RIFIUTI. L’imputabilità soggettiva ai fini dell’ordinanza di rimozione ex art. 192 d. lgs. n. 152/2006 non ammette eccezioni. T.A.R. Piemonte n. 712/2020.

T.A.R. Piemonte, Sez. I, sent. n. 712 del 12 novembre 2020 (ud. del 28 ottobre 2020)

Rifiuti. Ordinanza di rimozione dei rifiuti ex art. 192 d. lgs. n. 152/2006. Imputabilità soggettiva.

Dalla piana esegesi del dato letterale si evince l’indefettibile imputabilità soggettiva dell’illecito ambientale di cui all’art. 192 d. lgs. 152/2006, in linea con il sistema normativo sanzionatorio in materia ambientale ispirato a rigorosa tipicità delle fattispecie illecite, nel senso che per essere ritenuti responsabili della violazione dalla quale è scaturita la situazione di inquinamento, occorre quantomeno la colpa. Siffatta ermeneutica è confortata dalla costante giurisprudenza amministrativa per cui tale regola di imputabilità a titolo di dolo o colpa non ammette eccezioni, anche in relazione ad un’eventuale responsabilità solidale del proprietario dell’area ove si è verificato l’abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. I, 20 giugno 2020, n. 400; T.A.R. Napoli, (Campania) sez. V, 13/12/2019, n.5938; T.A.R. Napoli, (Campania) sez. V, 18/04/2017, n.2082).

T.A.R. Piemonte, Sez. I, sent. n. 712 del 12 novembre 2020 (ud. del 28 ottobre 2020)

N. 00712/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01105/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1105 del 2019, proposto da
Magliola Real Estate S.r.l. in Concordato Preventivo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Teodosio Pafundi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Torino, corso Re Umberto, 27;

contro

Comune di Santhià, A.R.P.A. – Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Piemonte e Provincia di Vercelli, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

-a) dell’ordinanza 30.9.2019, n. 117 (notificata in pari data), con la quale il Sindaco del Comune di Santhià ha ordinato al Fallimento I.F.I. s.r.l. ed alla società ricorrente, in concordato preventivo – ai sensi del d. lgs. n. 152/2006 e del d. lgs. 267/2000 – “… 1) di provvedere all’immediata messa in sicurezza dei bidoni contenenti oli, stoccati nell’area censita al Catasto Terreni al foglio 44 mappale n. 26 di proprietà della Magliola Real Estate s.r.l., in quanto aperti e pertanto esposti alle acque meteoriche, con possibile rischio di contaminazione dell’area circostante; 2) di presentare entro e non oltre 30 giorni dalla data di notifica della presente un piano per la rimozione dei predetti rifiuti, nel quale siano indicati i seguenti elementi: – la tipologia e le classificazioni (attribuzione dei codici CER) dei rifiuti posti sotto sequestro ovvero la necessità di procedere a campionamento ed analisi per la caratterizzazione degli stessi; – la quantificazione indicativa per la tipologia dei rifiuti sequestrati, un cronoprogramma per lo smaltimento; 3) di eseguire le indagini preliminari previste dall’art. 242 comma 2 del d. lgs. 15272006. Le indagini devono verificare l’eventuale superamento delle concentrazioni di soglie di contaminazione (CSC) di cui all’allegato 5 del titolo V parte IV del d. lgs. 152/2006. Tali indagini devono essere precedute dalla comunicazione di evento potenzialmente contaminante di cui al comma 1 del citato articolo”;

-b) di ogni altro provvedimento presupposto, preparatorio, connesso o consequenziale, ivi compresa la nota 16.9.2019, n. 16379, della Provincia di Vercelli – Nucleo Ambientale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2020 il dott. Angelo Roberto Cerroni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La società Magliola Real Estate s.r.l. risulta proprietaria di un vasto compendio immobiliare di circa 170.435 mq. ubicato in Santhià, via 2 Giugno s.n.c., costituente un complesso industriale un tempo adibito all’attività di realizzazione e riparazione di veicoli ferroviari. Il compendio risulta composto, nell’area nord, da quattro tettoie e da quattro capannoni adibiti alla riparazione/manutenzione di veicoli ferroviari, oltre a magazzini, locale tecnico con cabina elettrica, centrale termica e palazzina uffici e, nell’area sud, da tre capannoni di vaste dimensioni, adibiti in passato alla riparazione/manutenzione di veicoli ferroviari, alla sabbiatura e coloritura degli stessi ed alla decoibentazione, oltre che da due tettoie e da una cabina per la produzione di energia elettrica.

