugnola, trasformandola in una discarica non autorizzata, a prescindere, dunque, dalla natura del rifiuto conferito in discarica.

7. La circostanza che il provvedimento autorizzativo dell’attività estrattiva rilasciato dal Comune prevedesse, tra le possibili modalità di tombamento dell’area di cava, l’utilizzo di rifiuti inerti non implica che l’attività di conferimento di quei rifiuti inerti non dovesse essere autorizzata dalla Provincia, competente ad accertare la compatibilità ambientale del conferimento di quei rifiuti in quel sito; peraltro, proprio nella consapevolezza della necessità di autorizzazione alla realizzazione di una discarica di rifiuti inerti, quale modalità di ripristino di un’area di cava dismessa, l’appellante ha richiesto l’autorizzazione che è stata negata all’esito di specifica istruttoria, sopra sintetizzata.

8. Parte appellante sostiene che, prima di emanare un’ordinanza per la bonifica di una discarica abusiva, il Comune avrebbe dovuto esaminare l’istanza volta ad effettuare il recupero ambientale del sito complessivamente inteso (ex Cava Nosari e Brugnola) o l’istanza volta alla ricomposizione ambientale del sito estrattivo

E’ evidente, tuttavia, che, a fronte di una discarica abusiva, il solo recupero possibile del sito passi esiga un progetto di bonifica che il Comune ha ordinato di presentare e che l’appellante non ha presentato.

Come ha osservato correttamente il TAR, la nota comunale del 22 luglio 2004, pur nella forma di un “parere sfavorevole”, esprimeva conclusioni ostative all’istanza della ricorrente, con contenuto sostanzialmente reiettivo della domanda, che avrebbe dovuto dunque essere riproposta per far sorgere in capo all’ente locale l’obbligo di pronunciarsi sulla stessa.

La decisione di imporre la redazione del suindicato progetto è coerente con la situazione di fatto sopra descritta, in quanto strumento adeguato rispetto all’esigenza di ripristino dello stato dei luoghi in un’area interessata dall’abusivo conferimento di una consistente quantità di rifiuti (circa 27.500 mc), ai sensi degli artt. 14 e 17 d. lgs. n. 22/1997 (disciplina applicabile alla fattispecie ratione temporis), mentre il suo carattere di atto dovuto esclude in simili casi un’autonoma verifica dell’interesse pubblico all’adozione del provvedimento ed esclude altresì una motivazione che non si riduca all’accertamento dei presupposti fatturali all’uopo richiesti dalla legge.

9. Parte appellante ritiene che non trovino applicazione le disposizioni contenute negli artt. 242 e 250 d. lgs. 152/2006, nel testo all’epoca vigente in quanto una discarica abusiva di inerti evidenzierebbe “la mancanza del benché minimo inquinamento” e, dunque, l’Amministrazione non avrebbe potuto legittimamente intervenire per rimuovere il rifiuto né per eseguire gli opportuni accertamenti preliminari (caratterizzazione) funzionali ad individuare le corrette modalità di bonifica.

E’ evidente l’erroneità di tale prospettazione, in quanto la discarica abusiva deve essere bonificata e l’attività di bonifica presuppone un’adeguata caratterizzazione del sito, a fronte dell’inottemperanza dell’appellante all’ordinanza che imponeva la presentazione di un progetto di bonifica ambientale, non rilevandosi alcun aggravamento del procedimento.

10. L’art. 32 del PTCP 1999 della Provincia di Reggio Emilia, disponeva che: “1. I Comuni sono tenuti ad adeguare la propria strumentazione urbanistica alle disposizioni del presente Piano entro cinque anni dalla data della sua entrata in vigore. 2. Sono confermate dal presente Piano le disposizioni di cui all’art. 37, secondo comma, delle norme del PTPR, approvato con deliberazione del Consiglio Regionale n. 1338 del 28 gennaio 1993. 3. Fino all’adeguamento di cui al primo comma o comunque per non più di cinque anni dalla data di entrata in vigore del Presente Piano, nelle zone di cui ai precedenti articoli 11, 13 e 16 introdotte in aumento o in variazione rispetto a quelle del Piano territoriale Paesistico Regionale vigente relativamente agli articoli 17, 19 e 21, sono comunque fatte salve le previsioni contenute negli strumenti urbanistici comunali vigenti alla data di entrata in vigore del presente Piano territoriale di Coordinamento Provinciale… 5. Sono altresì fatte salve le previsioni specificamente individuate nelle tavole di zonizzazione dei piani provinciali vigenti, sempre alla data di entrata in vigore del presente piano”.

Anche il PIAE e il PAE vigenti all’epoca dell’entrata in vigore del PTCP 1999 prevedevano la possibilità di autorizzare discariche di inerti negli ambiti estrattivi esauriti.

Conseguentemente, la discarica sulla cava Nosari venne autorizzata utilizzando la disciplina transitoria del PTCP 1999, disciplina transitoria che ha esaurito la propria efficacia il 25.5.2004.

Per il periodo successivo ha trovato applicazione il disposto dell’articolo 11 del PTCP “Zone di tutela dei caratteri ambientali di luoghi, invasi e corsi d’acqua”, norma che non consente in alcun modo né la autorizzazione né la realizzazione di discariche di rifiuti.

Inoltre, sotto il profilo procedimentale, è condivisibile la conclusione del TAR secondo cui non rileva l’addotta carenza del preavviso di rigetto ex art. 10/bis L. n. 241/1990, trattandosi di atto vincolato il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, ai sensi dell’art. 21/octies.

Peraltro, esattamente il TAR osserva che eventuali autorizzazioni illegittimamente assentite in passato non potrebbero giustificare una nuova violazione della normativa locale, in linea con il costante orientamento giurisprudenziale per cui, rispetto ad un’attività vincolata, non è configurabile il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà (v., ex multis, Consiglio di Stato, Sez, V, 16 marzo 2011, n. 1623).

Una discarica di rifiuti non può essere autorizzata nelle zone di cui all’articolo 11 del PTCP 1999, e questo supera ogni rilievo di ipotizzata contraddittorietà.

Peraltro, è evidente che non è possibile autorizzare un’attività di recupero di rifiuti sulla superficie di un’area inquinata in profondità e che deve essere bonificata attraverso la asportazione dei rifiuti illecitamente depositati nel sottosuolo, come nel caso di specie.

Né sussiste alcun difetto di coordinamento tra Provincia e Comune, atteso che il Comune ha ordinato la presentazione di un progetto di bonifica e l’attuale appellante non lo ha presentato e ha richiesto di essere autorizzata ad eseguire sull’area della discarica abusiva, da bonificare, l’attività “R 10 Spandimento sul suolo, a beneficio dell’agricoltura e dell’ecologia, di rifiuti speciale”, attività che nulla ha a che vedere con la bonifica della discarica abusiva e che non può essere evidentemente autorizzata su un sito da bonificare e non ancora bonificato, non essendovi alcuna identità tra attività R 10 e bonifica di una discarica non autorizzata.

11. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.

Le spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio in favore del Comune e della Provincia appellati, spese che liquida in euro 3.500,00, oltre accessori di legge, per ciascuno.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2020 convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:

Giulio Castriota Scanderbeg, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere, Estensore

Giovanni Sabbato, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere

Francesco Guarracino, Consigliere

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