2. Originariamente l’intero complesso immobiliare era stato concesso in godimento alla società Iniziative Ferroviarie Italiane – I.F.I. s.r.l. in forza di un contratto di locazione ad uso commerciale stipulato in data 30 settembre 2013 allo scopo dello svolgimento dell’attività di riparazione, manutenzione e produzione di veicoli ferroviari, attività produttive elettive della società conduttrice.

3. Successivamente, con atto di transazione novativa del 16 aprile 2016, l’area concessa in locazione è stata limitata ai soli immobili posti nella cd. area nord a partire dal 1° gennaio 2016, fissando un canone locatizio in misura crescente fino alla scadenza contrattuale. L’atto transattivo confermava le restanti pattuizioni tra cui l’art. 5 (rubricato “Responsabilità del conduttore”) per cui “il conduttore si obbliga […] gli eventuali necessari lavori di adeguamento che si rendessero necessari per renderlo idoneo allo svolgimento e/o alla prosecuzione dell’attività” e l’art. 11 (rubricato “Custodia della cosa locata”) per cui “il conduttore sarà costituito custode della cosa locata e dovrà mantenerla con la diligenza del buon padre di famiglia obbligandosi, in ogni caso, ad usare della cosa locata per sé, dipendenti, fornitori e clienti, con la massima diligenza, in ossequio al decoro del fabbricato ed alla tranquillità dei confinanti. Il Conduttore si obbliga per sé e i suoi dipendenti a non compiere atti e a non tenere comportamenti che possano recare molestia ai vicini e comunque ad osservare le norme di buon vicinato. Il Conduttore esonera espressamente il Locatore da ogni responsabilità, né avrà diritto ad indennizzo, compenso o scomputo per danni diretti o indiretti che potessero derivargli dal fatto o omissioni di terzi in genere, obbligandosi ad agire ad ogni effetto esclusivamente contro gli autori del danno derivante anche da scassi, rotture, manomissioni, tentativi di furto, ecc.”.

4. La società I.F.I. accumulava un consistente arretrato nel pagamento dei canoni convenuti sicché la società proprietaria del plesso, odierna ricorrente, agiva dapprima in via monitoria dipoi instava per la dichiarazione di fallimento della società debitrice morosa. Conseguentemente, il Tribunale di Vercelli, con sentenza del 22 luglio 2019 dichiarava il fallimento di I.F.I. s.r.l. rilevando l’assoluta impossibilità della debitrice di adempiere alle obbligazioni con mezzi ordinari in ragione “della strutturale inadeguatezza finanziaria e patrimoniale, dall’ingente ammontare dei debiti, dalla mancanza di liquidità, dalla pluralità di inadempimenti anche di debiti di modesto importo, dall’incapacità di pagare e/o di pagare alle scadenze pattuite i debiti correnti, dalle gravi perdite di bilancio e dal patrimonio netto negativo”.

5. Nel medesimo periodo, a seguito di esposti da parte di cittadini segnalanti una situazione di abbandono incontrollato di ingenti quantità di rifiuti speciali nell’area in oggetto, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Vercelli ha disposto in data 15 maggio 2019 il sequestro probatorio ex art. 253 c.p.p. dell’area individuata come “perimetro aziendale sito presso la sede di Iniziative Ferroviarie Italiane s.r.l.” in relazione all’ipotesi di reato prevista e punita dall’art. 256, comma 3 d. lgs. 152/2006 per il deposito nella predetta area di un “ingente cumulo di rifiuti speciali costituito da ferro, plastica, cartone, guarnizioni in gomma, pannelli fonoassorbenti, computer, batteria dei treni e scarti di olii e vernici”. In esecuzione del provvedimento, la polizia giudiziaria delegata procedeva alla notifica brevi manu del provvedimento ad impiegato presente in sede dell’I.F.I., individuata quale soggetto che aveva “l’attuale disponibilità dei beni da sottoporre a sequestro”. Gli Ufficiali di polizia giudiziaria individuavano l’area da sottoporre a sequestro e verbalizzavano che essa consiste di area pavimentata in calcestruzzo con annesso capannone, per una superficie totale di stimati 2.000 mq circa sulla quale insistono a cielo aperto cumuli di rifiuti speciali pericolosi e non costituiti da scarti di vernici, olii, vetri, materiale plastico, materiale ferroso, materiale insonorizzante, elementi di impianti elettrici dei convogli ferroviari, altri rifiuti misti indifferenziati. I poteri di custodia del sito erano affidati ad impiegato della ditta presente in loco, con riserva di successivo trasferimento dell’incarico di custodia ad altro soggetto rivestente incarichi di responsabilità nella società appena possibile.

6. Successivamente, nel mese di agosto 2019, funzionari dell’ARPA Piemonte e del Nucleo ambientale della Polizia provinciale di Vercelli effettuavano un sopralluogo sul sito da cui emergeva una criticità ambientale poiché “nonostante lo stoccaggio sia interamente su una platea di cemento, il grande quantitativo di sostanze liquide pericolose e la presenza di bidoni da 200 litri, contenenti olii, aperti e quindi esposti alle acque meteoriche, suggerisce quantomeno di mettere al più presto i rifiuti in sicurezza”. In esito al sopralluogo venivano notiziato il Comune di Santhià per l’esercizio delle prerogative di competenza ai sensi dell’art. 192, comma 3 d. lgs. 152/2006.

7. Di conseguenza, il Comune ha adottato l’ordinanza n. 117/2019 in materia di sanità pubblica per criticità-igienico-ambientali causate dalla presenza di rifiuti intimando sia a I.F.I. s.r.l. sia alla società ricorrente di provvedere alla immediata messa in sicurezza dei bidoni contenenti olii, stoccati nell’area di proprietà Magliola Real Estate s.r.l., in quanto aperti e esposti alle acque meteoriche, con possibile rischio di contaminazione dell’area circostante, ordinando, altresì, la presentazione di un piano per la rimozione dei suddetti rifiuti con indicazione di tipologia e classificazioni, quantificazione indicativa e cronoprogramma per lo smaltimento, nonché l’esecuzione delle indagini preliminari volte a verificare l’eventuale superamento delle concentrazioni di soglie di contaminazione.

8. La società ricorrente avversa il prefato provvedimento sindacale affidando l’impugnazione a due motivi di ricorso. La prima censura stigmatizza la violazione dell’art. 192 d. lgs. 152/2006, il difetto di istruttoria e l’insufficienza della motivazione in cui sarebbe incorso il Sindaco nell’estendere gli obblighi di rimozione dei rifiuti e ripristino del sito alla società proprietaria del sito in difetto di una sua comprovata compartecipazione all’illecito, come sarebbe invece richiesto dalla norma primaria laddove sancisce la responsabilità “in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo”. La ricorrente stigmatizza, altresì, l’insussistenza dei presupposti per l’imposizione, in via alternativa, delle misure di prevenzione di cui all’art. 245 d. lgs. 152/2006 sul rilievo della carenza di elementi istruttori che comprovino il superamento delle concentrazioni-soglia di contaminazione delle matrici ambientali.

9. Il secondo profilo di censure mira a denunciare la violazione dell’art. 50, comma 5 d. lgs. 267/2000, lamentando l’insussistenza dei presupposti legittimanti, nell’alternativa e denegata ipotesi che il provvedimento sia riconducibile nell’alveo delle ordinanze contingibili e urgenti adottate dal Sindaco quale rappresentante della comunità locale in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana.

10. L’Amministrazione non risulta essersi costituita in giudizio.

11. All’udienza pubblica del 28 ottobre 2020 la causa è trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Viene all’esame della Sezione il ricorso avverso un’ordinanza contingibile e urgente del Comune di Santhià con cui l’amministrazione intima al conduttore e alla società proprietaria, odierna ricorrente, di un compendio immobiliare la rimozione dei rifiuti ivi depositati ad opera del conduttore in ragione di una ravvisata criticità ambientale legata alle concrete modalità dello stoccaggio degli stessi.

2. In via preliminare, occorre delucidare la natura giuridica del provvedimento impugnato onde circoscrivere la portata delle censure da scrutinare: orbene, ad avviso del Collegio non possono nutrirsi ragionevoli dubbi circa la riconducibilità dell’ordinanza de qua al novero dei provvedimenti sindacali adottati nell’esercizio dei poteri conferiti dall’art. 192, comma 3 d.lgs. 152/2006. Militano in favore di tale tesi ricostruttiva l’espressa richiesta rivolta dalla Provincia di Vercelli – nucleo ambientale al Sindaco di Santhià per l’avvio del procedimento per emanazione di ordinanza sindacale per rimozione di rifiuti ai sensi della prefata disciplina, nonché i richiami normativi e istruttori del provvedimento stesso che rimandano chiaramente alla sussistenza di una situazione di criticità ambientale derivante da un deposito incontrollato di rifiuti. Per tali assorbenti considerazioni saranno scrutinate le sole censure principali con cui il ricorrente attinge l’ordinanza contestata.

3. A tal riguardo, giova richiamare succintamente la cornice normativa di riferimento in materia rappresentata dall’art. 192 del d.lgs. 152/2006, disposizione a tenore della quale, premesso un generale divieto di abbandono e deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo, il contravventore di siffatto divieto “è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo”. La disciplina viene, poi, completata dal secondo periodo del comma 3 della medesima disposizione per cui “il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.

4. Dalla piana esegesi del dato letterale si evince l’indefettibile imputabilità soggettiva dell’illecito ambientale di cui all’art. 192 d.lgs. 152/2006, in linea con il sistema normativo sanzionatorio in materia ambientale ispirato a rigorosa tipicità delle fattispecie illecite, nel senso che per essere ritenuti responsabili della violazione dalla quale è scaturita la situazione di inquinamento, occorre quantomeno la colpa. Siffatta ermeneutica è confortata dalla costante giurisprudenza amministrativa per cui tale regola di imputabilità a titolo di dolo o colpa non ammette eccezioni, anche in relazione ad un’eventuale responsabilità solidale del proprietario dell’area ove si è verificato l’abbandono e il deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. I, 20 giugno 2020, n. 400; T.A.R. Napoli, (Campania) sez. V, 13/12/2019, n.5938; T.A.R. Napoli, (Campania) sez. V, 18/04/2017, n.2082).

5. Come sunteggiato in narrativa, con il primo mezzo di impugnazione la società ricorrente lamenta, in buona sostanza, che il Comune avrebbe illegittimamente esteso alla stessa gli obblighi di rimozione e ripristino del sito allo status quo ante senza alcuna istruttoria né motivazione circa l’ascrivibilità soggettiva delle condotte violative del divieto di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo.

6. Il motivo di ricorso è assorbente e fondato per le ragioni che si illustrano dappresso.

7. Le pattuizioni negoziali in virtù delle quali l’area nord è stata, da ultimo in forza della transazione novativa, concessa in godimento dall’odierna ricorrente alla I.F.I. s.r.l. esprimono limpidamente un chiaro assetto degli obblighi di custodia in capo alla società conduttrice: segnatamente, l’art. 11 del contratto di locazione del 2013, poi confermato dalla transazione novativa, sancisce inequivocabilmente che “il conduttore sarà costituito custode della cosa locata e dovrà mantenerla con la diligenza del buon padre di famiglia obbligandosi, in ogni caso, ad usare della cosa locata per sé, dipendenti, fornitori e clienti, con la massima diligenza, in ossequio al decoro del fabbricato ed alla tranquillità dei confinanti. Il Conduttore si obbliga per sé e i suoi dipendenti a non compiere atti e a non tenere comportamenti che possano recare molestia ai vicini e comunque ad osservare le norme di buon vicinato”. Il regolamento negoziale deve essere letto, poi, in modo combinato con la disciplina codicistica che, integrandone i contenuti, attribuisce al locatore solo un diritto di controllo sancito in via generale dalla disciplina codicistica in tema di affitto di cose produttive all’art. 1619 cod. civ.. Sicché, la posizione della società proprietaria non era certo apparentabile a quella del custode della res – con la correlata inversione dell’onere della prova – bensì appare riconducibile ad una più ampia e generica posizione di controllo, previsto dall’ordinamento nell’interesse di tutela delle ragioni dominicali.

8. Non appare, pervero, predicabile tantomeno una generica culpa in vigilando di tipo omissivo in ragione del mancato impedimento o segnalazione del deposito non autorizzato di rifiuti presso il sito in parola. Orbene, l’assunto per cui il dominus di un fondo o di un fabbricato sia gravato da un dovere di diligenza che si declina in obblighi di vigilanza e custodia sulla res quale espressione del generalissimo dovere di neminem laedere è in tesi meritevole di condivisione e va ribadito alla luce del regime rafforzato di responsabilità sancito dalla disciplina codicistica in tema di responsabilità da cose in custodia (art. 2051 cod. civ.) e da rovina di edificio (art. 2053 cod. civ.). Senonché, tale assunto opera in modo rigoroso laddove la res versi in stato di abbandono o sia comunque nel pieno ed esclusivo godimento del proprietario: tale non è il caso in esame. Come illustrato dianzi, la valida concessione in godimento del complesso industriale limita inter partes i poteri di custodia e vigilanza del proprietario affievolendoli al diritto di controllo che facoltizza il locatore “ad accertare in ogni tempo, anche con accesso in luogo, se l’affittuario osserva gli obblighi che gli incombono” (art. 1619 cod. civ.); per converso, il vero obbligo di custodia è predicabile in capo al conduttore, con il conseguente minor rigore richiesto in sede probatoria per la responsabilità contrattuale. Ebbene, pur volendo ammettere la persistenza di una variante differenziata di controllo sulla cosa locata a carico della società proprietaria, non ricorrono nella fattispecie concreta – in quanto non sono introdotte in sede istruttoria dall’Amministrazione, né dedotte in giudizio – circostanze sintomatiche tali per cui si potesse onerare il dominus dell’obbligo di ispezione e verifica in loco: in altre parole, non era ragionevolmente formulabile un giudizio di prevedibilità ex ante dell’evento, indi non si ravvisano i presupposti minimi per estendere l’imputabilità a titolo di colpa in capo alla società ricorrente.

9. Dalla disamina complessiva della trama di diritti e obblighi di fonte normo-contrattuale non appare predicabile nel caso di specie un giudizio di rimproverabilità alla società ricorrente né a titolo di dolo, né a titolo di colpa, quale coefficiente soggettivo di spessore normativo consistente nella prevedibilità ed evitabilità dell’evento lesivo da parte dell’homo eiusdem condicionis ac professionis: l’istruttoria svolta dal Comune ha mancato, infatti, di approfondire i profili di imputabilità soggettiva delle condotte alla società proprietaria, trascurando anche le risultanze istruttorie dei verbali di sopralluogo del concomitante procedimento penale, da cui si evince che appare essere nella disponibilità giuridica dei beni sottoposti a sequestro probatorio la sola società conduttrice I.F.I. s.r.l..

10. Considerazioni della medesima indole devono essere rassegnate con riferimento all’ultimo capo dispositivo del provvedimento che impone alle due società intimate l’esecuzione delle indagini preliminari di cui all’art. 242, comma 2 d.lgs. 152/2006 volte alla verifica del superamento delle concentrazioni-soglia di contaminazione: la littera legis, come interpretata da pacifica giurisprudenza, individua nel “responsabile dell’inquinamento” il soggetto chiamato a farsi carico dell’implementazione delle misure di prevenzione. Orbene, come già visto dianzi e in via ancor più persuasiva, l’Amministrazione comunale non ha addotto alcun elemento a sostegno della riconducibilità quantomeno a titolo di colpa delle condotte contestate, indi appare destituito di qualsivoglia fondamento fattuale l’assunzione sottesa che la società proprietaria possa essere accomunata alla I.F.I. s.r.l. quale responsabile dell’inquinamento, indi destinataria di tutti i conseguenti obblighi di cui all’art. 242 d.lgs. 152/2006.

11. Alla luce delle considerazioni che precedono, il provvedimento deve ritenersi viziato da difetto di istruttoria e carenza di motivazione in ordine alla imputabilità soggettiva delle condotte contestate alla società proprietaria ricorrente e deve essere annullato nella parte in cui estende ad essa gli obblighi di rimozione e ripristino, di presentazione di un piano e di esecuzione delle indagini preliminari ex art. 242 d.lgs. 152/2006 in quanto mera proprietaria dell’area ove è avvenuto il deposito abusivo di rifiuti.

12. Tanto premesso, il ricorso deve essere accolto nei termini sovra-precisati.

13. Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato come da motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:

Vincenzo Salamone, Presidente

Savio Picone, Consigliere

Angelo Roberto Cerroni, Referendario, Estensore

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